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Serie D

Fino alle stelle! Il Campione del Mondo prende la squadra sul fondo e compie un miracolo

Marco Amelia subentra in corsa sulla panchina della Nuova Sondrio e porta a termine la missione salvezza

Marco Amelia, Nuova Sondrio

SERIE D NUOVA SONDRIO • Marco Amelia

Onore a chi sa reinventarsi. A chi ha il coraggio di guardare oltre i propri confini, per raggiungere nuovi orizzonti. A chi ha il coraggio di mollare tutto e partire, per ripartire. A chi ha il coraggio di andare lontano, se necessario, per realizzarsi. Per ritrovarsi. Per riscattarsi. Per dirsi davvero felice. Onore a chi ha l'umiltà di fare un passo indietro. A chi persevera nel silenzio. A chi si riscopre grande. A chi sa arrivare al cuore della gente, mantenendo intatta la propria purezza. Onore, insomma, a Marco Amelia. All'uomo, al calciatore che è stato e all'allenatore che impara giorno dopo giorno ad essere. E onore alla sua Nuova Sondrio, che ci ha fatto innamorare delle favole: scorrere per credere.

LA SERIE A, IL 2006 E UNA NUOVA VOCAZIONE: LA PANCHINA

Prima di mettersi i guantoni, Marco si divertiva a segnare. Sempre con un comune denominatore: farsi trovare pronto. Che sia nella solitudine di due pali e una traversa o nei pressi della gloria, desideri giovanili inseguiti sul verde di Frascati o responsabilità adulte difese a denti stretti nei migliori stadi d’Italia: la missione di Amelia non è mai cambiata. Poi, è storia nota, il calcio gli ha offerto la maglia numero uno. E, come ben sappiamo, non l’ha più abbandonata. Da Roma fino a Londra (sotto Mourinho e Hiddink), passando per il Mondo: tra i 23 eroi del 2006, c’è anche il suo nome. Figlio di una Serie A lontana, diviso tra il Genoa di Gasperini e il Livorno di Carletto Mazzone (a cui si dice particolarmente legato, ed è facile immaginarne il perché). Senza dimenticare le carezze di Palermo e le frenetiche vie della Milano rossonera, dove, da dodicesimo uomo, ha conquistato uno scudetto e una Supercoppa agli ordini di uno dei suoi tanti mentori. Quel Massimiliano Allegri che, in un modo o nell’altro, ha anch’esso contribuito, insieme agli altri, a plasmarne il credo da allenatore. Una vocazione, l’area tecnica, costruita in spogliatoio «il mio ruolo mi imponeva di conoscere pienamente le idee dei miei allenatori per aiutare i compagni» e in seguito coltivata, rifinita ed elevata nel tempo. Come? Con la presenza, l’esserci sempre, la fame di raggiungere. Con una parola detta bene, con il pugno duro per motivare e le carezze per compattare, con una pacca sulla spalla nel buio per sormontare, insieme, gli ostacoli. Insomma: tutto quello che, a conti fatti, serviva alla Nuova Sondrio. La piazza che, più delle altre, ha permesso ad Amelia, che ricorda positivamente tutte le sue esperienze, anche le più complesse, di lasciare ben impresso il suo marchio. Del resto, a Marco è sempre piaciuto farsi trovare pronto. Nel posto giusto, al momento giusto.

L'APPRODO A SONDRIO E LA RINCORSA-SALVEZZA

Perché la squadra, a inizio anno, arrancava pericolosamente nei bassifondi della Serie D. Alla terribile ricerca di certezze, dopo la splendida cavalcata-promozione della stagione precedente. Ma il salto di categoria, si sa, comporta oneri maggiori. E, quantomeno in avvio, i valtellinesi sembrano non avere i mezzi per rispettarne le clausole. Lo dice il campo, e gli bastano solo dieci partite per emettere una prima sentenza, perché la Nuova Sondrio racimola solo due vittorie e tre pareggi agli ordini di Alessio Bifini. Tecnico che, in seguito alla batosta interna (0-4) incassata contro il Vigasio, lascia la panchina. Inizia così un periodo di ulteriore apnea: gli azzurri restano per un mese senza faro. Un buco parzialmente colmato dal regno ad interim di Tommaso Del Nero, che permette al club di riassestarsi parzialmente. È troppo poco.

