La storia
24 Marzo 2022
Ivan Vavassori alla Berretti della pro Patria, stagione 2009-2010
A dimostrazione che il calcio è uno specchio, in tutto e per tutto, della realtà politica e sociale affrontata quotidianamente c’è la storia di Ivan Vavassori. Da portiere in Pro Due con Pro Patria, prima e Bra dopo, a volontario per l’esercito Ucraino.
Ivan, nato in Russia e adottato da Pietro Vavassori, patron della Italsempione e proprio della Pro Patria, e da Alessandra Sgarella, tristemente nota per essere stata vittima di un sequestro avvenuto a Milano nel 1997. La donna è stata tenuta prigioniera per dieci lunghi mesi nella Locride prima di essere rilasciata. Signora Sgarella che poi, venne a mancare il 26 agosto 2011 - 14 anni dopo il suo sequestro - giorno in cui, finalmente e fatalità del destino, arrestarono anche i suoi rapitori.
Ivan inizia a calcare il campo da calcio proprio in biancoblù, dove milita per tutta la trafila delle giovanili fino ad arrivare alla Berretti e alla Pro Due. Nella stagione 2011/2012 alla Berretti della Pro Patria, Vavassori giocava sotto la guida di Simone Banchieri, che lo ricorda così.
«L’ho avuto nella Berretti e me lo ricordo bene. È un bravissimo ragazzo, serio. Nonostante fosse figlio della proprietà era umile e si impegnava molto lavorando sempre sodo. Arrivò a 4 o 5 anni dalla Russia e la sua origine emergeva dal suo carattere. Serio, silenzioso e attento. Lo ricordo davvero come un ottimo ragazzo».
Ivan Vavassori ai tempi degli Allievi Nazionali con la Pro Patria, stagione 2008-2009
Ivan Vavassori, nella stagione 2011-2012 con la Pro Patria, non solo colleziona presenze nella Berretti ma viene aggregato alla Pro Due, categoria in cui militerà anche per il biennio successivo, questa volta vestendo il giallorosso del Bra. Nel 2014 torna in Lombardia dove, egli anni successivi, gioca tra Alcione, Magenta, Legnano e Accademia Vittuone passando dalla Promozione all’Eccellenza, prima di dirigersi a giocare in Sud America al Santa Cruz.
Adesso, abbandonato il calcio, ha deciso di partire alla volta dell’Ucraina arruolandosi come volontario in difesa di Kiev e sta documentando la sua esperienza tramite il suo canale Tik Tok.
Simone Banchieri allenatore della Berretti della Pro Patria nel 2011/12. In quella squadra due calciatori che poi avranno un futuro particolare all'infuori del calcio. Alessandro Spanò e Ivan Vavassori.
Quella Berretti della Pro Patria 2011/2012 di Simone Banchieri si è rivelata però una fucina di storie, una fucina di uomini che han saputo dimostrare il loro valore sul campo e fuori. Perché ad aiutare Ivan Vavassori a proteggere la porta dei bustocchi in quella stagione c’era anche Alessandro Spanò. Il difensore centrale di Giussano che in quella stagione collezionò 2340’ spalmati su 26 presenze (condite anche con due gol) è stato protagonista di uno dei casi mediatici “rosa” più clamorosi dell’estate 2020.
Dopo aver vissuto da protagonista tutta la filiera giovanile della Pro Patria terminando l’esperienza a Busto Arsizio con una stagione da titolare in Lega Pro (dopo un anno di prestito alla Pro Vercelli Primavera), Spanò passò alla Reggiana dove vi rimase dall’estate 2014 fino al 2020.
In queste sei stagioni Spanò diventa qualcosa di più di un calciatore: innanzi tutto una bandiera. Tra le sei stagioni passate in granata da titolare inamovibile, Spanò vive anche la traumatica estate 2018 che vede lo scioglimento della Reggiana e la ripartenza in Serie D sotto il nome di Reggio Audace. Il difensore classe 1994 decide di rimanere a Reggio Emilia e ne diventa così capitano. In Interregionale i granata arrivano terzi perdendo anche la finale playoff contro il Modena, ma vengono ugualmente ripescati in Serie C nell’estate 2019, periodo in cui torna anche a sventolare il vecchio marchio “Reggiana”. Qui si scrive la storia: perché quella Reggiana fa il doppio salto arrivando fino alla finale playoff contro il Bari.
Il 22 luglio 2020 capitan Spanò e la Reggiana battono il Bari grazie alla rete di Augustus Kargbo e riportano la piazza emiliana in Serie B dopo 21 anni.
Foto dal profilo Instagram di Alessandro Spanò
Abbiamo detto che diventa qualcosa di più che un calciatore e aggiungiamo, qualcosa di più anche di una bandiera. A pochi giorni dai cortei per il centro di Reggio Emilia in cui dominava la maglia di Alessandro Spanò tra i tifosi in festa, il capitano comunica tramite un video messaggio che quella col Bari è stata la vetta di un cammino fatto insieme alla città ed è stata la sua ultima partita.
Dopo essersi laureato in economia alla Niccolò Cusano nello stesso periodo dei playoff, Spanò decide di continuare a studiare alla Hult Business School, una scuola internazionale per cui ha vinto una borsa di studio lasciando dunque il calcio per dare spazio a quelle parti dentro di lui «che sgomitano per avere spazio ed è giunto il loro momento».
«Forse sono un po’ matto lo so, ma la ragione non ha sempre ragione… mi auguro di aver lasciato qualcosa in campo, ma soprattutto fuori». Con queste parole Spanò chiude il suo saluto alla Reggiana, ma forse ora potrebbero benissimo finire in bocca al suo compagno alla Pro Patria Ivan Vavassori.
Due indizi non fanno una prova, ma che in quella Berretti della Pro Patria di Simone Banchieri si lavorasse tanto sulla tecnica quanto sugli uomini è una certezza. I frutti, un po’ matti, lo dimostrano.