Promozione
26 Aprile 2025
PROMOZIONE POZZUOLO • Adelio Brivio, leggenda del dilettantismo italiano e oggi direttore tecnico del Pozzuolo, ritratto in una vecchia foto ai tempi dell'AS COLOGNO
Delle figurine, vecchie foto ricordo, ritagli di giornale che profumano di calcio e passato glorioso, facendoti visualizzare una splendida distesa verde. Allora il sintetico in Italia non era ancora arrivato e i campi erano circondati da tribune, gremite da spettatori che trasudavano una passione e una carica agonistica che oggi molto spesso purtroppo manca. Figlio d'un calcio d'altri tempi, dove «si giocava negli oratori e nelle strade, o semplicemente nei cortili di casa perché non c'erano le categorie pre-agonistiche». Un pallone sgualcito, un'era in cui più che alle scivolate dei difensori dovevi stare attento ai sassi e alle buche disseminate per strada per evitare di rimediare dolorose slogature. Che giocare in queste condizioni fosse però il modo migliore per diventare un grande giocatore lo aveva capito anche una leggenda come Johan Cruyff, che quando divenne allenatore dell'Ajax prima e del Barcellona poi dichiarò di portare i suoi giocatori in strada per farli migliorare sulla tecnica e il controllo di palla. Ci troviamo a Cologno Monzese, nei primi anni '50: tra tutti i ragazzini ce n'è uno in particolare che colpisce gli osservatori che di tanto in tanto girano tra le vie del paese a caccia di piccoli talenti per le loro squadre. Ha tutto: tecnica, dribbling, senso del gol. Si chiama Adelio Brivio e un giorno verrà avvicinato da un dirigente del Cologno :«Ragazzo, sei forte. Ti andrebbe di fare un provino per i nostri Allievi?». La risposta e l'esito del provino potete solo immaginarli: da quel giorno inizierà una delle più belle storie d'amore che avranno per protagonista un ragazzo fattosi uomo sempre nel segno del suo indissolubile amore con per il suo inseparabile pallone.
Aurelio Brivio da giovane con la maglia della Trevigliese
Giocatore duttile, capace di ricoprire ogni ruolo dell'attacco, al contempo eclettico e fantasioso: Brivio nasceva come esterno offensivo di destra, in grado di agire all'occorrenza come sotto punta. Il punto forte? Una certa predisposizione per il gol. Dopo aver segnato valanghe di reti con le formazioni giovanili, per Brivio si apriranno le porte della Prima Squadra. Una grande soddisfazione, condita dai primi successi, anche se il salto da una formazione giovanile al mondo dei grandi può nascondere inizialmente qualche insidia, come da lui stesso dichiarato: «A 19 anni fui inserito nella rosa della Prima Squadra, che ai tempi militava in Promozione, allora l'ultima categoria prima del professionismo. Faticavo a trovare spazio, perciò l'anno successivo ho scelto di giocare in terza categoria con alcuni amici. Segnai 20 gol, fu una grande stagione a livello personale». Partito l'anno successivo per svolgere la leva militare a Pesaro, tra esercitazioni atletiche e di sparo Brivio troverà però sempre il tempo per dedicarsi al calcio: nonostante l'assenza dai campi di gioco, il tocco e la classe sono rimaste intatte tanto che il commissario della caserma, dirigente di una società calcistica nella zona di Urbino, rimarrà folgorato dalle sue qualità. «Mi trasferii in Umbria e giocai il campionato di Seconda Categoria con una squadra locale. Realizzai 19 gol poi l'anno successivo sono tornato a giocare col mio Cologno in Promozione».
Una formazione del Cologno ai tempi della Promozione, con Brivio capitano gialloverde.