Nel frattempo, dietro le quinte, pullulano idee. Il DS Salvadori alza cornette, risponde a messaggi, ascolta voci, propositi e visioni del calcio di varia fattura. Poi, il lampo. Un colpo di fulmine, anzi: un vero e proprio chiodo fisso. Perché, nella sua lista di papabili, sono ben cerchiati in rosso un nome, un cognome e una storia da raccontare. Marco Amelia. È il 13 dicembre. È l’inizio di un rapporto simbiotico, di totale adesione, di pieno coinvolgimento e di completa fiducia reciproca. È, insomma, l’inizio di un qualcosa di grande. Inevitabile, quando percepisci fin da subito la vicinanza della società. A testimonianza di come l’unità d’intenti sia davvero motore delle imprese più belle: «Mi ha convinto a sposare il progetto lo stesso Salvadori, corteggiandomi per più di un mese e parlandomi di calcio come pochi altri in queste categorie. Ho scelto Sondrio per lui», racconta Amelia. Che accetta prontamente la sfida, conscio dei rischi e al contempo consapevole di quello che serve alla squadra per macinare risultati: «io voglio sempre praticare un calcio efficace, che porti ad ottenere il meglio. Ma questo passa anche attraverso il saper soffrire, il sapersi difendere bene e il saper gestire le risorse a disposizione, impostando la settimana in base alle situazioni di partita e adattando i giocatori nelle posizioni in cui possono rendere al massimo». Il suo lavoro ha mire ambiziose e dietro «c’è una grande qualità quotidiana»: salvarsi è l’obiettivo, forgiare un percorso è la missione perseguita e condivisa per cercare di rendere il Sondrio (a dispetto di un budget volutamente limitato) una squadra migliore. Sfacciata, matura e ostinata. Contro tutto e tutti.

Non solo. Perché Amelia cerca di entrare fin da subito nella testa dei giocatori, attingendo dal suo stesso vissuto sul campo per trasmettere loro valori e prerogative fondamentali. Imprescindibili a certi livelli, come ama ripetere. Nascono lì, del resto, sogni e responsabilità. Lì dove ragione e istinto si scontrano, generando desiderio. Si parte dalle camere della psiche, si arriva direttamente sul manto erboso. Lì, dove ogni sforzo assume senso. Dove ogni sessione di allenamento va ripagata con gli interessi. Nessuna attenuante. Detto, fatto: i valtellinesi risalgono progressivamente la china. Collezionando punti pesanti e raccogliendo, un chilometro alla volta, anche scalpi prestigiosi. Il tutto nonostante una partenza in salita, complice i tre pareggi e i quattro ko incassati nelle prime sette uscite. Ma la Nuova Sondrio è finalmente squadra viva. E trasformerà ben presto rabbia e attesa in energia, in adrenalina, in piccole dimostrazioni di forza. Specialmente nella sconfitta. Una, in particolare: la rimonta subìta tra le mura amiche contro il Club Milano. Non la mazzata definitiva; al contrario, il tasto click che ha aperto una striscia di risultati positivi e di prestazioni viavai disinvolte.

