SportivaMente
17 Gennaio 2023
Quantunque ci riteniamo perfetti o imperfetti a secondo del pensiero su noi stessi (autostima) è opportuno tenere a mente che nel corso della vita gli accadimenti si susseguono a prescindere: a volte piacevoli altre volte spiacevoli. In alcune situazioni, incapaci di contenere il momento o gli eventi, ci lasciamo sopraffare e la qualità della nostra vita assume un aspetto critico di forte disagio percepito e vissuto che ci mette a dura prova.
In alcune occasioni stiamo male senza neanche avere un'idea di cosa ci faccia stare veramente male, se il malessere è reale o percepito e di che cosa quella sensazione di malessere ci sta parlando, cosa sta segnalando alla nostra mente anche attraverso i sintomi del corpo. Quantunque possa apparire paradossale l'affermazione, è importante tenere bene a mente che ogni segnale di malessere è indice di un qualcosa che non va e, quando tutto ci sembra troppo oltre la nostra capacità a contenere ci lasciamo cogliere dallo sconforto, il sopravvento dell'incapacità percepita ci porta ad un agito di abbandono invece che a stimolarci alla ricerca della fonte di malessere.
A volte, i disagi “emotivi” più che quelli “organici” (malessere fisico) incidono pesantemente sul ben-essere (ben stare) e, oltre ad essere privi di motivazioni, a questa condizione si aggiunge la mancanza di obbiettivi (scopi) e con un'influenza non da poco la mancanza di “energie”. In presenza di una condizione che possiamo definire di “svuotamento” attuiamo due comportamenti: il primo di totale ritiro non solo sociale ma anche nei confronti di sé stessi, il secondo ci aggrappiamo disperatamente ad un'aspettativa, quella della comprensione sociale e dell'intervento da parte di terzi. Ma in questo periodo storico in cui a livello sociale molto è cambiato, lo spazio per la comprensione del disagio e del malessere altrui è stato messo abbondantemente da parte, l'egoismo sta prevalendo su tutto. Una mano negativa in tal senso, ha contribuito il recente periodo pandemico da “Covid-19”, molti i cambiamenti di sé stessi e della visione degli altri.
E' forte l'affermazione metaforica (locuzione) “mors tua vita mea” (la tua morte è la mia vita) significativa del fatto che di solito il danno di una persona può rappresentare un vantaggio per l'altra, non tanto solo in termini sociali-economici ma anche sotto l'aspetto più ampio inerente l'allusione alle leggi della vita finalizzate alla lotta per l'esistenza. Infatti, se teniamo a mente che il primo mandato biologico del mondo animale, vegetale e non da meno umano è proprio quello della sopravvivenza, condizione che passa attraverso il procacciarsi il cibo, difendere un territorio fonte di produzione di cibo e la presenza di altri soggetti rappresentano arcaicamente (secondo natura) un aspetto importante nelle relazioni.
L'altro potrebbe ridurre le mie possibilità di sopravvivenza, potrebbe attentare al mio benessere per salvaguardare il suo interesse. Per quanto arcaicamente comprensibile poiché la percezione e l'agito è “istintuale” è esattamente contrapposto a quelli che sono i valori sociali: fare gruppo, fortificare l'aggregazione finalizzata al benessere comune. Ed è in questo assunto che l'affermazione “nella società odierna non c'è spazio per la comprensione della sofferenza degli altri, il pensiero si focalizza sul …perché farmi carico del malessere degli altri quando io già sto poco bene di mio? Chi me la fa fare!”.
Ad una prima analisi emerge l'individualismo e quindi l'egoismo prevale, ma effettuando un'analisi più approfondita scopriamo che in realtà è un malessere anche questo che viene dai più affrontato attraverso un meccanismo di protezione: l'indifferenza.
In situazione di criticità emotiva, ti senti frustrato e ti chiedi se almeno qualcuno è pronto anche solo ad ascoltarti per aiutarti, al fine di dare un senso ed un significato alle cose alle quali in quel momento, tu non riesci e che di conseguenza ti fanno stare male. Se ciò non avviene (non ti viene data attenzione e ascolto) in quanto l’altro ti ha completamente ignorato, la tua difficoltà emotiva si autoalimenta. Questa mancanza di ascolto empatico (ovvero avere la capacità di comprendere come sta l'altro) è una caratteristica delle persone che sono concentrate su se stesse anche se apparentemente sono prossime a dispensare consigli il cui punto di vista è emotivamente distaccato e superficiale. Ma anche in questo caso una spiegazione si fa strada.
Il comportamento di queste persone nasconde la loro vulnerabilità per cui la scelta di non farsi coinvolgere o travolgere dalle emozioni che magari non sono in grado di tollerare, attuano il comportamento del chiamarsi fuori attraverso l'azione dell'indifferenza, prendendo le distanze dalla fonte di malessere che a volte potrebbero essere un pericolo: richiamare alla loro mente situazioni spiacevoli che potrebbero generare sofferenza.