Serie D
28 Marzo 2025
SERIE D CALCIO DESENZANO • Federico Cardella
Il gol come sovversione del codice. Lo diceva Pasolini: parola poetica. Forse, la massima espressione della bellezza. Perché accarezza e travolge, perché affascina e avvolge, perché è danza nel caos e tempesta di sogni. Imprevedibile scorrere di emozioni di cui non possiamo controllarne il flusso. Veloce, lento, poi ancora veloce e, infine, imprendibile. Inesorabile felicità. Anzi: inesauribile. Il calcio è stata la missione di pochi, ma sarà il ricordo di tutti. Perché a tutti ha dato la possibilità di lottare per qualcosa. Di essere, qualcosa. E, in un certo senso, anche di esprimere la propria arte. Quindi di esprimere sé stessi. Quindi di sovvertire il codice: parola poetica. Per graffiare la tela con il tocco dei grandi: voglia di fare, di essere e di diventare. Non hanno scadenza, queste prerogative. Si cuciono su abiti eleganti, sposano animi nobili e folgorano cuori in cerca di sfida. Di desiderio. Sì: stiamo proprio parlando di Federico Cardella. Che, toccati i 31 anni, serba ancora quella fame principale alimentatrice di canti liberi, spensierati o, meglio, consapevoli. E che, giusto una domenica fa, ha messo a segno una tripletta tramortente ai danni del Club Milano. Toccando la doppia cifra in campionato (12 reti in totale, una ogni 163 minuti) e ponendo un altro mattoncino nella scalata-playoff del suo Desenzano. Ora quinto, sì, ma con mani sul podio e vista sulla cima dell’Ospitaletto, distante solo quattro punti. Fermarsi, insomma, non è concesso. Anche perché, a Federico, questa parola non piace proprio.
La nostra storia inizia nel segno di un mito. La Roma, il 10 sulle spalle, un dono da onorare e una responsabilità da tramandare. Federico vede il giallo mischiarsi con il rosso e all’improvviso scopre la magia del pallone. Lo vede rotolare su distese di verde, colore rigoglioso in cui immergersi è vita. E inizia a rincorrerlo, immaginando quanto deve essere bello crescere. Con il calcio nelle vene, con le giocate di Totti impiantate negli occhi, che al contempo grondano fantasia e ossessione. Diventare un calciatore, chi non lo ha mai sperato? Anche se solo per un, incosciente, istante? Anche se solo per un, folle, attimo che, però, dura di soppiatto un’eternità?
Allora Federico tira i primi calci. Inizia come trequartista (con il vizio per l’assist) a Pietrana, poi bazzica tra Urbetevere e Vigor Perconti. Piano piano, si sposta sugli esterni: bada alla finezza del fraseggio, viene dentro al campo, danza sulle punte e sprigiona estro. Poi, la sostanza. La stabilità: una volta spostatosi al centro dell’attacco, traveste i panni del bomber e nessuno riesce più a spogliarlo di questi tratti essenziali. Unici, tutt’ora intatti: aiutare la squadra, segnare, anteporre la manovra corale all’iniziativa singolare.
Un assaggio di provincia, dicevamo, che contribuirà a formare il percorso, a indirizzarlo verso mete precise. Costruite su misura per lui: chissà, forse un segno. Anche nelle difficoltà, anche nell’imperversare dei dubbi, anche senza la possibilità di colpire: ogni esperienza ha lasciato spunti positivi. Latina, per esempio. Ostacolo che poteva opprimere e che, invece, si è rivelato un toccasana. Lo ripete spesso, Federico: «trovare un equilibrio è la cosa più importante». È fin troppo facile cadere nelle morse del fato, farsi sradicare e divorare dalla pressione, dalle attese, dalle discese. Incassare i colpi, resistere, lavorare il doppio e sorridere, perché la vita è il rigore che non bisogna avere paura di battere. Detto, fatto: il ragazzo, una volta presa piena consapevolezza delle proprie capacità, risale la china e coglie le opportunità. Due, in particolare, gli permettono di plasmare la miglior versione di sé stesso: la Sambenedettese e la Nocerina. Nelle Marche Federico capisce quanto la testa determini il pensare e, conseguentemente, l’agire. Si tuffa in una piazza incandescente, che trasuda energia da ogni poro. E ne esce uomo, raccogliendo conquiste che, un giorno, confezioneranno ricordi intensi. Cartoline di memoria che emettono ancora il calore di un tifo mai domo, soprattutto sull’orlo del fallimento. Una condanna a morte inflitta proprio nell’anno del centenario, che però non ha assopito né assorbito la passione del popolo. La squadra si salvò con le ossa rotte da mugugni e sfottò, Cardella prende nota e non dimentica: c’è solo da imparare da queste storie di attesa e resilienza.
Attesa e resilienza. Due regole che costituiscono un vademecum. Lo legge e se lo porta dietro in ogni sua tappa: dal Riviera delle Palme si divide tra Ostiamare e Nocerina, confezionando la sua miglior stagione della carriera. Segna 20 gol in 30 presenze in Serie D e batte i suoi stessi record, rispettivamente le 19 reti messe a referto con il Ladispoli e i 16 centri in maglia Albalonga, oltre alle 14 marcature siglate tra Pineto e la stessa Sambenedettese nel 2021/2022. Tra i tanti tentativi di sfondare, anche una breve parentesi in Serie C, al Castiglione. Era giovanissimo, e mai avrebbe potuto pensare che il labirinto della vita lo avrebbe riportato in questa zona. Nelle vicinanze. Dintorni sfumati dall’acqua del Garda. E bagnati da un altro obiettivo: riconquistare la dimensione ''Pro'' con la maglia del Desenzano.
Ad accoglierlo, una famiglia. Lo dice lui stesso, fiero del percorso intrapreso. Senza rimpianti né rimorsi, ma con la solita voglia matta di raccogliere emozioni. Chissà che Desenzano non possa regalargli la Serie C: obiettivo che accomuna giocatori, staff e società. Mai come adesso un connubio solido, unito verso il traguardo. Qualunque esso sia. «Vivere il presente», ripete Cardella, per fare in modo che «il prossimo anno sia ancora più bello». Bello, come il pallone che è riuscito a portare a casa domenica scorsa, rifilando una tripletta al Club Milano che «è frutto di un lavoro di squadra» o, meglio, della sua capacità di calarsi perfettamente nelle parti che gli vengono scritturate. Umile e ammodo, faro e guida. Ad alcuni giocatori non serve alzare la voce, del resto: basta toccare le corde giuste per farsi ascoltare, capire e apprezzare. Federico è uno di questi, e continuerà ad esserlo. Puro, genuino, semplice. Insomma: una spanna sopra gli altri.