Dilettanti
23 Dicembre 2024
DILETTANTI • La lettera
«Mio figlio non potrà più giocare a calcio, con le conseguenze che ne deriveranno a livello fisico e psicologico»: si chiude così la lettera di denuncia di un genitore per un presunto trasferimento negato al proprio figlio. Un caso nato dall'impossibilità del giocatore di prendere parte agli allenamenti dopo lo spostamento della loro sede e degli orari, non più compatibili con gli impegni scolastici. Da qui la richiesta di rescindere il contratto, o di poter cambiare squadra, e il presunto interessamento di un'altra società, con cui, però, le trattative non sarebbero andate in porto per volere del club di appartenenza.
«Egregia Redazione, le scrivo come padre di un ragazzo che sta attraversando una brutta situazione. Mio figlio, dopo una bella stagione 2023/2024 in Juniores viene promosso in prima squadra. A metà settembre purtroppo il ragazzo s'infortuna e a inizio dicembre torna disponibile, ma nel mentre la società cambia luogo e orario di allenamento, dalle 15:00 alle 14:30. Contattiamo i proprietari in quanto in questo frangente il ragazzo, che frequenta le superiori, termina scuola tutti i giorni alle 14:15 e il giovedì alle ore 15:10, dunque è impossibilitato ad andare all'allenamento, anche perché il nuovo indirizzo non è raggiungibile con nessun mezzo. - racconta così la situazione il papà - Ci siamo appellati al buonsenso della proprietà per chiedere la rescissione del contratto in modo da trovare una società di calcio che sia compatibile con gli orari scolastici e il luogo dell'allenamento, così da poter frequentare l'ultimo quadrimestre e nel contempo fare sport, ma ci è stata negata. Abbiamo chiesto dal 3 al 18 dicembre di andare in prestito in altre società che si sono fatte vive per il ragazzo, e ci è stata negata».
Tra i presunti interessamenti quello di un altro club, più accessibile a livello di luogo ed orari, che, come riportato sempre nella lettera sopracitata, «nella persona del suo Presidente era disposto a scambiare mio figlio con un altro della sua rosa, ma non hanno voluto concludere l'operazione. A quel punto gli è stato proposto di acquistare il cartellino del giocatore, ma soprattutto, parlando con il ragazzo, il Presidente aveva capito che diversamente avrebbe lasciato il calcio con dolore. Anche questa volta, però, è stato negato il trasferimento».
Oltre a ciò, il padre del giocatore denuncia che: «A mio figlio è stato risposto dal Presidente della sua squadra che è di sua proprietà, come il cartellino, e che decideva lui cosa fare e di tornare ad allenarsi. Il ragazzo ha spiegato, e anche noi come famiglia ribadito, il fatto che gli orari scolastici e il cambio di luogo di alllenamento non gli permettono di fare sport. Qui nessuno vuole venire meno al contratto sottoscritto, ma sono cambiati i presupposti, e soprattutto il ragazzo non è un oggetto e non è di proprietà del club. Una società dovrebbe costudire i ragazzi e permettere loro di fare sport, non di essere uno strumento da utilizzare a proprio piacimento e, in questo caso, a discapito del percorso scolastico. Inoltre, visto che si parla di rispettare i contratti, a mio figlio di 4 mensilità da 150 euro l'una ne è stata corrisposta solo una da 135 euro. Qui si evince che i contratti vengono rispettati solo dove vuole la società. Mio figlio non potrà più giocare a calcio, con le conseguenze che ne deriveranno a livello fisico e psicologico».