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L'assalto alla Serie C, l'Arena come campo di casa, il caso Diop: l'Alcione di Marcello Montini

Il presidente orange a 360 gradi: «Noi complementari a Inter e Milan, e continueremo a puntare sui giovani»

Marcello Montini

ALCIONE • Marcello Montini

La domanda regina della Milano calcistica, probabilmente da quando Cusatis ha iniziato la cavalcata che sta portando l’Alcione verso i professionisti, è ormai sempre la stessa: se gli orange dovessero effettivamente salire in Serie C, che fine farebbe il settore giovanile? Problema, anche se più che un problema sarebbe il coronamento di uno splendido percorso, soluzione: «Stiamo già pensando alla configurazione 2024/25 nelle due ipotesi, sia prof che non prof. Tutti i direttori sportivi, da Mavilla a Belotti fino a Bresciani, stanno già lavorando con il direttore generale Gagliani. Saremo pronti e sicuri di poter offrire una offerta sportiva giovanile da prof a Milano oltre a Milan e Inter». Serve altro? Forse sì, ma tempo al tempo. Intanto Marcello Montini, presidente dell’Alcione assieme a Giulio Gallazzi, non ha dubbi e delinea quelle che saranno le tappe che porteranno la società di via Olivieri ad affrontare la prossima stagione.

LA TERZA SQUADRA DI MILANO

È proprio così e lo dicono i fatti. Intanto i rapporti con Inter e Milan non mancano: «Con l’Inter abbiamo recentemente firmato un accordo per la condivisione dell’Arena Civica di Milano. Con entrambe le società - prosegue il presidente Montini - stiamo esplorando eventuali collaborazioni per giocatori in entrata e uscita a livello di giovanili e prima squadra». Quindi sì, terza squadra di Milano ma con un obiettivo diverso: «Non siamo alternativi a Inter e Milan ma complementari, vogliamo offrire agli appassionati di calcio milanesi una possibilità in più di vedere giocare un buon calcio nel centro della città. Personalmente vedere tanti amici tifosi di entrambe le società o di altre, tifare Alcione per 90 minuti e poi tornare a prendersi in giro per tutta la settimana mi dà un enorme piacere». Intanto però c'è una Serie C da conquistare. La squadra di Cusatis è prima nel Girone A a +8 sul Chisola, ma c'è grande attesa per il verdetto del ricorso del Bra sulla posizione di Diop che potrebbe riscrivere la graduatoria: «Siamo sereni, il tesseramento è stato fatto su documenti originali e validi. Siamo perfettamente in regola, quando c’è un documento originale valido ha valore quello: le fotocopie non mi interessano».

ALCIONE • La prima squadra che milita in Serie D

IL PUNTO

Tornando al settore giovanile, il patron orange fa anche un punto di quella che finora è stata la stagione dei giovani ragazzi di via Olivieri: «Per quelli che sono i nostri standard è una prima parte di stagione in chiaroscuro. L’Under 19 sta mantenendo la posizione e siamo soddisfatti, le due formazioni Allievi si stanno riprendendo dopo qualche difficoltà all’inizio. Siamo fiduciosi di arrivare alla fine con più quante squadre possibili, cercheremo di competere con tutte. Ci è servito un po’ di tempo in più rispetto al solito, c’era un’amalgama da trovare visto che abbiamo inserito tanti giocatori nuovi». E conoscendo la storia degli orange, ovviamente, c’è da credergli eccome. C'è un altro tema relativo al vivaio che ha tenuto banco negli ultimi mesi, e cioè gli addii in sequenza di Ciletti, Taini, Montesano e di un'istituzione in Alcione come Alessandro Tonani: «Cosa sta succedendo? Nulla di strano, la società si sta attrezzando per il completamento piano triennale per andare nei professionisti, servono professionalità, tempo e skill: ci stiamo strutturando. Io non ho mandato via nessuno: si sono dimessi e non ho fatto altro che prenderne atto, vedevano la cose in maniera diversa e così abbiamo deciso fosse meglio separarsi».

