Promozione
01 Maggio 2024
PROMOZIONE CAVENAGO • Daniel Piras, ex Monza, Lecco e Pro Sesto, negli ultimi 6 anni colonna giallorossa
«Il compito dell'eroe è questo: una parte del viaggio è la fine». Lacrime. «Ma perché questo trip? Tutto quanto andrà esattamente come deve andare. Ti amo 3000». Lacrimoni. Era il 24 aprile 2019, era il monologo di Iron Man in Avengers Endgame, era la fine di uno dei film più importanti del cinema contemporaneo, il secondo di sempre per incassi, e della storia di uno dei personaggi più amati dal pubblico. Era, semplicemente, la fine di un viaggio. La stessa con cui ha dovuto fare i conti Daniel Piras, un altro tipo di supereroe, più simile a Steve Rogers, almeno per il titolo: quello di vice-capitano. Dopo sei anni, infatti, il viaggio con lo stemma del Cavenago cucito addosso finisce, ma non solo, perché il classe 1991 decide di passare in consegna il suo scudo prendendo la scelta più difficile di tutte: ritirarsi dal calcio.
O le armature, a seconda del materiale che le compone. In ogni caso, il feticcio di tutti gli appassionati di fumetti e cinecomic: dalla prima corazza homemade di Tony Stark al leggendario costume nero di Spider-Man, fino agli iconici mantelli di Batman e Superman. Qualcosa di facilmente riconducibile al mondo del pallone, dove la maglia è sempre stata quell'oggetto da venerare e custodire nei propri armadi, o eventualmente da incorniciare e appendere da qualche parte. Una collezione che, nel caso di Piras, vanta elementi di primo piano nel panorama lombardo: «Ho iniziato a giocare prestissimo. Ho fatto un anno a Usmate, giocavo il sabato e ogni domenica mattina facevo un provino con altri 10mila ragazzi per il Monza, che all'epoca era in Serie B. È durato sei mesi, mi hanno selezionato e ho fatto sei anni lì».
È l'inizio del viaggio, quello che poi continua in tappe del calibro di Lecco, Pergocrema e Pro Sesto, dove vive metà stagione con la Berretti, ma allenandosi con la prima squadra - impegnata in Serie C2 - prima di andare a Saronno, con la cui maglia vince il campionato di Eccellenza. Non è però l'unico successo della prima parte di carriera del centrocampista, che racconta: «Con il Lecco siamo diventati campioni d'Italia semi-professionisti vincendo le finali a Roma, ma ho un ricordo abbastanza importante anche a Monza. Era la squadra della mia città, ci mettevo tre minuti ad andare al campo d'allenamento, poi mi ha formato. Adesso ho un bimbo di quasi 2 anni e quello che consiglio sempre ai genitori è di inserire i figli nel mondo dello sport perché ti insegna l'educazione, saper stare dentro a un gruppo, rispettare le figure più importanti e il senso del sacrificio. A me è servito, perché poi ti porta fuori da compagnie ed esperienze sbagliate. Ti dà un insegnamento di vita in generale».
Rimanendo sui momenti più belli della sua carriera, Piras ne aggiunge anche altri: «Da giovane ho vinto alcuni campionati che mi hanno dato tutti qualcosa. Mi ricordo quando la Pro Sesto è fallita e siamo ripartiti dalla Promozione. I nuovi proprietari ci chiedevano l'attaccamento alla maglia ed è una cosa che ho sempre visto di buon occhio. È stato un anno importante, il primo effettivamente come giocatore perché avrò fatto una trentina di partite. Abbiamo giocato il derby con il Città di Sesto al Breda e quella è stata una delle prime emozioni importanti, tra la curva e le persone che cantavano il mio nome. Brugherio pure è stata un'avventura significativa, anche dopo aver vinto in Promozione, quando in Ecellenza ci sono stati problemi a livello societario e ci siamo salvati con la stessa squadra. È stato come un campionato vinto».
