Arbitri
06 Luglio 2025
FOTO DI ARCHIVIO • Cartellino giallo della CGIL al neo presidente Antonio Zappi
È durata appena due mesi la fase embrionale della nuova sezione Arbitri del sindacato SLC-CGIL, che già si trova a fronteggiare il primo caso concreto di tutela sindacale. I protagonisti sono due assistenti arbitrali, Edoardo Raspollini e Marco D’Ascanio, esclusi dai quadri della Commissione Arbitri Nazionale (CAN) e oggi sostenuti formalmente dal Coordinamento Nazionale Arbitri del sindacato, che ha scritto al presidente dell’AIA, Antonio Zappi, chiedendone il reintegro.
A rendere ancora più significativo il caso è la cornice in cui si colloca: il 6 maggio scorso, la segretaria nazionale Sabina Di Marco e il segretario generale Riccardo Saccone avevano annunciato la nascita della sezione arbitri all’interno del sindacato dei lavoratori della comunicazione (SLC-CGIL), con l’obiettivo di garantire finalmente “un lavoro sicuro, dignitoso e regolamentato a tutti gli arbitri, a partire dai più giovani”.
Nonostante il riconoscimento dell’arbitro come lavoratore nel D.Lgs. 36/2021, infatti, molte delle tutele fondamentali restano assenti: copertura previdenziale e assicurativa, protezione legale, compensi minimi, contrattualizzazione. Un vuoto normativo che produce precarietà strutturale e lascia scoperte figure sempre più esposte a rischi fisici, verbali e professionali.
Il primo banco di prova concreto per la neonata sezione sindacale è arrivato nei giorni scorsi, con la decisione della CAN di non confermare Raspollini e D’Ascanio nei quadri arbitrali per la prossima stagione. Secondo quanto riferisce il comunicato sindacale diffuso oggi, la loro esclusione sarebbe una conseguenza indiretta delle dimissioni, avvenute all’ultimo momento, di due altri assistenti arbitrali di vertice – Ciro Carbone e Alessandro Giallatini – che hanno lasciato vacanti le rispettive posizioni. A quel punto, nel rimaneggiamento finale dei quadri, Raspollini e D’Ascanio si sono ritrovati fuori.
Una scelta definita dal sindacato “da rivedere”, non solo per motivi di merito – entrambi gli assistenti risultano da anni inseriti nei quadri nazionali e stimati per la loro professionalità – ma anche per un principio generale di correttezza. In una lettera ufficiale indirizzata ad Antonio Zappi, firmata dai rappresentanti del coordinamento Duccio Baglioni e Giuseppe Fonisto, si sottolinea che “il reintegro non comporterebbe costi aggiuntivi” e permetterebbe anzi di “preservare l’organico come stabilito dalla normativa vigente”.
La lettera insiste su un punto cruciale: “La tutela del lavoro non può essere lasciata al caso o subordinata a motivazioni che rischiano di compromettere la dignità e la stabilità occupazionale di chi, come gli arbitri, svolge un’attività di grande responsabilità e complessità”. La questione, in questo senso, supera il singolo caso: si tratta di affermare un principio e un metodo, di introdurre anche nel mondo arbitrale quei criteri di trasparenza e garanzia propri di altri settori lavorativi.
A sostegno di questa linea, la SLC-CGIL cita l’articolo 33 della Costituzione, che riconosce il valore educativo e sociale dello sport. Una base giuridica, più che simbolica, per avanzare rivendicazioni come compensi minimi, tutele assicurative, riconoscimento formale dell’attività arbitrale come “lavoro a tutti gli effetti”, oltre a percorsi di formazione continua.
“È tempo che chi fa rispettare le regole le veda finalmente riconosciute”, avevano dichiarato Di Marco e Saccone nel comunicato del 6 maggio, indicando un cambio di passo necessario. Oggi, la prima azione concreta del Coordinamento Arbitri va proprio in quella direzione: un intervento in favore di due tesserati che rivendicano un diritto, ma anche la prova che il sindacato non intende limitarsi ai proclami.
Non è ancora dato sapere se l’AIA accoglierà la richiesta di reintegro. Ma è certo che il caso Raspollini-D’Ascanio ha già un valore politico: segna l’ingresso ufficiale della rappresentanza sindacale nel mondo arbitrale italiano. Un mondo che, sino ad oggi, è rimasto ai margini del dibattito sui diritti del lavoro.