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Dilettanti

Crociato rotto, un periodo nero, poi l'occasione della vita: va al Mondiale e conquista tutti

Dall'infortunio a compagno di Totti: «Ero giù mentalmente, questo mi ha ridato forza: io vivrei in campo»

Valtulini Stallions

STALLIONS KINGS LEAGUE • Giovanni Valtulini, dall'Offanenghese al Mondiale a Città del Messico

A volte il destino lascia qualche indizio qua e là, come se volesse farsi scoprire, ma solo i più temerari hanno il coraggio di inseguire le briciole lungo il sentiero per lanciarsi in una predizione del futuro che nessuno farebbe, prendendosi magari qualche classico: «Ma questo è matto». Altre volte invece è proprio palese, sembra scritto, anche se spesso diventa tale solo dopo essere arrivati alla fine del percorso. Nel caso di Giovanni è difficile capire di quale dei due casi si tratti, però, se cresci nel comune di Calcio, forse un segnale su quello che sarà la tua vita lo hai stampato un po' ovunque. Raccogliere le briciole una dopo l'altra diventa allora quasi automatico, ma arrivare in fondo al cammino non sempre è così facile. Sì perché a volte il destino si diverte a farti inciampare, e quando stai correndo verso il mondo del pallone il Fato sa benissimo come colpirti. Rottura del crociato, riabilitazione e tutte quelle briciole raccolte che cadono per terra, costringendoti a ricominciare da capo con un umore decisamente diverso, quello di chi vede il proprio sogno allontanarsi. Un colpo duro, soprattutto quando ti rimetti a correre per non farlo scappare e senti che tutti i tuoi sforzi non stanno comunque bastando per raggiungerlo. Alla fine, però, la passione paga sempre, e quando meno te lo aspetti ecco che il destino, lui che ha spremuto ogni tua speranza, torna da te per offrirtene una enorme. Quale? È questa la storia, quella di Giovanni Valtulini, di chi ha iniziato a calciare un pallone in un paesino di 5000 abitanti ed è finito a rappresentare l'Italia in Messico, giocando un mondiale al fianco di Francesco Totti, e non solo.

L'OCCASIONE

Quella sfumata da più piccolo, quella arrivata di punto in bianco. È infatti la stagione 2020/2021 quando Valtulini, cresciuto dalla sua Calcio fino alla Berretti della FeralpiSalò, passando per il Sarnico e allenandosi anche con la prima squadra dei Leoni del Garda, si trasferisce alla Cremonese per affrontare il campionato di Primavera 2. «Abbiamo fatto molto bene, siamo arrivati terzi dietro al Parma di Chaka Traorè e al Verona di Cancellieri (in un girone con pure l'Udinese di un giovanissimo Pafundi), ma a tre giornate dalla fine mi sono rotto il ginocchio. Ho avuto sfortuna perché era il trampolino di lancio per tutti noi. - racconta il centrocampista classe 2002, che passa al Sona, dove recupera a livello fisico ed esordisce in Serie D, prima di vivere qualche altra avventura - L'anno scorso ho vestito la maglia della Casertana, poi però ho deciso di andare a Seregno per giocare di più e mi è servito un sacco per recuperare dal punto di vista tattico. Purtroppo è finita come è finita, ci siamo salvati sul campo, ma siamo retrocessi per altri fatti. Quest'anno invece a Palazzolo mi sono trovato benissimo, però non avevo molto spazio, così quando ho saputo che Carminati (suo tecnico alla FeralpiSalò) allenava in Eccellenza una squadra che puntava a salire, da dicembre sono passato all'Offanenghese. Ho trovato una bella società, ho giocato sempre e mi è servito tantissimo per ritrovare il ritmo partita»