Dopo una prima fase di adattamento, Brivio riesce finalmente a trovare la sua dimensione e diventerà da allora un punto fermo della formazione gialloverde, che dopo la retrocessione del secondo anno in Prima Categoria sarà subito ricondotta in Promozione a suon di reti. Saranno in totale 62 quelle della prima esperienza coi milanesi, spalmate su 5 annate complessive: numeri importanti, che gli varranno la chiamata della Trevigliese. «Eravamo una squadra fortissima, vincemmo il campionato guidati da un grandissimo allenatore come Nado Bonaldi -ricorda emozionato Brivio, che poi aggiunge - Siamo dunque approdati nel Campionato Nazionale Dilettanti (l'equivalente dell'odierna Serie D, ndr) e arrivammo quinti e in semifinale di Coppa Italia di categoria». Dopo due annate alla Tritium con 17 reti, il cerchio da giocatore si chiude: Brivio tornerà nella sua Cologno, contribuendo attivamente alla salvezza con 7 reti e rifiutando le proposte di diverse formazioni locali per continuare a portare in alto il nome della sua città natale.
Le gesta della Trevigliese di Brivio raccontate sull'Eco di Bergamo da Leonardo Varazzi
Tanti successi da calciatore, ma un corpo che comincia a non reggere più i ritmi di un tempo: a malincuore, Brivio è costretto a dire addio alla sua carriera da calciatore, ma questo non significa che il suo legame col mondo del calcio si sia esaurito, anzi. «A 34 anni smetto di giocare soprattutto per problemi fisici e inizia la mia carriera da allenatore a Cologno, Il primo anno aiuto l'allenatore della Prima Squadra nella preparazione dei portieri, poi comincerò il mio percorso da allenatore con la squadra degli esordienti, raccogliendo già al primo anno grandissime soddisfazioni. Con loro abbiamo vinto il campionato senza mai perdere una partita». È presto detto: Brivio comincerà già subito a macinare successi su successi, tra cui la salvezza con i giovanissimi regionali dei gialloverdi, di un anno più giovani rispetto agli avversari, e la vittoria del campionato Juniores regionale con la formazione Under 19: soddisfazioni che non dovrebbero sorprenderci, perché già in campo Adelio sapeva capire il gioco prima di tutti gli altri, mostrando già quella capacità di scelta propria di ogni tecnico di caratura. I trionfi e la sua idea di calcio moderna, una sintesi di innovazione e tradizione, ci mettono ben poco ad interessare ai numerosi dirigenti e addetti ai lavori che nell'estate del '92 si mettono sulle sue tracce: quell'anno Brivio comincerà la sua esperienza come allenatore di una Prima Squadra e, sulla panchina del Bellusco, scriverà un'impresa difficilmente ripetibile. «Sono arrivato da loro che la squadra era in Prima Categoria. In due anni abbiamo fatto una bellissima cavalcata, vincendo il campionato e ripetendoci anche l'anno dopo in Promozione. Al primo anno di Eccellenza abbiamo invece sfiorato la D, chiudendo il campionato al terzo posto». Più sfortunata la stagione seguente, dove la formazione lombarda terminerà settima: Brivio lascerà Bellusco, acquisendo un bagaglio di conoscenze nuovo e la consapevolezza di poter continuare a fare bene anche altrove. Cominciata la stagione successiva ai box, Brivio sarà presto contattato dal Carugate, altra formazione imprescindibile per poter meglio comprendere la sua straordinaria ascesa da allenatore: «Sono arrivato dopo 6 giornate di campionato, la squadra era ultima in classifica. Li ho condotti al quinto posto e anche l'anno successivo siamo andati vicini alla promozione in Eccellenza, conquistando il gradino più basso del podio». E sarà proprio la stagione 97-98 quella in cui Brivio opererà una modifica al suo modulo. Allenatore pragmatico, capace da sempre di ottenere il massimo dai giocatori a sua disposizione, Adelio passerà da un compatto 3-5-2 a un offensivo e frizzante 4-3-3, modulo che lo accompagnerà anche negli anni successivi.
