Premier League
22 Ottobre 2025
Tosin Adarabioyo, con i suoi 28 anni è il più vecchio della rosa a disposizione del Chelsea di Maresca
Un’età media di appena 24,4 anni per una squadra di Premier League, con il giocatore più anziano appena 28 anni. Un dato che lascia subito intuire la portata rivoluzionaria della scelta del Chelsea nella stagione 2025/26. Ma quanto vale, al di là dell'effetto mediatico, un investimento così massiccio e focalizzato sui giovani? Che ritorni sportivi ed economici può generare l'ingente cifra di 318 milioni di euro spesa nei nuovi innesti? Sono queste le domande al cuore di una trasformazione radicale che potrebbe segnare un modello per il calcio moderno.
Nel Chelsea 2025-26, il più esperto è Tosin Adarabioyo, 28 anni, mentre l’età media attesta un nuovo record nella storia della Premier League a quota 24,4 anni (era 23,7 nella stagione precedente). L’osservatorio del CIES Football Observatory ha evidenziato come il Chelsea, insieme allo Stoccarda, sia tra le poche squadre dei top 5 campionati europei prive di giocatori con un'età uguale o superiore a 30 anni, creando così un ambiente nuovo, diverso da squadre strutturate su elementi esperti. Questa strategia implica un doppio investimento: sotto il profilo tecnico, con la formazione di talenti capaci di crescere e contribuire sul campo; sotto quello finanziario, con la prospettiva di una valorizzazione dei giovani sia in termini di prestazioni che di plusvalenze future.
Per finanziare questa rivoluzione, il club ha messo sul piatto 318 milioni di euro solo sul mercato estivo 2025, puntando su giocatori dalle prospettive di crescita elevate ma spesso non immediatamente affermati, generando grande malumore tra tifoso e appassionati per le strategie di mercato quasi schizofreniche, che ad un certo punto avevano portato ad avere una rosa di 45 giocatori. Allo stesso tempo, il Chelsea ha incassato oltre 180 milioni di euro da cessioni, una cifra significativa che è stata reinvestita in un processo di ringiovanimento che non esclude le cessioni mirate di elementi considerati fuori dal progetto come Sterling, Chilwell o Broja. Un esempio emblematico è il caso di Marc Guiu, giovane attaccante spagnolo classe 2006, acquistato per 6 milioni dal Barcellona e poi mandato in prestito al Sunderland con clausole particolari volte a garantirne la crescita e a preservarne il valore.
L’investimento sui giovani porta con sé più di una sfida. Da un lato, un’organizzazione così giovane rischia di pagare ancora in termini di esperienza e continuità, elementi fondamentali soprattutto nei campionati ad alto livello come la Premier League. Dall’altro, la valorizzazione di giovani promesse, se gestita con efficacia, può incrementare il valore del club e generare plusvalenze considerevoli nelle successive sessioni di mercato. Come sottolineato dagli esperti, il valore di mercato dei giocatori tende a crescere costantemente, anche in caso di prestazioni non sempre continue, trascinato dall’inflazione dei trasferimenti nel calcio contemporaneo.
Sempre più la strategia del Chelsea sembra ispirarsi a un modello che ricorda l’approccio del private equity, puntando a una crescita del valore patrimoniale della rosa e a una stabilità di lungo periodo. Questo significa scommettere sul fatto che un investimento iniziale elevato come i 318 milioni spesi oggi possa tradursi in un incremento del valore complessivo del club in futuro. Il Web e gli esperti segnalano come questa scelta non sia priva di rischi: la crescita del calcio europeo, almeno a livello nazionale, sembra aver raggiunto un punto di stagnazione e le normative finanziarie possono imporre paletti severi a un’operazione così ambiziosa.
Il club londinese, sotto la gestione di BlueCo, ha infatti sposato una visione che unisce ricerca di risultati sportivi e sostenibilità economica. L’obiettivo, tuttavia, non è solo costruire una rosa competitiva in Premier League, ma anche creare un modello gestionale sostenibile e in grado di assicurare flussi di ricavi duraturi nel tempo. La forza di un team giovane rappresenta anche un risparmio sugli stipendi e maggiori anni di presenza potenziale dei calciatori rispetto a una rosa anziana, con contratti più onerosi e minor margine di crescita.
Il Chelsea dunque si muove in una dimensione duplice: da un lato riduce costi e rischi puntando sui giovani con potenziale ancora da esprimere pienamente, dall’altro spera di valorizzare questi asset sotto forma di plusvalenze o miglioramenti nelle performance sul campo, generando un circolo virtuoso in cui crescita sportiva e ritorno finanziario si alimentano reciprocamente. Come sta andando? La squadra è tornata in Champions League e ha vinto la Conference nella scorsa stagione. Come inizio alla rivoluzione non c'è male.