Politica sportiva
03 Luglio 2025
Chi mangia e chi beve e chi invece mette mani al portafogli, avanti così, distruggiamo quel poco che resta del calcio italiano
A pochi giorni dall’apertura delle iscrizioni ai campionati regionali e provinciali della stagione 2025-2026, è arrivata l’ennesima umiliazione per il calcio dilettantistico: l’aumento generalizzato dei costi di iscrizione, comunicato in sordina e con tempistiche quasi offensive per le centinaia di società che ogni anno tengono in vita lo sport di base.
Non un annuncio, non una spiegazione pubblica. Sotto le due tabelle a confronto – quella dello scorso anno e quella appena diffusa per la stagione imminente – che raccontano l’ennesimo salasso: dal campionato di Eccellenza alla Terza Categoria, passando per il calcio giovanile e quello femminile, tutti i campionati registrano rincari che oscillano tra il 5 e il 15%.
Un esempio su tutti: l’iscrizione al campionato di Eccellenza maschile passa da una forbice di 2.500-3.000 euro a 2.750-3.500 euro. Aumenti netti anche in Promozione (da 1.900-2.400 a 2.100-2.650), Prima Categoria (fino a 200 euro in più), e Seconda Categoria, che sfonda i 1.350 euro di tetto massimo.
Le cifre, per chi guarda solo la punta dell’iceberg, possono sembrare contenute. Ma per una piccola società dilettantistica, che si regge su sponsor locali e contributi volontari, ogni euro è pesante. A maggior ragione in un contesto in cui tutto, dagli affitti dei campi alle trasferte, è aumentato.
E non si salva nemmeno il calcio giovanile. Il campionato regionale Juniores Under 19, ad esempio, sale da 800 a 900 euro. Il campionato provinciale Juniores Under 19 da 500-700 a 610-700 euro. Un rincaro mascherato, perché il minimo aumenta mentre il massimo resta fermo, ma che nella pratica si traduce in un aumento reale e generalizzato.
Assurda anche la logica dei rincari nelle categorie "minori", dove l’incremento colpisce in modo ancora più spietato. Il campionato di Terza Categoria, l’ultimo gradino del calcio federale, aumenta fino a 800 euro contro i 700 euro dello scorso anno. Stesso discorso per l’Under 21 e l’Under 19, mentre il calcio Over 30 e Over 35 – che già esclude le spese arbitrali – vede piccoli ma simbolici aumenti.
Il calcio a 5 non viene risparmiato: la Serie “C-C1” maschile passa da 600-700 euro a 630-750, e il settore femminile subisce rincari su quasi tutte le categorie, dalla Serie D alla C femminile.
A guidare questo meccanismo ci sono il presidente della Lega Nazionale Dilettanti Giancarlo Abete e il vicepresidente vicario Christian Mossino. Il via libera agli aumenti è arrivato con un voto quasi unanime da parte di tutti i presidenti regionali, ulteriore conferma che, nei vertici del calcio dilettantistico, lo sport viene ormai visto come una voce di bilancio da spremere, più che un bene comune da difendere.
Ma le responsabilità non sono solo ai vertici. Anche le società e i loro presidenti, che continuano a sostenere e rivotare questi dirigenti, non possono chiamarsi fuori. Perché poi sono loro stessi, di fronte agli aumenti imposti dall’alto, a scaricare i costi su tesserati e famiglie, trovando nell’aumento delle iscrizioni federali il perfetto pretesto per alzare le quote di partecipazione.
E alla fine si torna sempre lì: le famiglie spremute, i genitori che devono sborsare di più per far giocare i figli, i ragazzi che rischiano di restare fuori perché il calcio – quello che dovrebbe essere di tutti – diventa sempre più elitario, sempre più costoso, sempre più lontano dallo spirito popolare che lo ha reso grande.
Questa non è solo una stangata estiva. È una fotografia impietosa di un sistema che ha smarrito la sua missione originaria e che continua, anno dopo anno, a scaricare i costi sulle spalle più fragili. Nessuno escluso.