Raggiungere i 50 anni di attività è un traguardo strepitoso. E l’Associazione Italiana Allenatori di Calcio proprio quest’anno ha spento le cinquanta candeline. E nel farlo ha trovato la forza di rilanciare con un progetto ambizioso, ricco di passione, orientato al sociale, destinato a lasciare il segno. Come per altro ha saputo fare l’associazione in questi lunghi anni. Un altro calcio è possibile, il titolo, e noi non possiamo che essere favorevoli ad una simile iniziativa e fin da ora ci impegniamo a sostenerla dandone il più ampio spazio possibile. A margine del convegno che si è tenuto a Torino sabato mattina è stata però anche l’occasione per noi di porre qualche domanda diretta al presidente Renzo Ulivieri in vista delle prossime elezioni. Siamo nell’anno olimpico e gli organigramma di tutte le federazioni, sia a livello locale che nazionale, andranno aggiornati. Si va al voto in buona sostanza, e se da una parte il presidente dell’Assoallenatori sembra avere le idee chiare, daremo il nostro appoggio ai programmi – le parole di Ulivieri – dall’altra siamo rimasti decisamente delusi e abbiamo l’impressione che manchi il coraggio. Ci saremmo infatti aspettati che oltre ai programmi l’Assoallenatori, sempre così molto attenta ai valori morali, avesse messo davanti a tutto il nome dei candidati. Perché se vogliamo far fare un passo in avanti al nostro calcio dobbiamo ritornare a mettere al centro prima di tutto gli uomini, che poi diventano dirigenti, i quali a loro volta presentano buoni programmi. Questa pratica attendista, questo modo di fare politica, tipico della prima repubblica, male si sposa con gli uomini dell’Aiac, a partire dallo stesso Ulivieri, che hanno fatto della moralità un cavallo di battaglia. Mandiamo a casa chi occupa le istituzioni dicendosi forte di un mandato elettorale quando in realtà sappiamo bene che tutto si decide nei retrobottega di certe delegazioni.
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