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Il caso

Da Salt Lake City alla lista nera dell’FBI: perché l’ex olimpico canadese è tra i più ricercati d’America

Un ex atleta in fuga, un testimone freddato a cena, un’organizzazione accusata di far transitare decine di tonnellate di cocaina tra Colombia, Messico, Stati Uniti e Canada: il caso che scuote lo sport e l’antimafia nordamericana

Da Salt Lake City alla lista nera dell’FBI: perché l’ex olimpico canadese è tra i più ricercati d’America

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La mano che vibra tra forchetta e telefono, il brusio di un ristorante nel cuore di Medellín, le luci al neon riflesse sul piatto. È la sera del 31 gennaio 2025 quando un uomo – identificato dagli inquirenti come un potenziale testimone in un procedimento federale – viene raggiunto da colpi ravvicinati, in pieno locale. Secondo gli investigatori, l’ordine di uccidere parte da un ex protagonista della neve: Ryan Wedding, snowboarder della squadra canadese alle Olimpiadi di Salt Lake City 2002, oggi inserito nella lista dei Ten Most Wanted dell’FBI e accusato di guidare una delle più aggressive reti di narcotraffico del Nord America. L’omicidio, per gli inquirenti, è l’ennesimo tassello di un mosaico fatto di intimidazioni, appalti di violenza e flussi di denaro che attraversano tre continenti.

Dall’Olimpo dello sport alle cronache giudiziarie

Il nome di Ryan James Weddingclasse 1981, cresciuto a Thunder Bay – emerge nei registri sportivi come promessa dello snowboard: parallelo gigante, Salt Lake City 2002, 24º posto. Poi il buio. Gli atti giudiziari e i dossier federali descrivono un passaggio di campo: dalla neve alle rotte della cocaina. La metamorfosi, sostengono le autorità americane, prende forma negli anni successivi, fino a tradursi in un’organizzazione che, “routinariamente”, avrebbe movimentato centinaia di chilogrammi di droga a viaggio dal Colombia–Messico–California verso il Canada e altri hub negli Stati Uniti. Nel marzo 2025, l’FBI lo inserisce tra i dieci latitanti più ricercati.

Nel frattempo, tra giugno 2024 e settembre 2024, a Los Angeles una super‑accusa federale si allarga: a Wedding vengono contestati capi d’imputazione che includono la direzione di un’impresa criminale continuata, la cospirazione per il traffico di stupefacenti, omicidi e tentato omicidio “in connessione con un’impresa criminale”. Nelle carte compaiono anche alias – “El Jefe”, “Giant”, “Public Enemy”, “James Conrad King”, “Jesse King” – e l’indicazione, ribadita più volte, del suo presunto legame operativo con il cartello di Sinaloa.

La taglia sale a cifre record

Nel novembre 2025 la taglia su Wedding viene aumentata fino a 15 milioni di dollari, cifra che sottolinea l’urgenza della cattura e la pericolosità attribuita al latitante. Il comunicato dell’FBI indica che il 44enne è ricercato per la gestione di un traffico transnazionale e per aver “ordinato” omicidi, incluso quello del testimone ucciso a Medellín. Nello stesso quadro, vengono offerte ricompense aggiuntive per informazioni sugli esecutori materiali del delitto: un motociclista che avrebbe pedinato la vittima, un secondo sicario entrato nel ristorante per sparare “circa cinque colpi alla testa”, e un autista che avrebbe facilitato la fuga.

La definizione più cruda arriva dalle parole attribuite alle autorità statunitensi: sotto la regia di Wedding, l’organizzazione avrebbe movimentato fino a 60 tonnellate di cocaina l’anno, risultando “il più grande distributore in Canada”. Sono affermazioni investigative, non sentenze, ma danno la misura dell’allarme e della scala economica ipotizzata: si parla di flussi fino a “oltre 1 miliardo di dollari annui” di proventi illeciti, secondo alcune ricostruzioni diffuse in conferenza stampa.

Il delitto di Medellín: una lezione di metodo

Le pagine “Wanted” dell’FBI ricostruiscono con scarne parole la dinamica dell’omicidio del 31 gennaio 2025. Tre sconosciuti: un motociclista che segue la vittima; un secondo uomo che entra nel locale e spara; un autista che aspetta per il recupero e la fuga. Una procedura “professionale”, rapida, visibile. Per gli inquirenti, l’omicidio è la conseguenza diretta della strategia del gruppo: colpire testimoni, concorrenti, debitori o chiunque, nella loro visione, possa disturbare il flusso di merce e denaro. È l’intreccio classico di un apparato di narcotraffico moderno: logistica, finanza, intelligence rudimentale su bersagli, violenza mirata.

“Operation Giant Slalom”: la contro‑offensiva federale

Da Washington a Los Angeles, le agenzie federali parlano da mesi di una manovra coordinata battezzata “Operation Giant Slalom” – omaggio amaro alla disciplina olimpica dell’indagato. Nella seconda metà del 2025, il Dipartimento di Giustizia annuncia una nuova tranche di arresti, 10 in un solo giorno, che porta a 11 il totale dei fermati collegati a quell’indagine. Tra i nomi compaiono figure canadesi e colombiane, e – secondo gli atti – persino un avvocato penalista dell’Ontario. Il quadro accusatorio parla di money laundering, intimidazione di testimoni, cospirazioni per l’esportazione di cocaina e – nel capitolo più grave – omicidio di un testimone federale.