Un giovanissimo Valtulini ai tempi del Sarnico

Anche perché il destino torna a bussare alla porta di Giovanni, che non si fa trovare impreparato. È aprile 2024 quando su internet arriva la notizia: l'Italia parteciperà alla Kings World Cup, il Mondiale di calcio a 7 organizzato da Piqué che vede la presenza di alcune leggende del calibro di Hazard e Totti, capitano della squadra azzurra degli Stallions accompagnato da Nainggolan e Viviano, ma soprattutto, i provini per entrare a far parte della selezione sono aperti. È lei, l'occasione che arriva quando meno te l'aspetti, quella che Valtulini coglie subito al balzo: «Questa esperienza è capitata in un momento della vita in cui mi serviva. Ho avuto poche opportunità di dimostrare il mio valore, avevo bisogno di uno sprono, ero un po' giù mentalmente e l'ho presa con tutte le mie forze».

Le stesse messe in campo sin dalle selezioni, dopo essere stato scelto tra le 20mila richieste arrivate via mail. «Quando abbiamo fatto il provino eravamo già in 200 e avevi solo un tempo da 20 minuti per fare la partita e farti vedere. - spiega Giovanni, che quella gara la gioca con la solita travolgente passione - Abbiamo vinto 6-0, ho fatto 3 gol e 3 assist, poi siamo rimasti 4 ore ad aspettare tutti gli altri. Alla fine ci hanno tenuto in 14, abbiamo fatto un ultimo 7 contro 7 e lì ho capito che c'era la possibilità di essere preso, anche se c'era il dubbio che magari qualcuno fosse già stato scelto e non fosse in campo, quindi sono tornato a casa che non avevo aspettative, anche i miei genitori mi dicevano di star tranquillo perché almeno ci avevo provato»

Il destino, però, chiama, e Valtulini risponde: «Ero sul letto al telefono e mi ha chiamato Pippo (alias IlPippega sui social) dicendomi: "Guarda, ti porto in Messico". Non me l'aspettavo, ma ero proprio felice perché finalmente avevo la mia opportunità per dimostrare quanto valgo. Anche i miei genitori erano contentissimi perché avevano visto che per me non era un bel periodo nel mondo del calcio. Mi sono sentito come sollevato, come se mi fosse arrivata una spinta. Ero un po' deluso della mia carriera, questa possibilità mi ha aiutato a farmi forza». Anche perché quella Calcio che risponde alla parola casa, è anche sinonimo di passione pura per Giovanni: «Io gioco sempre con il sogno di arrivare in alto, lo avrò anche a 30 anni in Seconda Categoria. Quando entro cerco di fare il meglio e questa possibilità mi ha aiutato tanto, poi non avrei mai pensato di giocare con questi campioni, penso sia il sogno di chiunque».

«Si va in scena», l'ingresso in campo di Valtulini al fianco di Viviano e Totti

IL VIAGGIO

Quello che parte sempre da Calcio, nella bergamasca, per arrivare a Città del Messico, con una tappa a Carate Brianza per conoscere i compagni di squadra e allenarsi insieme prima di prendere il volo verso un'esperienza indimenticabile. Arrivato in Centro America, infatti, Giovanni ha la possibilità di giocare con quei tre ex professionisti, non proprio gli ultimi arrivati, ma non per questo delle figure così lontane. «Si sono messi nello spogliatoio come se fossero l'amico che conosci da 20 anni. - svela infatti il centrocampista giallorosso - Erano sereni e scherzavano, poi però in campo si sono impegnati al massimo perché quella voglia di fare bene ce l'hanno sempre. Ovviamente mi ha stupito la loro qualità, quella di piede e di visione di gioco di Totti, l'intensità di Radja e la tecnica folle di Viviano, ma ancor di più la loro umiltà di mettersi all'interno del gruppo. Si sono messi a disposizione e in campo, anche se sbagliavi, ti dicevano sempre di star tranquillo e di non preoccuparti. Non è da tutti, a volte non lo si vede nelle nostre categorie, quindi da loro potresti aspettarti un atteggiamento diverso, e invece no: quello ti fa capire i campioni che sono».

