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Il Pungiglione

Invidia o delusione? Lele Adani, il divulgatore di una scienza inesatta

Dall'ascesa in tv alla divulgazione attraverso Twitch, passando per il rifiuto di allenare con Mancini

Invidia o delusione? Lele Adani, il divulgatore di una scienza inesatta

IL PUNGIGLIONE • Invidia o delusione? Lele Adani, il divulgatore di una scienza inesatta

Il sogno di un calciatore dopo l'ultima partita giocata di fine carriera, per l'amore, e la passione che nutre per il calcio, e perché sente di non poter rinunciare alla sua quotidianità di campo, è quella di fare l'allenatore. Il mio invidiato di questa volta, Lele Adani, ex giocatore professionista di Fiorentina, Inter, Brescia, - le squadre più importanti- con alcune presenze in Nazionale maggiore, invece no! Per Lele Adani, assolutamente no.

Lele Adani rifiuta addirittura il ruolo di tattico e secondo di Roberto Mancini all'Inter. La sua motivazione: «Faccio il divulgatore scientifico, è una missione superiore all'allenatore. Preferisco parlare più che allenare», dice. Si forma ai microfoni di Sportitalia, rendendo popolare il calcio sudamericano, si internazionalizza, inizia ad amare il bel gioco e il calcio propositivo. Visto e sentito, lo ingaggia subito Sky. Ha solo 38 anni, e lui invece di confrontarsi su di un prato verde, ingaggia duelli tecnici e di audience con personaggi già accettati dal pubblico televisivo, niente popodimeno che: Capello, Bergomi, Costacurta, Del Piero, Tardelli, Pecci, con giornalisti affermati, addirittura polemizza con il popolare Fabio Caressa, uscendone il più delle volte vincente di fronte al grande pubblico. Nel pieno della popolarità si scontra in diretta con Max Allegri criticando il suo non-gioco ad un allenatore che ha vinto 6 scudetti e trofei vari. Viene licenziato in diretta da Sky. Passa subito in Rai come opinionista, e seconda voce nelle telecronache della Nazionale maggiore. Con la Bobo TV prima, e con Viva el Futbal adesso, conduce una trasmissione di successo insieme a Cassano e Ventola.

Questa è solo una veloce sintesi del perché della mia invidia. Chi non vorrebbe essere al suo posto? Guadagni, divertimento, e nessuna vera reale responsabilità. Ed è per questo che affiora la mia delusione nei confronti di Lele Adani, sì perché criticare è meglio di essere criticato, e poi parlare - dai Adani, non esageri - non può essere più bello di allenare. Il suo divulgare le sue conoscenze di un calcio scientifico è una grande supercazzola, e lei lo sa, il football non è una scienza esatta e il campo un laboratorio. Non accettare le proposte allettanti di Mancini la considero una paura da parte sua di non essere all'altezza di dimostrare nelle situazioni reali di campo il suo valore. Meglio gettare la palla in tribuna e con furbizia inventarsi una nuova professione, quella del divulgatore.

Lei Adani, che conosce tutto il percorso per arrivare al calcio che conta, dalla scuola calcio, al settore giovanile dove, lì sì che gli allenatori contano, fanno la differenza e mai nominati. Da professionista poi conosce ogni angolo di uno spogliatoio, gli spifferi polemici, le cricche, i mister e i loro staff come lavorano, conosce di cosa parlano i giocatori quando l'argomento non è il calcio, conosce i presidenti mai uno uguale all'altro, i tifosi, i dottori, i dirigenti, i giornalisti, ma soprattutto i valori tecnici, psico-fisici di migliaia di calciatori che ha incontrato o frequentato. Lei Adani non ha fatto il mister proprio per tutte le sue esperienze vissute in carriera, lei ha intuito (personalmente ci sono arrivato dopo i sessanta anni) che sono solo i giocatori con i loro momenti individuali a fare vincere le partite, essi si disinteressano del gioco di squadra. I progetti nel calcio li fanno i giocatori con i loro gol. Lei è entrato in competizione con Coverciano per creare nuovi neologismi per acculturare le masse, dare una visione messianica del gioco, parla di moduli tattici e di tutte le sue varianti come se fosse un vangelo, pur sapendo che i moduli più conosciuti sono quelli del 730, l'IMU e l'ICI.

Lei Adani, si vada a sedere in panchina, trasmetta quel suo narcisismo sano, quella sua convinzione di superiorità, si confronti con i suoi giocatori, inculchi loro le sue competenze e conoscenze del lavoro, spieghi le sue filosofie di intendere il gioco del calcio, non difendersi ma attaccare. Il “noi” deve prevalere sull'io, parli di gioco dal basso, di marcature preventive, di occupazione degli spazi, di catene, di schemi, e mini-schemi, di letture anticipate, di analisi, trasmetta a loro la "garra charrua" che tanto ama.

No, questo lei non lo farà mai, è meglio divulgarlo in televisione. Lei sa che sono i piedi dei grandi giocatori che improvvisano i moduli e gli schemi che l'hanno fatto vincere da calciatore. Lei Adani, chissà quanti premi-partita hanno aumentato il suo conto corrente per merito dei gol realizzati da Vieri, Recoba, Adriano, Cruz, suoi compagni all'Inter. Lei come mister non rischierebbe mai di allenare e farsi intervistare dopo una sconfitta da Massimiliano Allegri. Meglio divulgare, guadagnare, senza mai danneggiare la propria immagine.

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