Parallelamente, i comunicati ufficiali ricordano che Wedding è stato formalmente aggiunto alla lista dei Ten Most Wanted il 6 marzo 2025numero 535 dall’istituzione dell’elenco nel 1950 – e che, almeno fino ad oggi, risulta ancora in fuga. Gli investigatori ritengono che **viva in Messico, dove potrebbe contare su protezioni e logistica, ma non escludono spostamenti in Stati Uniti, Canada o Colombia. Per chiunque disponga di informazioni, sono stati attivati canali dedicati, inclusi numeri e piattaforme di messaggistica, oltre al portale tips.fbi.gov.

Strade, camion e “stash houses”: come funziona la catena, secondo l’accusa

La sovra‑struttura delineata dagli atti è la stessa che ricorre in molte inchieste sul traffico di cocaina: acquisti in Colombia, transito e protezione logistica in Messico, sbarco in California del Sud; poi la risalita verso il Canada grazie a courier networks su mezzi pesanti e depositi intermedi nascosti nelle metropoli (le cosiddette stash houses). L’organizzazione avrebbe un core canadese e proiezioni operative in più Paesi, oltre a una catena di comando capace – è l’ipotesi investigativa – di attivare killer quando serve. Il nodo critico, per chi indaga, resta la resilienza della rete: sostituibilità degli autisti, compartimentazione dei corrieri, pseudonimi e documenti falsi per i capi, pagamenti frazionati attraverso money mules e canali di crypto. Tutto, come sempre, retto da un calcolo costi/benefici: se un carico salta, un altro è già in viaggio.

Canada, lo snodo che fa discutere

Uno degli elementi più inquietanti riportati dalle autorità è l’asserita centralità del Canada come mercato di destinazione e base di redistribuzione. La frase – “il più grande distributore di cocaina in Canada” – rimbalza nelle note federali, insieme alla stima‑simbolo di 60 tonnellate l’anno. Va sottolineato: si tratta di accuse e valutazioni investigative, che finora non hanno trovato un contraddittorio in aula perché Wedding non è stato arrestato né processato. Per gli Stati Uniti, il tema è anche sanitario e sociale: il fentanyl inonda i mercati, mentre la cocaina torna a crescere per purezza e offerta. Inserire un profilo ad alta visibilità come quello di un ex olimpico nella Top Ten serve anche a mobilitare opinione pubblica e segnalazioni.

Il passato giudiziario e i precedenti episodi di violenza

La traiettoria di Wedding non comincia dal nulla. Cronache e documenti richiamano un precedente negli Stati Uniti: una condanna per traffico di cocaina circa 15 anni fa; poi – sempre secondo gli atti recenti – un presunto ritorno all’attività con un salto di scala. L’indagine federale collega alla sua cerchia almeno quattro omicidi fra Canada e America Latina nell’arco di due anni, inclusi episodi che avrebbero colpito civili fuori dal circuito criminale. Alcune ricostruzioni giornalistiche citano, ad esempio, l’attacco del 2023 a Caledon (Ontario), con due vittime appartenenti alla stessa famiglia: un episodio di ritorsione generato – nella lettura investigativa – da un carico di droga rubato. Sono tasselli che concorrono alla narrazione univoca: un gruppo ruthless, indifferente ai danni collaterali. Anche qui, vale la premessa: sono accuse, sulle quali la parola definitiva spetta ai tribunali.

Perché questa storia riguarda anche lo sport

Il soprannome “Giant” nasce sulle piste; oggi evoca altro. Nella narrazione pubblica, l’abisso tra Olimpiadi e latitanza amplifica l’impatto del caso. Ma la notizia non è il “caduta dell’eroe”: è l’investigazione su una supply chain criminale che, se provate in giudizio le accuse, avrebbe trasformato il capitale simbolico dello sport in schermo e leva per costruire reti, fiducia e coperture. Il fatto che i federali abbiano scelto un nome in codice come “Giant Slalom” dice molto della strategia comunicativa: ricordare che, dietro l’icona sportiva, c’è un presunto boss da catturare. E – soprattutto – che la catena non si regge su un solo uomo: la lista degli arrestati è lunga, con ruoli che vanno dal legale al corriere, dalla logistica alla mediazione.

Cosa aspettarsi adesso

  1. Sul piano investigativo, è plausibile un’ulteriore stretta su fiancheggiatori e riciclatori; il cerchio, di solito, si chiude colpendo logistica e finanza più che con la sola caccia al latitante.
  2. Sul piano giudiziario, i procedimenti contro gli arrestati della filiera potrebbero anticipare nuovi dettagli su metodi, contatti e canali di pagamento, offrendo agli inquirenti strumenti per mappare – e smontare – la rete.
  3. Sul piano comunicativo, l’uso della Top Ten e di una taglia record serve a rendere pubblico ogni singolo appiglio: un volto riconosciuto, un passaporto falso intercettato, un visto sospetto.

In questa storia, il dettaglio che resta addosso è il contrasto: un ragazzo che a 20 anni sfilava nello stadio olimpico, e che oggi – secondo la ricostruzione accusatoria – avrebbe commissionato un omicidio tra un tavolo e l’altro di un ristorante. Il resto è lavoro per polizia, magistrati e difese. Per chi, leggendo, si chiede “come finisce”, la risposta – per ora – è solo una: finisce quando Wedding comparirà davanti a un giudice. Fino ad allora, il suo nome resterà nella lista dei dieci che gli Stati Uniti vogliono, più di tutti gli altri, fermare.

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