Piras in maglia Brugherio
Da lì il viaggio prosegue prima ad Agrate e poi a Desio, dove il centrocampista vive un'annata non facile a livello di squadra: «Ci sono stati problemi anche là, siamo rimasti in pochi, ma ho scelto di restare. Siamo retrocessi nei playout, però penso che non ci sia mai un anno perso perché tutti ti portano un'esperienza». Anche quelli negativi, come una parentesi da giovane proprio alla Pro Sesto, riportata dalla Promo alla Serie D: «Dopo i tre anni e i campionati vinti dovevo scegliere dove andare a giocare. Mi hanno portato a far la scelta di andare al Real Milano ed è stata la parentesi più brutta perché non hanno rispettato quello su cui ci eravamo messi d'accordo. Pensavo di essere ancora un giocatore della Pro, ero tornato a parlarne con loro e mi hanno detto che mi avevano venduto. Ho vissuto mesi difficili perché sono rimasto fuori rosa, andavo ad allenarmi da solo la sera al parco perché il calcio era la mia passione e non volevo permettere che qualcuno potesse bloccarla. Purtroppo nel calcio succede di avere queste situazioni, che ti segnano, ma che allo stesso tempo ti fanno maturare. Forse mi hanno fatto tornare in campo con un po' più fame di prima».
Daniel ai tempi della Pro Sesto nel campionato di Promozione
Quella passione lì, invece, non è mai cambiata, cercando sempre di farla coesistere con il proprio lavoro nel mondo della ristorazione. «Con la Casati ho fatto tre mesi (stagione 2017/2018), ero tentato di dedicarmi solo al lavoro, quindi ho deciso di andare a Cavenago in Prima Categoria per rallentare con l'impegno del calcio, però poi mi sono trovato talmente bene», che il rapporto con i giallorossi dura giusto qualche anno, o meglio, altri sei, per quella che è la tappa più lunga di tutta la sua carriera, nonché l'ultima.
O anche: un luogo e delle persone speciali, quelli che hanno un po' tutti, supereroi compresi. Cavenago di Brianza rappresenta proprio questo per Piras: uno spazio di normalità estraneo da tutto, dove togliere la maschera e ritrovarsi con i propri cari. «Qui ho trovato persone che sono fuori da quello che è l'ambiente sportivo. In primis il presidente Sotgiu, un uomo che forse non c'entra niente con il calcio. Questo è un mondo dove purtroppo trovi persone che dicono una cosa, ma che magari ne pensano altre, lui invece è proprio genuino. Dà tutto per i ragazzi, per i dirigenti e per ogni singola persona che va al campo. Con le esperienze che ho avuto, mi ha un attimo meravigliato. - racconta l'ormai ex centrocampista, che continua - Cavenago ha 4/5 dirigenti che probabilmente sono volontari, ma che trovano sempre il modo di aiutare e non farti mancare niente. Chi va via da Cavenago dice che non si accorgeva di quanto fossero importanti quelle persone».
Tra queste anche il direttore generale Sergio Esposito e il direttore sportivo Stefano Bianchi, così come i due allenatori avuti nel corso di questa lunga parentesi, partita dal campionato di Prima Categoria e continuata sfiorando addirittura i playoff di Promozione, prima dell'ultima salvezza un po' più complessa. «I due anni in Prima sono stati molto divertenti con l'arrivo di Tinelli e del suo staff. Abbiamo chiuso l'anno a causa del Covid, ma eravamo primi e siamo passati in Promo. Era un gruppo eccezionale, ancora oggi ci sentiamo, poi siamo andati avanti e abbiamo realizzato ottimi risultati. - spiega Daniel, nelle ultime due stagioni allenato da Oscar Furgeri, su cui continua - Mi sono trovato molto bene, soprattutto a livello umano. È una persona di spessore, insieme a tutto lo staff».
Stagione 2019/2020, il centrocampista in azione con la divisa del Cavenago
Con il nuovo tecnico arrivano grandi soddisfazioni come il sesto posto della scorsa stagione, seguita però da una, quella attuale, difficile, conclusa raggiungendo la salvezza solo con un turno d'anticipo: «L'episodio girava sempre dall'altra parte, però non credo nella fortuna e nella sfortuna, vuol dire che ci mancava qualcosa, quel centimetro in più, quella corsa in più. Abbiamo perso partite al 90' o su calci piazzati, emblematica quella con l'Agrate, quando al 95' batto un corner che passa nell'area piccola e un minuto dopo perdiamo 4-3. Sono anni così, che a me stanno portando consiglio sul mio ipotetico futuro per scegliere i giocatori che ti possono dare una mano nei momenti difficili, perché le stagioni non sempre sono per forza positive e serve una squadra che remi dalla stessa parte».
