Di morali nel calcio se ne fanno sin troppe, ma ci sono scorci, piccoli fotogrammi, che – a volte – valgono più di alcune lunghe storie. Sul neutro dell’Atletico Torino si gioca Lucento-Chisola, categoria Giovanissimi FB Regionale: chi vince vola in finale. La tensione per la posta in palio è alta, e la polemica intercorsa tra le due società dopo lo sfottò della Juniores vinovese verso quella rossoblù è ancora molto fresca, e ribolle violenta nelle vene di alcuni spettatori e dirigenti. Non in quelle dei ragazzi, che giocano e basta, giocano per divertirsi e magari anche divertire. Il sangueamaro, però, è bomba ad orologeria per antonomasia: basta una scintilla, un pretesto, per infiammarlo. E così, a fine gara, succede che il guardalinee del Lucento Giuseppe Castellino tenti di assalire l’arbitro Davide Contro, ma che venga fermato. Fermato da braccia piccole ma forti, braccia che provano con una goccia a spegnere un incendio: le braccia di Alessio Castellino, figlio dello stesso. Quando è il padre a ricevere una lezione dal figlio, e la linea della vita si ribalta per qualche secondo. Dicevamo degli scorci, degli istanti: non è che un fotogramma quello che vede Alessio tentare di far ragionare papà Giuseppe, eppure racconta più di dieci articoli di giornale. Non è che un istante, eppure riesce a portarsi in dote una potenza incredibile. Sul campo di via Palatucci, quando le braccia di Alessio si chiudono dietro la schiena del papà, il tempo pare fermarsi. Il rabbioso turbinio del fine gara si arresta per un momento, fermato dalla morale spontanea di un quattordicenne che prova ad interrompere il corso degli eventi con un abbraccio al papà. Se fosse una favola, ci sarebbe un lieto fine, che però non c’è. L’istante si spezza, l’abbraccio si dissolve e papà Castellino continua la sua folle corsa, prima di essere placcato. Il fotogramma, però, resta, e il gesto di Alessio vale più di qualsiasi epilogo.
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