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12 Ottobre 2022
Aia Collegno, sezione Bergadano • Il presidente Gioachino Annaloro all'inaugurazione del corso autunnale
Quasi 40 anni di tessera e la stessa energia di quando si presentò alla prima serata del corso che nel 1986 gli aprì le porte dell'Associazione Italiana Arbitri. Gioachino Annaloro guida, come fa un buon padre di famiglia, la sezione di Collegno con una passione contagiosa ma al tempo stesso con la fermezza che deve avere chi occupa una posizione di grande responsabilità. 16 anni di campo, 20 dietro la scrivania, due volte presidente di sezione. Una carriera che sembra non essere ancora sul viale del tramonto.
«Tutto merito dei giovani - sorride - e veder crescere i ragazzi ti dà una soddisfazione enorme, mi piace e sento di avere ancora tanto da dare».
Due figli, anch'essi fischietti, uno dei quali ha raggiunto anche la Massima serie. «Sì, Riccardo, ha iniziato nel 2002 ha fatto tutta la trafila fino a raggiungere la serie C, poi assistente, fino alla Can. Peccato che poi è arrivata la pandemia, sarebbe probabilmente riuscito a ricavarsi spazi maggiori, così non è stato e ora si è messo a disposizione del Cra».
Torniamo alla tua carriera, dopo il corso sei stato al Calcio a 11, fino alla Promozione, poi il salto nel calcio a 5: «Sì, dal 1994, è stata una bellissima esperienza, altrettanto formativa, 8 anni, fino a raggiungere i campionati nazionali». Nel 2002 è arrivato il momento della "pensione". «Due anni, poi nel 2004 presidente di sezione fino al 2011 quando sono stato chiamato al Cra». E infine ritorno in sezione e nuovamente presidente dal 2021.
Una sezione, quella di Collegno, che vanta numeri di tutto rispetto: 207 associati, 16 al nazionale, 38 al regionale 153 tra arbitri effettivi, assistenti, organo tecnico. «Una grande famiglia - ci tiene a sottolineare Annaloro - che vive e prospera grazie a lavoro di una grande squadra. Da solo non riuscirei a fare nulla».
Quali differenze pensi che ci siano tra quando andavi in campo tu e adesso. «Una sola grande differenza - dice senza tentennamenti - la grande preparazione e professionalità che trovavi nei dirigenti di società». E qui si sfonda una porta aperta perché da sempre è la tesi del nostro giornale. Per far crescere il nostro movimento serve maggior preparazione. Gli arbitri continuano a farlo, le società meno.
Cosa deve fare l'Aia per migliorare?
«Esattamente quello che sta facendo - anche qui senza tentennamenti - la nostra associazione ha introdotto nel corso di questi ultimi anni, e in particolare con l'arrivo di Alfredo Trentalange alla presidenza, una serie di novità che stanno contribuendo a migliorare la formazione degli arbitri. Prendi ad esempio il tutoraggio, partito in sordina e che è stato strutturato e codificato. Fondamentale per aiutare nelle prime gare i ragazzi che intraprendono il percorso arbitrale. Ma questo è solo un esempio, potrei dirti del doppio tesseramento che male male che vada formiamo un giovane calciatore che quando torna in società si porta dietro quanto meno il regolamento».
E si torna a parlare di formazione.
«Una sezione come la nostra, ma posso tranquillamente dire che vale per tutte, è pronta ad andare nelle società, se ci venisse richiesto, per incontri e confronti di formazione. Solo così possiamo migliorare, contribuire a creare una sana cultura sportiva».
Ma esiste una collaborazione tra le componenti?
«A livello dirigenziale sicuramente, ma quello che serve è un rapporto continuo tra la base, noi non riusciamo nemmeno ottenere spazi dai club per far fare la preparazione ai nostri arbitri».
Qual è il rapporto con le quote rosa della tua sezione e qual è il tuo pensiero sull'argomento. Prima donna ad arrivare nella massima serie, un occhio sempre più di riguardo verso questa nuova frontiera.
«Le donne possono fare molto, e dare molto all'Aia. In sezione ne abbiamo 5 che stanno facendo un loro percorso, ci crediamo. Non voglio svelare nulla ma a breve esordirà nel campionato Juniores una nostra ragazza sulla quale nutriamo grande ambizione».
Cosa dirai all'inaugurazione del corso di questa sera (martedì 11 per chi ci legge oggi), ai giovani arbitri?
«Diremo, non ti dimenticare mai che la nostra è una squadra, siamo in tre a tenere il corso, parleremo di diritti e di doveri degli arbitri, ma soprattutto cercheremo di trasmettere loro quelli che sono i principi, i valori della nostra famiglia, tanta passione, e naturalmente il regolamento».
La nuova stagione è partita. Le sezioni Aia la interpretano così: formazione, formazione e ancora formazione. E non è un caso se l'Italia continua a sfornare i migliori arbitri del mondo (chiedere al Milan e a chi ha visto le partite di Champions League) mentre la nostra Nazionale guarda i Mondiali in TV. Sarà mica che il modello per ricostruire l'intero movimento esiste già e ce lo abbiamo in casa?