Parola ad Amelia: «La partita che sicuramente ha sbloccato la squadra è stata la sconfitta in casa con il Club Milano, una partita gestita molto bene e che stavamo vincendo 1-0: abbiamo perso 2-1 nei minuti di recupero. Nelle partite precedenti avevo rimproverato i ragazzi di non interpretare ancora le partite come venivano preparate, ma quella domenica avevamo fatto tutti alla perfezione. Ho detto loro che ci saremmo salvati, e anche bene». Tocca fidarsi: il bello deve ancora venire. Perché tre giorni dopo la Nuova Sondrio sbarca sul pianeta Ospitaletto, la corazzata del girone B. Ma non trema, anzi: combatte. E piega Golia, armato di spensieratezza e tanto cuore. Amelia ne era convinto e il calcio, ancora una volta, gli ha dato ragione: sì, tocca davvero fidarsi di lui. La strada, adesso, è spianata: i tri-stellati possono battere chiunque. Hanno raggiunto l’apice, non ne hanno abbastanza e, in 12 partite di puro orgoglio, alimentano il fuoco del riscatto. Ribaltando completamente la rincorsa-salvezza, la sorte avversa e tutte le difficoltà incontrate strada facendo. La squadra, infatti, confeziona 26 punti, ridistribuiti in 7 vittorie e 5 pareggi, fregiandosi di successi ai danni di Casatese Merate e Varesina. Quest’ultima, la conquista che ha sancito ufficialmente la permanenza in Serie D, incamerata addirittura con 90 minuti di anticipo sulla fine del campionato. Il sigillo più bello, per una rimonta da capolavoro del cinema: parlano i numeri. Nel corso della gestione-Amelia, la Nuova Sondrio ha racimolato 29 dei 47 punti totali registrati a fine anno, proponendo un calcio identitarioriconoscibile, che lo stesso tecnico definisce «efficace, intenso e concreto», nonché estremamente solido: emblematici, in tal senso, i 9 clean sheets (14 totali) agguantati nel solo girone di ritorno.

TRASCINATORI E UN REBUS DA RISOLVERE: IL FUTURO

Merito soprattutto di un parco giocatori che, oggi – e Amelia non fatica a dirlo - «è migliore di prima, se non di categoria superiore». Con tanti talenti che, secondo il classe ’82, hanno le capacità per confrontarsi con tassi tecnici più elevati, come i giovani Chillemi, Infantino e D’Alpaos, oltre a Badjie, Belecco e Boschetti. «Ma il giocatore che più ci ha trascinato è il nostro capitano, Guillermo Busto: spostato vicino alla porta, nonostante i 30 anni, ha sfornato gol e assist come fosse un ragazzino, facendoci capire che si può sempre migliorare». Migliorare: un obiettivo che Marco rincorre giorno per giorno. Nonostante il suo futuro a Sondrio sia ancora un rebus«Al momento per il prossimo anno è tutto in stand-by, la società sta portando avanti una programmazione sana sapendo perfettamente che l’anno prossimo sarà ancora più difficile. Vedremo se dopo aver valutato ogni cosa porteremo avanti insieme questo progetto che ha visto rinascere il club quattro anni fa e lo ha visto con tanta velocità risalire dalla Promozione fino alla serie D».

Parallelamente, non gli mancano le idee in ottica-domani: per Amelia, la Nuova Sondrio deve ripartire da sé«Se dovessi pensare al Sondrio del prossimo anno vorrei una squadra che continui a seguire dei principi di calcio che ci hanno permesso di fare un girone di ritorno da protagonisti. Confermerei ogni singolo giocatore, anche quelli che hanno giocato meno ma che sono stati importantissimi nel quotidiano e negli allenamenti, andando sempre al massimo. La cosa principale sarà capire chi resterà per poi andare a sostituire. Inoltre, dovremmo di sicuro aggiungere dei ragazzi giovani 2007 e 2006 per quello che impone la categoria». Con queste premesse, il rapporto ha tutto il necessario per essere prolungato oltre il tempo. In attesa di sviluppi, però, è tempo di tirare le somme. Del resto, alle emozioni non si comanda. E Sondrio, grazie al condottiero di Frascati, ne ha vissute molte, seppur condensate nella descrizione di un attimo. Tanto dal rendere indolore qualsiasi scenario. Perché il lavoro di Amelia, comunque vada, ha lasciato un segno. E, ne siamo certi, sarà ricordato

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