Dopo una fugace esperienza alla Tritium, con cui chiuderà terzo in Promozione, Brivio legherà il suo nome soprattutto a Tribiano e Cinisello: «Ho portato i primi dalla Prima Categoria all'Eccellenza, mentre coi rossoblù ho vinto la Prima Categoria, ottenendo una salvezza tranquilla l'anno successivo. Sono tornato poi a Cologno e Bellusco ottenendo piazzamenti importanti, per poi accasarmi nuovamente a Tribiano, con cui abbiamo vinto la Promozione nel 2008-2009».
Ad attendere Brivio c'è ora l'ambizioso Real Milano di Vimodrone, desideroso di raggiungere una storica promozione in Eccellenza. E se per costruire una casa bisogna partire dalle fondamenta, per dar vita ad un nuovo progetto è necessario scegliere prima di tutto la guida tecnica, trovando una figura di esperienza, con diversi campionati vinti alle spalle, ma soprattutto che disponga di doti umane non comuni, in grado di dare fiducia e serenità ad un nuovo ambiente. Tutte caratteristiche che non possiamo che ritrovare in Adelio Brivio, capace in soli due anni di riscrivere la storia della formazione rossoblù: «Sono arrivato al Real Milano nell'estate 2011 e siamo subito riusciti a vincere il campionato di Promozione. A fine anno ho lasciato la panchina, ma dopo 9 giornate di Eccellenza la società mi ha richiamato visto che la squadra era ultima in classifica con soli 3 punti conquistati: sono tornato e ci siamo salvati, traguardo conseguito anche l'anno successivo». Persona, prima ancora che allenatore, capace di lasciare il suo indelebile marchio in ogni società in cui è stato: così come aveva fatto le fortune del Tribiano alla fine del secolo scorso, trasformandolo da realtà semi-sconosciuta ad ambiente profondamente radicato nel mondo del dilettantismo, Brivio è riuscito a fare lo stesso con il Real Milano, infondendo nell'ambiente la sua idea di calcio ed instillando nel club quel DNA vincente che nel giro di 3 anni ha portato al conseguimento di successi ed emozioni difficilmente scordabili.
Conclusa la favola Real Milano, Brivio, pur non dicendo definitivamente addio alla panchina, comincerà a svolgere anche e soprattutto ruoli dirigenziali e di coordinamento: tra il 2014 e il 2017 Adelio tornerà infatti a Tribiano, quel club in cui aveva scritto memorabili pagine calcistiche e non solo, ricoprendo il ruolo di direttore sportivo. Tuttavia, alla fine della stagione 2016-2017, con l'obiettivo play-off a rischio, nelle ultime cinque giornate di campionato sarà chiamato in via straordinaria anche alla conduzione tecnica della squadra, come da lui stesso raccontato: «Eravamo quinti, ho portato la squadra sino al secondo posto, valido per la qualificazione ai play-off, dove abbiamo perso le finali regionali. Anche l'anno successivo siamo arrivati secondi, perdendo anche in questo caso l'ultimo atto, questa volta contro la Paullese». Un risultato che lascia una grande amarezza, una cocente delusione giunta dopo l'ennesima prodezza di un allenatore che anche a quasi 70 anni è stato capace di mettersi in discussione, accettare una nuova sfida e rimettersi in gioco dopo 3 anni. Fortunatamente, però, i frenetici ritmi del calcio lasciano poco tempo per rimuginare e rammaricarsi per una sconfitta e in quell'ormai lontana estate del 2018 Brivio accetterà di ricoprire l'incarico di direttore tecnico a Pozzuolo, squadra all'epoca militante in Seconda Categoria: probabilmente, ai tempi, né lui né il presidente Varischi, il primo a voler portare l'esperienza, il carisma e i valori che Adelio incarna in bianconero, ad immaginare quello che si sarebbe conquistato nei successivi 7 anni.