10 ANNI ORANGE

Ma non finisce qui. Questa stagione potrebbe essere quella della svolta, e le sensazioni per Montini si accavallano con passione: «Questi 10 anni sono passati molto velocemente, era il 2014 quando accompagnai mio figlio Giorgio all’Alcione per la prima volta e mai avrei pensato quel giorno che ne sarei diventato consigliere l’anno dopo e presidente dal 2017, oggi condivido questa avventura sportiva con il mio amico Giulio Gallazzi che poi nel 2021 è diventato anche socio. A proposito, recentemente si è scritto persino di stadio San Siro e di Serie B… Ma noi siamo fermamente intenzionati a riportare l’Alcione all’Arena Civica di Milano, un impianto talmente affascinante e carico di storia che rappresenterebbe una cornice stupenda ed unica per le nostre partite casalinghe. Stiamo già lavorando con le istituzioni, il Comune di Milano e con l’Inter per condividere l’impianto che già oggi ospita le partite casalinghe dell’Inter Femminile. Certo da milanese piange il cuore immaginare che Inter e Milan tra qualche anno potrebbero giocare fuori Milano e lasciare in stato di abbandono un tempio del calcio Mondiale, ma credo che ogni palcoscenico debba avere i giusti attori e per San Siro oggi sono Inter e Milan. Per quanto riguarda la categoria, sono abituato a salire le scale un gradino per volta e quindi oggi siamo totalmente focalizzati a raggiungere la Serie C che rappresenterebbe il completamento del piano triennale che abbiamo programmato nel 2021. L’aspetto fondamentale è che la vittoria del campionato di Serie D ci consentirebbe di poter proporre ai nostri ragazzi un percorso sportivo fino al professionismo tutto interno alla società. Questo già nel lontano 2017 - quando proposi la mia candidatura alla presidenza - era nel progetto, e oggi dopo aver superato due categorie e con l’attuale primo posto in Serie D la visione di allora potrebbe diventare realtà. Detto questo non sono ossessionato dalla categoria, vedere giocare una delle nostre squadre giovanili mi dà le stesse emozioni che provo a vedere il Milan, squadra di cui sono tifoso ed anche indirettamente azionista avendo con amici investito in RedBird che detiene il Milan come asset sportivo».

«UN SISTEMA MALATO»

L’eventuale approdo nel professionismo impone scelte e sfide importanti, come vi state preparando? «Il professionismo impone a tutti delle scelte importanti, non solo a noi che potremmo arrivare per ultimi. Il sistema calcio in Italia è un sistema fallito, perde a livello aggregato 1,4 miliardi all’anno, ha un costo degli stipendi che pesa per l'84% e ricavi totali in diminuzione: un mix esplosivo che può produrre solo perdite e società che portano i libri in tribunale. Pertanto per noi è doveroso avvicinarsi con cautela a questo ecosistema malato, portando con noi la consapevolezza di dover salvaguardare la società sportiva: è necessario conservare ed accrescere il valore sociale per il territorio abbinandolo ad una sostenibilità economica. Troppe volte abbiamo letto di società chiudere quando il proprietario stanco di mettere soldi abbandona, bisogna creare le condizioni affinché la continuità di una società sportiva sia quanto più slegata dal destino della proprietà, che in ogni caso, è sempre più o meno temporanea. Questa è la vera sfida ed è molto più difficile che vincere un campionato. In Alcione la continuità sembra garantita, già essere in due ed unire forze e competenze è una condizione che rafforza, poi personalmente sono 10 anni che giro da un campo all’altro e fin quando avrò voglia di alzarmi alla mattina di sabato e domenica per andare a vedere due o tre partite a zero gradi, il tema non si pone. Quando arriverà il giorno in cui non ne avrò più voglia, l’Alcione Milano ci sarà sempre: questo lo posso garantire».

[Ha collaborato Andrea Barilaro]

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