Il pungiglione
08 Aprile 2024
A inizio marzo scorso, il direttivo dell'Arsenal Football Club di Highbury (quartiere di Londra) con il suo coach, l'ex calciatore basco Mikel Arteta, allenatore giovane ed emergente, hanno deciso insieme per un “sì” alla richiesta di un loro giocatore, l’egiziano Mohamed Elneny, di aprire una sala multireligiosa proprio dentro l’Emirates Stadium, dove tutti i calciatori e lo staff tecnico possano così avere modo e tempo di pregare il proprio dio. Tutti d'accordo nel sostenere che le orazioni, nel silenzio della sala, diano la sensazione ai calciatori di entrare poi in campo non da soli, ma insieme a chi ti può aiutare e proteggere al di là dei soli aspetti tecnici e tattici di campo. Proprio la sala multireligiosa sembra che possa in qualche modo dare risultati sorprendenti visto l’ottimo cammino dell'Arsenal nella Premier League inglese e il passaggio ai quarti di finale nella Champions League superando ai rigori il Porto, con la sfida al Bayern Monaco che incombe proprio domani sera.
Anche il nostro mitico Giovanni Trapattoni ai Mondiali in Corea e Giappone versò la boccetta di acqua santa sul campo preparata per lui dalla sorella suora (che però non sortì gli effetti desiderati). Il campione del mondo Marco Tardelli chiedeva aiuto ad un "santino" infilato nei parastinchi. Il bomber ,ex Lazio e Bologna tra le altre, Giuseppe Signori si affidava a Padre Pio. Non per niente i brasiliani venivano chiamati “i giocatori di Cristo” per le magliette tutte con scritte “100% Jesus, I love Jesus” e così via. Il calciatore Amoroso aveva una sottomaglia con scritto “Grazie Dio”. Il Turco Hakan Sukur al Torino pregava rivolto verso La Mecca. Mani protese in avanti, segni della croce, occhi rivolti verso il cielo ad inizio partita sono ormai una abitudine per tanti big del calcio di oggi e lo sono da tempo. Ma c’è un confine tra la religione e la semplice scaramanzia.
Anche la superstizione nel calcio dilaga: nessuno, o quasi, ne rimane immune. I riti scaramantici tutti diversi uno dall'altro sono potenti strumenti psicologici che i giocatori utilizzano per favorire le loro prestazioni. Il grande campione della Juventus, Omar Sivori, pochi minuti prima della gara si involava da metà campo con la palla incollata ai piedi e in prossimità dell'area di rigore la indirizzava con il suo sinistro magico nell'angolo opposto della porta tra le ovazioni dei tifosi. Cristiano Ronaldo entra sempre per primo ed esce per ultimo dalbus della squadra. Harry Kane ha scelto di non radersi prima dei match. Pippo Inzaghi mangiava un pacchetto di biscotti Plasmon prima di scendere in campo. C'è chi a tavola si siede sempre nello stesso posto. Chi non entra in campo senza una gomma da masticare. Allenatori che non guardano per scaramanzia i calci di rigore. Il trio più famoso: nientepopodimeno che Mourinho-Simeone-Allegri. Renzo Uulivieri, attuale presidente dell’associazione allenatori e docente a Coverciano, ai tempi della Sampdoria indossava il cappotto in panchina anche d'estate per allontanare la iettatura. Il tecnico Gustavo Giagnoni al Torino non allenava senza il suo colbacco in testa.
A questo punto tutto il calcio, che scienza non è, traballa: religione e superstizione ridimensionano l’era moderna in cui le figure professionali nelle squadre sono numerosissime: direttori sportivi, allenatori, vice allenatori, collaboratori tecnici di campo, match analyst, personal trainer, il tattico, almeno tre preparatori atletici, il responsabile del calcio di prestazione, il mental coach, l’analista tecnologico, gli scout nel mondo. Senza dimenticare le pratiche dei doppi allenamenti giornalieri, palestre per la muscolazione, moduli di gioco provati e riprovati, strategie tattiche, analisi delle partite, controllo personalizzato dell'alimentazione e del ripristino fisico. Ecco, a questo punto concludo facendo una mia personale riflessione: ma nel 2024, per cercare di vincere c'è ancora bisogno di iniettare elementi religiosi e superstiziosi nel calcio? Sembrerebbe proprio di sì. Potremmo dire che non è cambiato niente rispetto al secolo scorso, quando anche alla fine degli anni ’80 un grande tecnico vincitore di un campionato italiano con la Sampdoria, l’inimitabile Vujadin Boskov, rispondeva così ai giornalisti dopo uno 0-0: «Il calcio è un mistero gaudioso, la palla entra quando dio vuole». Ecco che allora crolla tutto. Meditate lettori, meditate.