Adelio Brivio ai tempi del Tribiano
«Al presidente ho sempre riconosciuto la capacità di essere un visionario. Raramente nei miei lunghi trascorsi calcistici ho incontrato presidenti che sapessero anticipare i tempi della società in questo modo». Parole dal significato profondo ed inequivocabile, un attestato di stima sincero che smuove le corde più profonde dell'anima, fiducia reciproca tra due uomini di valore e valori. Brivio non nasconde un sorriso e commozione nel ricordare come cominciò la trattativa che di lì a poco lo avrebbe portato in una piccola realtà della Martesana, allora avulsa al mondo del calcio dilettantistico che conta: anche quando navigava senza particolari pretese nei bassifondi della piramide calcistica italiana, Pierluigi Varischi non ha mai perso l'ambizione e la fiducia che un giorno Piazzale Nenni, sede del mercato e fulcro della vita del piccolo centro abitato, potesse diventare anche un piccolo «Theatre of Dreams», come la leggenda del Manchester United Sir Bobby Charlton soleva definire il suo Old Trafford negli anni 60, dove il portone d'accesso allo stadio è ciò che separa realtà e sogno, che rende possibile ciò che il cuore e la mente un tempo potevano soltanto fantasticare. Così come a Cesare va a dato ciò che gli spetta, Brivio merita una società organizzata, precisa in ogni suo aspetto, un progetto ambizioso ma allo stesso tempo pragmatico e vincente, quale Pozzuolo è, grazie allo straordinario lavoro svolto negli anni dal già citato Pierluigi Varischi e dal resto della dirigenza, i fratelli Gianluca e Fabrizio Angelucci su tutti. Già quando era in Seconda Categoria, Pozzuolo dimostrava già una ripartizione del lavoro e una chiarezza nell'assegnazione dei ruoli a dir poco sorprendente, con un centro sportivo ben costruito e facilmente accessibile, settore giovanile all'avanguardia, dai Pulcini alla Juniores, e la presenza di figure serie, preparate e con passione, capaci di crescere giovani di spessore prima ancora che sportivi. Del resto, è lo stesso Brivio a spiegare un altro dei motivi che lo ha spinto a trasferirsi in bianconero: «Per me Pozzuolo rappresenta tanto, quando Varischi mi ha contattato non ho guardato alla categoria ma al progetto». Il resto è storia: negli ultimi anni i bianconeri si sono resi protagonisti di un'inarrestabile ascesa, culminata con il successo nei play-off di Prima Categoria, in quel ormai leggendario 11 giugno 2023 in cui il Pozzuolo sconfisse per 3-1 il San Biagio, e proseguita con due importanti salvezze nelle successive stagioni in Promozione: «Pozzuolo ha avuto e ha ancora oggi degli ottimi allenatori e vorrei ricordare Andrea Galimberti e Andrea Sottocorno per lo straordinario lavoro che sono riusciti a fare con la Prima Squadra».
Più volte ci siamo interrogati e abbiamo riflettuto sul significato della parola vincente: «Ho sempre sostenuto che il concetto di vincente andasse al di là del semplice regalare trofei e successi alla società (cosa che Brivio ha puntualmente fatto nei suoi lunghi trascorsi da allenatore a calciatore) ma che celasse al suo interno qualcosa di più profondo». Tagliare il traguardo per primi è certamente impresa ardua e complessa, arrivare alle persone lo è certamente di più. In ogni società in cui è andato, Brivio ha saputo farsi amare, come uomo che come tecnico e non di rado lo si vede dopo le partite intrattenersi con giocatori, allenatori e dirigenti avversari, colleghi ed ex compagni di squadra, alcuni amici di una vita. Del resto, basta vedere la gioia, la fierezza e la commozione di cui parla dei suoi trascorsi e dei ragazzi che in questi anni ha cresciuto per capire tutto ciò che Brivio ha rappresentato e continua ancora oggi a rappresentare per il calcio, capace in queste ore di chiacchierata di aprire nuovi orizzonti, rievocare ricordi, scenari e imprese lontane, spiegare il suo modo di giocare con semplicità e convinzione: un'autentica leggenda, il protagonista migliore di una storia commovente da far conoscere e tramandare ai posteri e a tutti gli amanti presenti e futuri di questo magnifico sport.