Un anno non semplice, già, ma è proprio in queste stagioni che i top player indossano la maschera, o il mantello, e si caricano sulle spalle la squadra. Esattamente come fa Piras, che chiude la sua ultima stagione da calciatore in doppia cifra e da capocannoniere del suo Cavenago, non proprio il classico standard di un numero 4. «Ho iniziato come mezzala perché avevo tanta corsa, abbinavo una buona tecnica di base, tanta grinta, determinazione, fame e passione per questo sport. - spiega il classe '91 - Pian piano ho fatto vedere anche qualità di assistman e di realizzazione. Non sono uno che si elogia da solo, però posso dire che facevo tanti gol su punizione avendo avuto dei buoni maestri da piccolo. Come giovane, giocando tante partite, ero ben visto ed ero richiesto da diverse parti d'Italia, però con il lavoro mi alzavo alle tre e mezza di mattina e finivo alle due di pomeriggio. Le energie col tempo le vai a perdere e decidi dove usarle, io ho puntato sul lavoro perché è sempre stato importante e mi dava una possibilità per tutta la vita».
Tornando sui piazzati, il centrocampista svela quelli che sono stati i suoi di eroi: «Il mio maestro è stato mio padre. Ha allenato a Monza e mi ha trasmesso una passione esagerata da piccolo. Ci fermavamo al parchetto e calciavo un milione di volte. Nel settore giovanile, poi, ho avuto allenatori come Giorgio Avanzi e Angelo Colombo, anche se non dico altri nomi perché non voglio dimenticarmene alcuni. Se comunque devo dare un consiglio dico ai ragazzi di andare al parco e giocare con gli amici perché l'allenamento è importante e mi ha aiutato in questo fondamentale».
Di un fumetto, o l'ultima scena, di un film. In entrambi i casi, la fine di tutto. È il 21 aprile 2024, praticamente una settimana prima del quinto anniversario dall'uscita di Avengers Endgame e quattro giorni prima del 33esimo compleanno di Daniel. È Vibe Ronchese-Cavenago, è l'ultima partita da calciatore di Piras, vissuta con la fascia di capitano, ereditata per l'occasione da Breda: «Dopo la penultima gara ho passato la settimana per arrivare a quella domenica con il magone. Volevo che non arrivasse mai anche se ero sicuro di aver preso una decisione su cui non sarei tornato indietro. Ogni allenamento l'ho vissuto cercando di divertirmi il più possibile, ma i giorni sono volati e sono arrivato a domenica che neanche mi sono reso conto di essere già in campo. Ho cercato di godermi la giornata».
P di papà: Piras insieme al figlio al termine della sua ultima partita da calciatore (Foto Cavenago)
Resa un po' più speciale dal risultato, ovvero una vittoria per 1-0 decisa al terzo minuto di recupero dall'invenzione di Manno («Un gol sotto l'incrocio in un'annata non così felice, per lui che reti del genere le sa fare»), prima di poggiare al suolo lo scudo giallorosso e appendere gli scarpini: «È stato bellissimo, emozionante, con tutti i miei compagni: Manno, Breda e Carbone, che sono quelli storici, ma mi sono trovato benissimo con tutti, anche con chi è lì da un paio d'anni come Spadoni e Romano, con tutti i giovani e con i nuovi arrivati, come Bonissi, che conoscevo benissimo perché vivo ad Agrate. Un momento speciale con i miei amici, con i miei genitori e la famiglia in tribuna. Mi hanno fatto una sorpresa con una maglia firmata, poi ci tenevo a fare un discorso nello spogliatoio che rimane tra noi. Ho visto tante facce commosse che mi hanno fatto piacere».
Il centrocampista riceve la maglia firmata dal presidente Paolo Sotgiu e dal direttore sportivo Stefano Bianchi (Foto Cavenago)
Lacrime e sorrisi arrivati dopo una decisione maturata nel tempo: «Il problema è che ci mettevo sempre più giorni a recuperare da una partita. Da un anno e mezzo mi alzo e mi fanno male le ginocchia, ho sempre problemi fisici, non di infortuni, ma il fatto è che arrivo veramente stanco anche all'interno della settimana. Ho capito di dover fare un passo indietro per la mia salute. L'anno scorso non ce l'ho fatta, quest'anno ho deciso così». Come in ogni film della Marvel - coincidenza vuole tranne Endgame - c'è però sempre quella post credit che dà un indizio sul futuro, quello su cui sta riflettendo Piras: «Il pres mi ha detto che a prescindere da cosa volessi fare di restare a Cavenago. Il ds mi ha detto di decidere, lo staff la stessa cosa, tutti mi hanno la disponibilità e in questi giorni deciderò che ruolo affiancare, perché non ne sono niente e devo imparare, però voglio restare nel calcio, e a Cavenago». D'altronde, quel costume giallorosso ormai è diventato una seconda pelle.