L'abbraccio con la leggenda

Qualità evidenti anche in allenamento, lì dove Valtulini si ritrova praticamente nel paese dei balocchi per ogni amante del pallone: «Al campo ho conosciuto Hazard, e ho pensato: "Cavolo, ho qui uno dei più forti al mondo nel suo prime, uno che ha giocato al Real Madrid". Ho visto anche allenarsi Menez e Nasri, e io stavo condividendo il campo con quelle persone. Il momento in cui ho realizzato tutto, però, è stato quando Totti è entrato negli spogliatoi. Lì ho capito che tutti i sacrifici che avevo fatto erano stati ripagati, è stato un onore e un'emozione allenarmi con lui, Radja e Viviano. Sono grato di essere stato lì, è stato un amore vederli giocare, e ho anche cercato di prendere più spunti possibile per metterli nel mio bagaglio».

Valtulini insieme ad alcuni compagni di squadra ed Eden Hazard

Un trio riunito da un'ultima figura di spicco, ma in un altro settore: quello dello streaming. Ogni partita della Kings World Cup è stata infatti trasmessa in diretta sul canale Twitch del presidente della squadra, ovvero Gianmarco Tocco (in arte Blur, il più seguito in Italia sulla piattaforma di Amazon), che la commentava con il supporto del telecronista di DAZN Federico Marconi. Una coppia in stile Caressa-Bergomi sulla Rai ai tempi del Mondiale, per chi ha meno familiarità con i social, dove Blur è da anni una delle persone più note. «Se non lo conosci puoi pensare che sia un personaggio, che si vanta, invece è un ragazzo come tutti gli altri, con una bellissima qualità: ascoltare. - racconta sempre Valtulini - Ci ha fatto capire che ci teneva, si sentiva parte della squadra ed era dentro in ogni momento, si è unito come membro del gruppo. Veniva a cena con noi, a pranzo, a tutti gli allenamenti, mentre una persona con quel tipo di esposizione mediatica poteva anche non farlo e pensare solo a lavorare, come hanno fatto altri presidenti. Lui invece ha fatto anche qualche diretta in meno perché è sempre stato il primo ad aiutarci. Questo gli fa solo che onore, è una persona d'oro».

Giovanni insieme al presidente Gianmarco Tocco

Un legame molto forte che si è creato anche con il resto dei giocatori provinati, aspetto fondamentale per andare a competere contro alcuni club che da anni partecipano alla Kings League ideata dall'ex difensore del Barcellona: «Siamo stati una squadra vera, siamo diventati amici ed è stato importante perché se non fossimo stati un gruppo compatto avremmo preso le imbarcate. Ci siamo conosciuti pochi giorni prima e siamo andati a fare un Mondiale dove si giocava uno sport diverso dal calcio a 11, con regole tutte sue, e abbiamo sfidato squadre come il Brasile con giocatori che hanno due/tre palloni d'oro di futsal».

Valtulini con Viviano e Nainggolan

Il riferimento è ai bianconeri della Furia, team di Falcão (uno dei, se non il, giocatore più forte di sempre di calcio a 5) affrontato dopo la vittoria all'esordio con i colombiani del Medallo City, la prima tappa del viaggio degli azzurri e, per Giovanni, «la più emotiva. Dopo la rottura del crociato è andato tutto a calare, in quella partita volevo dimostrare le mie qualità. Peccato per il gol annullato, però ho dato tutto. Quando abbiamo vinto mi sono messo a piangere per la tensione. Ho visto tanti bei commenti e questo mi ha fatto più che piacere».

