"Decalogo dell'allenatore" di Don Alessio Alertini
Anche se le prospettive non consentono di guardare all’immediato futuro con particolare entusiasmo, l’idea di un
ritorno in campo continua ad essere ben presente nella mente di tutti. E se per i ragazzi sarà importante prima di tutto poter tornare a sentirsi liberi di scorrazzare sul prato verde, per chi dovrà riportarli sulla retta via – che sembra essersi smarrita - della compiuta crescita sportiva, il compito sarà tutt’altro che elementare. Con l’intento di aiutare proprio chi quel compito dovrà svolgerlo,
l’assistente ecclesiastico nazionale del Centro Sportivo Italiano (CSI), don Alessio Albertini, ha stilato un “
Decalogo dell’allenatore” intitolato “
Prepariamoci a tornare in campo”. Pur con lo sguardo proiettato al giorno in cui sarà finalmente concessa la possibilità di insegnare ancora lo sport ai ragazzi, don Albertini cerca però di interrogarsi sul “qui e ora”, donando alla figura dell’allenatore, tecnico per antonomasia, dei
suggerimenti di umanità. Questo nell’ottica di cominciare a farne tesoro adesso per poterli utilizzare coi ragazzi una volta che saranno tornati sui campi.
Il decalogo
1)
Saper insegnare l’arte del ricominciare. Perché una ripartenza, a differenza di un inizio da un punto zero, si porta appresso il fardello dei dolori del passato. 2)
Tenere conto della fragilità più che puntare sulla performance. Il tanto tempo passato in solitudine avrà acuito la pigrizia e la refrattarietà alla disciplina, per questo sarà necessario evitare d chiedere sforzi troppo elevati sin da subito. 3)
Puntare sulle relazioni più che sulla competizione. Seppur l’adrenalina di una gara sia parte della soddisfazione che un ragazzo prova quando fa sport, ciò che una volta tornati al campo cercheranno di più è senza dubbio la presenza di un amico al loro fianco. 4)
Regalare momenti di condivisione. Dopo tanti mesi passati a poter pensare solamente a noi stessi, sarà tempo di rivivere la felicità del poter condividere la quotidianità con gli altri. 5)
Trasmettere più che mai serenità. Avendo tutti condiviso un periodo di grande difficoltà, bisognerà evitare di scaricarsi addosso a vicenda rabbia e frustrazione, lasciando invece spazio a gentilezza e conciliazione. 6)
Far riapprezzare il rischio dell’avventura. La chiusura è stata non soltanto quella tra le mura domestiche ma anche quella interiore di chi non ha più dovuto confrontarsi con il mondo esterno. Per questo bisognerà prendere per mano i ragazzi riportandoli dal “mare delle emozioni tristi” al mare delle opportunità. 7)
Ridonare loro un’altra casa. Una nuova abitazione dove potranno sentirsi desiderati e riconoscersi “unici al mondo”. 8)
Imparare l’arte di rincuorare. Per infondere coraggio a chi si è sentito a lungo sfiduciato. Rincuorare è rialzare qualcuno per guardare avanti, dove c’è più futuro che passato; guardare attorno, per vedere chi cammina con noi e non sentirsi soli; guardare dentro, dove regnano i talenti e le opportunità per tornare a sognare. 9)
Ornare la vita dei ragazzi con la gioia. La missione dell’allenatore sarà anche quella di essere dei “trasmettitori di gioia”. 10)
Prepararsi da subito. Perché la felicità non è una destinazione ma un percorso. E a segnare la via sulla quale intraprendere questo percorso, per don Albertini sono due citazioni prese da due personaggi atipici e molto distanti tra loro, un sacerdote ortodosso russo del periodo del regime sovietico e un famoso alpinista nostrano:
«Non preoccupatevi del fatto che oggi non ci lascino parlare. Piuttosto, quando ce lo concederanno, preoccupatevi di avere qualcosa da dire»
Padre Aleksandr Men’
«Non sono felice soltanto quando salgo fino in cima alle montagne che scelgo. Sono felice anche nella preparazione… quando scopro che sto vivendo in funzione e nella costruzione del mio sogno»
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