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Ha affrontato il Bayern e il primo grande PSG, ma non è ancora sazio: l'esperto difensore è ripartito dalla Promozione

Fallou Diagne, il giramondo per eccellenza, ha da poco raggiunto l'Italia. Precisamente, l'Almé

Fallou Diagne, difensore dell'Almé

Almé, PROMOZIONE: Fallou Diagne

C’è chi resta e c’è chi va, «in questo girotondo d’anime» che è il calcio. Covo di imprese e di relative conquiste, ma soprattutto porto sicuro per cuori in cerca di vita. E di storie. Storie da scartare e tramandare direttamente alla grandezza, che tende le sue braccia, apre le sue porte e aguzza il suo udito. Tra ciò che è stato e quel che deve ancora essere. Tra ricordi che battono e orizzonti che chiamano. Perché «questo girotondo d’anime» disegna cerchi immensi, sì, ma poi…ritorna sempre. Senza mai fermarsi. Proprio come il viaggio di Fallou Diagne. Che ha reso il suo quotidiano un continuo scoprirsi, girando il mondo a testa alta. Accompagnato dalla magia di un pallone, da una passione incontrollata e da un solo, forte, desiderio: regalarsi sorrisi. Da Dakar fino a Metz, toccando Brema, Konya e Chennai, arrivando fino a Scutari. Poi, d’un tratto, una sterzata tricolore: l’Italia. Bergamo. L’Almé. Una sfida inedita: la Promozione. E il conseguente inizio di un nuovo giorno, con l’esatto scoccare delle 36 primavere. Averne abbastanza? Non rientra nei parametri. Né di chi resta, né di chi va, né tantomeno del roccioso centrale senegalese. Altrimenti tutto il percorso perderebbe il suo senso insito. Ossia: la fame di traguardi.

SCAMPOLI DI FRANCIA E QUEI FACCIA A FACCIA CON IL BAYERN…

Dakar. Caldo intenso e ventate di speranza. Quelle che, lì e nei dintorni, si rincorrono spesso su ruote. Due e all’occorrenza quattro, esattamente come richiede il rally raid più famoso al mondo. Sono strade che tanti vagliano, che tutti sognano, che pochi raggiungono. Ma esistono cammini ancor più floridi, là fuori. Seppur meno esposti, seppur meno certi. Lontano da velocità estreme, infatti, c’è chi ancora conserva la virtù dei forti. La calma, la fermezza delle scelte. Costruendovi attorno certezze e, logica conseguenza, anche chilometri. Con passo accorto, con occhi grondanti forme sferiche, con tanta consapevolezza nel serbatoio. È la storia di Fallou Diagne. Un ragazzo che, nel suo piccolo angolo di cielo, semina solo calcio. E raccoglie bellezza. Esclusivamente bellezza. Pur restando fuori dal tempo: non gareggia insieme agli altri. Bensì, sfida sé stesso, e i suoi limiti. Sempre palla al piede. Sulla falsariga di chi non molla. Motori diversi, diversa cilindrata, stessa benzina: lo sport. Principio che la famiglia - composta da soli giocatori, zio compreso - gli inietta sin dai primi sguardi complici, indirizzandone il cammino e irrobustendone la foga. Il ragazzo ha sete di pallone e agisce in funzione di esso. Diventando subito uomo. Diventando ben presto grande.

Il viaggio di Fallou parte, dunque, senza scali né arresti. Ma con un itinerario ragionato e una meta precisa. E con un punto di partenza che pianta radici solide: il Senegal. Precisamente, una delle sue realtà più interessanti: la Generation Foot. Squadra fondata nel 2000 dall’ex calciatore Mady Touré e cresciuta, esponenzialmente, grazie ad una partnership importante, coadiuvata dal Metz. Niente di particolare, a intuito. Se non fosse che la tappa numero due del percorso di Diagne si sviluppi proprio con il granata indosso, proprio con il Graoully inciso sul petto, proprio nella zona nord-est della Francia calcistica. Una coincidenza o semplice frutto del lavoro quotidiano, lo dirà il tempo. Che però espone progressivamente a fatti chiari, lampanti: il classe ’85 ha guadagnato da sé ogni scampolo di successo. Arrivando a calcare, logica conseguenza, i campi più prestigiosi, a fronteggiare gli avversari più arcigni, a raccogliere gli attimi più folli e belli della sua parabola calcistica. Tutto d’un fiato: sembra il rally raid più famoso al mondo, ma è semplicemente la sua partita. La sua, personalissima, partita della vita.

