Tendenze
21 Settembre 2023
Ruggero Ludergnani è il responsabile del Settore giovanile del Torino dal 2021 e ha ottenuto una nuova fiducia da Cairo per altri due anni
Un risultato che penalizza il proprio club o una serie di partite dall’epilogo tanto negativo, non hanno più l’effetto distruttivo di un tempo. Come se all’improvviso il chakra dei presidenti si fosse sbloccato, attivando il meccanismo dell’autocrontrollo alle loro emozioni calcistiche. La tendenza dei vertici delle società è cambiata o è in fase di profondo mutamento: le arrabbiature e le sfuriate ai propri collaboratori (dirigenti e tecnici in primis) si sono attenuate, è stato represso il turn over continuo da cacciatori di teste, gli head hunter nella versione più calcistica (chi sbaglia viene subito cambiato). Da almeno due anni gli chairman pare abbiano nuove visioni decisioniste, molto soft e più protettive verso le programmazioni a medio-lungo termine. Sono concesse, principalmente alle figure dirigenziali dei direttori sportivi, dell’area tecnica, del Settore giovanile e del Femminile, tempistiche differenti nel paragone con il passato più tranchant nelle gestioni dei club a qualsiasi livello, dai professionisti, ai professionali e ai dilettanti nei vari territori d’Italia.
Paolo Di Nunno, il genuino presidente ha difeso per tutta l’estate i diritti sportivi della B del suo Lecco
I primi erano stati i monarchici inglesi ad avere presidenti dei club con l’aplomb tipico del Regno Unito e a trasferirlo nel quotidiano delle scelte calcistiche. Ma dopo le epoche di Matt Busby e Alex Ferguson sulla panchina del Manchester United (più di 50 anni in due nello stesso club) e di Arsène Wenger a Londra, per 22 anni guida dell’Arsenal, anche i club di Premier League si sono uniformati alle tendenze del XXI secolo e cominciato a esonerare alla spicciolata. I tedeschi e gli spagnoli hanno gestito anche loro i propri club con il principio della stabilità decisionale: dalla fine degli anni Ottanta fino al 2010 il Bayer Monaco ha avuto un consolidato rapporto con i tecnici Jupp Heynckes e Ottmar Hitzfeld, cambiando completamente la strategia presidenziale dopo il triennio con Pep Guardiola. In Spagna il solo Atletico Madrid, che ha un legame duraturo con Diego Simeone da oltre dieci anni e con il direttore italiano Andrea Berta da poco meno, è l’unica presidenza rimasta a non gettare tutto all’aria dopo una stagione deludente o una sconfitta mal digerita.
Urbano Cairo dal 2 settembre 2005 è il presidente e primo azionista del Torino
In Italia dopo le stagioni di presidenza di Maurizio Zamparini, scomparso nel 2022, dove tutti gli apicali delle società erano diventati troppo poco pazienti, la tendenza è cambiata dal post Covid. Negli ultimi due anni di Serie A si sono esattamente dimezzati gli avvicendamenti in panchina nel corso del campionato: dai più di 10 tecnici sostituiti nel 21-22 si è scesi al 50% in meno nella scorsa stagione. La nuova linea di autocrontrollo delle emozioni è stata tracciata prima dall’Atalanta nel 2016 con il rapporto quasi indeterminato con Gian Piero Gasperini, poi dal Milan con l’incarico a Stefano Pioli, saldamente in panchina da cinque campionati e in parte dalla Juventus con Massimiliano Allegri, all’ottavo campionato anche se non consecutivo. Il presidente antesignano che è tornato a farsi ispirare dai proprietari inglesi, prima dell’ingresso dei soldi stranieri extra europei, è stato Urbano Cairo con la programmazione a lungo termine del Torino pianificata nel 20/21 insieme al direttore Davide Vagnati e il successivo triennale a Ivan Jurić, seguìto a una prima gestione sportiva di Vagnati a rischio di retrocessione in Serie B (17° posto e salvezza raggiunta a una giornata dalla fine).
Il rinnovato approccio decisionale di Cairo ha riguardato anche le altre aree del club: alla direzione del Settore giovanile del Torino, che dal 2021 si è uniformata agli uomini di Vagnati e rivista nelle strategie, nei giorni scorsi è stata confermata la fiducia al responsabile Ruggero Ludergnani per altri due anni. Come da nuova tendenza non hanno influito sulle carte del rinnovo fino al 2025 la partenza stentata in questa stagione del settore diretto dall’ex Spal: soltanto 6 punti totali sommando i risultati delle tre categorie impegnate finora nei campionati Primavera, Under 18 e Under 17. C’è chi è andato oltre una programmazione a medio-lungo termine, a conferma che il carattere dei presidenti in Italia è mutato verso un atteggiamento più riflessivo: l’Arezzo, Serie C - girone B ha suggellato con il proprio direttore Paolo Giovannini un rinnovo di contratto di 11 anni fino al 2034.