Foto di gruppo dopo la vittoria all'esordio

Lacrime forse liberatorie, quasi a richiamare quel sospiro fatto sul letto al momento della chiamata per la convocazione, e che arrivano dopo aver dato il via all'avventura degli Stallions con l'assist per il gol vittoria di Trombetta nella sfida inaugurale. Superato il primo scoglio, gli azzurri serrano i ranghi contro i brasiliani giocando come un unico organismo, ma la testuggine crolla all'ultimo secondo e obbliga Valtulini e compagni a battere i peruviani del Persas per arrivare agli ottavi. Una missione riuscita col brivido del rigore parato da Viviano sul gong, quello che vale l'occasione di sfidare gli spagnoli dei Porcinos, contro cui, però, il sogno finisce. «Si poteva fare meglio? Certo, come in tutte le cose, ma penso che abbiamo fatto un ottimo risultato. Abbiamo perso di due gol contro la prima squadra fondata in tutta la competizione, che da 3 anni si allena e gioca insieme. Noi ci conoscevamo da due settimane, era impossibile, però abbiamo fatto una bella figura perché eravamo una squadra. -  racconta Giovanni, che torna su due momenti di quella partita, ovvero il rigore sbagliato da Trombetta e un suo tiro finito sopra la traversa - Io punto sempre a vincere, sono uno molto competitivo. Potevo fare gol? Sì, personalmente so che potevo fare meglio, però si può sempre dare di più e se guardo il percorso che abbiamo fatto sono felice». Anche perché il percorso stesso parla chiaro: a vincere il Mondiale, alla fine, sono stati proprio gli spagnoli.

DI NUOVO A CASA

La fine del viaggio, tra 8 ore di aereo e un jet lag martellante, quello che ti costringe a rimetterti nel letto e riattivarti il giorno dopo. O meglio, di solito funziona così, ma se sei Giovanni vai subito a giocare un torneo in quel di Maclodio (un paesino di 1000 anime), fai tre gol in un tempo e solo dopo stacchi la spina. «Mi reputo ancora un bambino, il calcio lo vivo così: mi diverto, ogni volta che entro in qualsiasi partita, che sia tra amici o la Coppa del Mondo. Lo vivo come se fosse la mia vita, perché devo essere teso? - parole che si ricollegano al peso di aver rappresentato il proprio paese davanti a 300mila persone (350mila per la sfida degli ottavi), per nulla percepito dal classe 2002, che aggiunge - Può essere davanti a cinque persone o un milione, io vivrei in campo. Lì mi sento al sicuro, gioco portando con me il sogno che ho nel cuore. Ho iniziato a giocare a calcio quando avevo 4 anni ed è diventato la mia vita, quando salto un allenamento è come se mancasse una parte di me»

Il classe 2002 in maglia FeralpiSalò Under 17

Una passione sfrenata trasmessa non solo con le prestazioni offerte in campo, facendo sempre quella corsa in più, ma anche guidando le esultanze dei compagni, e che è arrivata anche dall'altra parte dello schermo: «Il supporto l'ho notato già in Messico, ma soprattutto ora che sono a casa. Sono andato in giro con gli amici e alcuni ragazzi mi hanno chiesto la foto, mai pensavo che sarebbe capitato. Ci sono tante cose che sto notando adesso e che mi fanno molto piacere». Tornare in Italia, poi, vuol dire anche riabbracciare il fratello Angelo, presente sin dal momento dell'iscrizione per i provini. «Siamo molto legati, lui è del 2001, abbiamo coltivato e condiviso questa passione sin da piccoli. - racconta Giovanni - Crescendo poi le strade si dividono, però giochiamo ancora assieme in giardino, e questo fatto ci ha legato nel tempo»

A proposito di esultanze, l'ultima cartolina: la fusione con bomber Michele Trombetta

Tornare a casa, infine, vuol dire anche niente più allenamenti al centro sportivo del Club América, niente più Messico e riabbracciare la vecchia quotidianità, che però non può più essere quella di prima. Non può esserlo per quanto lasciato alle persone che hanno seguito la magica avventura oltreoceano della banda di "dilettanti" e, banalmente, per quella che sarà la sua carriera, d'altronde, «le chiamate le ho, questa vetrina mi ha aiutato, ma devo ancora valutarle». Quale sia dunque il futuro prossimo di Valtulini resta da definire, però una cosa di certo non cambierà: il calcio sarà nel suo destino, sempre e comunque.

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