Under 19
06 Luglio 2024
UNDER 19 ALCIONE • Giulio Vecchi, tra le pedine più importanti delle ultime due stagioni orange
Finale Scudetto, situazione di parità, 10' del secondo tempo, calcio di rigore. Palla in mano, qualche sguardo rivolto alle spalle in attesa del fischio dell'arbitro, rincorsa rapida, portiere spiazzato, gol e un 2-1 che resiste fino al terzo minuto di recupero, poi l'incubo: pareggio subito, rigori e sconfitta, tutto vissuto dalla panchina dopo il cambio, senza avere il potere di intervenire per non veder svanire il proprio sogno. Una botta pesante, di quelle da cui è difficile rialzarsi, e lo sa benissimo anche lui: «Non era scontato tornare a giocare qua, ma ce l'abbiamo fatta». Sì, perché un anno dopo, su quello stesso campo, è finale Scudetto, situazione di parità, 30' del primo tempo, scatto sulla fascia sinistra, cross al bacio di mancino e assist per riprendere a sognare, questa volta con un risveglio completamente diverso: Giulio Vecchi e il suo Alcione sono campioni d'Italia per la prima volta nella storia. Lo sono dopo la sconfitta con il Portici, quella che per una manciata di minuti non viene decisa proprio dal suo rigore, lo sono proprio nello stadio di Sesto Fiorentino, quello che da palcoscenico dello psicodramma si trasforma in trampolino verso l'eternità, lo sono in una stagione piena di déjà vu, tranne che per il finale, quello riscritto dal suo assist, che traccia la via verso il Tricolore.
Banale, forse, ma doveroso quando si parla di una delle stelle dell'Alcione, quella con il numero 10 sulle spalle, sinonimo da sempre di giocate, fantasia e momenti iconici, resi tali lasciando il segno quando conta di più. Un mix che risponde al curriculum di Giulio, lui che nelle ultime tre stagioni ha illuminato il Kennedy di Milano, ma a cui mancava quella coppa per incidere il proprio nome nella storia. Prima la semifinale regionale persa con l'Under 17, poi la finale nazionale della scorsa stagione persa in Toscana e infine la tanto attesa gloria, conquistata in quella che molto probabilmente è stata l'ultima partita con la sua maglia arancione.
«Noi 2005 lasceremo e andremo ognuno per la propria strada a vedere cosa ci aspetta, quindi non c'era modo migliore di concludere i cinque anni in Alcione che con la vittoria di uno Scudetto. - racconta infatti Vecchi, arrivato nel 2019 dal Cimiano, fermato come tutti dal Covid e poi ripartito verso una scalata che sì, era scritta nelle stelle - Il percorso di quest'anno è stato abbastanza simile allo scorso: abbiamo giocato contro una veneta in semifinale, abbiamo affrontato il Chieri in entrambi gli anni, quindi anche ritrovarsi qui contro una campana (la Cavese, non più il Portici) è una strana coincidenza. Ci è andata bene che l'esito è stato diverso».
E in questi casi trovare una spiegazione razionale sulle differenze non è mai facile, anche se il gol subito in pieno recupero un anno fa deve aver lasciato un segno non indifferente: «Sicuramente avevamo le spalle più larghe dopo l'esperienza dello scorso anno, poi la qualità quest'anno era molta, ma non mi sento di dire che non fosse così anche nell'ultima stagione. Alla fine abbiamo perso per una casualità, con un gol preso al terzo minuto di recupero che ci ha portato ai rigori. L'anno scorso ce la meritavamo tanto quanto quest'anno, poi il calcio è fatto di episodi, quindi un anno va bene e un anno va meno bene».
Il 2024 verrà dunque ricordato come l'anno in cui è andato tutto bene, con il secondo campionato dominato di fila e uno Scudetto - l'unico vinto dall'Alcione nelle quattro categorie che potevano toccarlo con mano, ovvero Serie D, Under 17 e Under 15 - da ricordare con il cuore: «È tutto molto bello, dopo la sconfitta dell'anno scorso non era scontato arrivare a giocare qua, ma ce l'abbiamo fatta. Da agosto a oggi abbiamo fatto secondo me un percorso bellissimo, quindi arrivare qua e vincere nello stesso campo dove abbiamo perso l'anno scorso e rivivere le emozioni all'inverso è veramente spettacolare».
Lo è stato anche per un'esultanza rimasta probabilmente in testa per un anno intero, preparata, ma impossibile da dedicare fino al triplice fischio finale. Subito dopo, il pensiero va immediatamente lì, a quella foto con la B formata con le mani ancor prima di ricevere coppa e medaglia. «È una lettera multipla. - spiega Giulio - Bianca, mia sorella, è la persona più importante della mia vita, Breno e Balde sono due dei miei migliori amici, sono essenziali, mentre Benni è la mia ragazza, mi è stata vicina durante le finali e le avevo promesso che avrei fatto la B».
Una lettera talmente speciale da essere difficile da ricondurre ad altro, ma forse è giusto così. È giusto che quelle quattro dediche restino uniche, un po' come l'impresa dell'Alcione, un po' come Vecchi, lui che a suon di dribbling, assist e gol ha fatto la storia del club milanese e, adesso, di tutta Italia.