In terra francese ci arriva nel 2006. Una stagione che nei pressi della Tour Eiffel, è storia nota, ricordano tutti come nefasta. Ma lui, un giovane difensore di rosea prospettiva, quell’anno, avrà motivi per sorridere. Perché, di lì a poco, sarebbe diventato colonna portante di un campionato in ascesa: la Ligue 1. Non prima, ovviamente, di aver patito il purgatorio della Ligue 2 (58 presenze e 3 reti sempre con il Metz); non prima, meno ovvio ma alquanto meritato, di aver testato sulla pelle anche la fisicità della Bundesliga. Nessuna finzione, pura realtà: Fallou veste persino la maglia del Friburgo. E aggiunge all’album dei ricordi ben 57 presenze, nonché vari onori e scalpi prestigiosi. Nel corso del suo biennio tedesco, infatti, affronta i campioni del nostro tempo: Arjen Robben, Franck Ribery, Robert Lewandoski. E il bello è che non saranno casi isolati. Perché a questa schiera di grandi duellanti se ne aggiungeranno presto altri. Dove? Beh…Proprio in Ligue 1.

CONTRO IBRA E IL PRIMO, GRANDE, PSG. ARRIVANDO FINO IN ITALIA

Il cerchio si chiude. Un filo rossonero lega due mondi e tre Paesi ad un cognome che trasuda passione. Quella pura. Quella vera. Quella che arriva e lascia segni. Graffi. Uno rosso, uno nero, dicevamo. Tessuto, Rennes: da anni, riferimento del massimo campionato francese. Che, nella stagione 2014/2015, accoglie Diagne e gli affida le chiavi della difesa. Professione, la stessa di sempre: centrale. Tutto testa e muscoli (è 185 cm e pesa 80 chili), ma anche tante altre cose. In ordine sparso: duttilità e strappi; senso del campo e del sacrificio; visione e gol. Sì: c’è spazio anche per loro. Ne segna addirittura 5, l’anno successivo al suo insediamento in Ligue 1, accompagnati da 22 presenze e ulteriormente edulcorati da nuovi faccia a faccia entusiasmanti. Ricordate? Dalle falcate della 'Robbery' ai guizzi di Lewandoski, Diagne passa a contenere le fiammate del 'Fideo', Angel Di Maria, e le cannonate del 'Matador’, Edinson Cavani. Senza dimenticarsi del 'Pocho' Lavezzi e, soprattutto, dell’uragano con la 10: Zlatan Ibrahimovic. Quartetto mica male, e non servirebbe aggiungere altro. Fallou può dunque dire di aver assistito al primo, grande PSG dell’era sceicca, affrontandone le insidie e crescendo, in un certo senso, insieme ad esso. Per sua stessa ammissione: «Affrontare giocatori di questo calibro mi ha dato molta esperienza. Mi ha fatto davvero venire voglia di essere sempre in campo, mi ha dato davvero tanta forza». Parole che certificano il conseguimento di un sogno. Il cerchio si chiude. Questa volta davvero.

Anzi, no: Diagne ha ancora tanto da fornire al calcio. E a sé stesso. Non disfa mai le valigie, perché è sempre in viaggio. Non appende gli scarpini, perché mai sazio di sfide. Non si appiattisce dinanzi all’idea di conoscere, di esplorare, di vestire casacche e raccogliere storie. Da raccontare e tramandare alla grandezza…insomma, si ritorna sempre al punto di partenza. Non solo a parole, ma soprattutto sul campo. Detto, fatto: dopo una breve toccata e fuga in maglia Werder Brema, il senegalese torna prima al Metz e poi in patria, al Diaraf. Passando successivamente per l’India e l’Albania, tra Chennaiyin e Vllaznia, e accarezzando anche la Turchia, sponda Konyaspor. Non contento, esordisce con la sua Nazionale: 4 le presenze, innumerevoli le emozioni iscritte a referto. Giramondo nel vero senso del termine. Considerato specialmente che, a una geografia così ricca, il calciatore ha da poco aggiunto la cultura, lo spessore e le affascinanti fragilità del Bel Paese. Là dove si sona, là dove si sogna. I campi arcigni, la passione ardente, il calcio felino e attraente. La Promozione, sesto livello della piramide. L’Almé, piccola culla di rinnovati propositi. Un altro capitolo, iniziato quest’estate. L'Italia. Contro ogni pronostico: Fallou ci ha nuovamente sorpreso.

SGUARDO AL PASSATO PER COSTRUIRE IL FUTURO

Così come ci ha sorpreso questa squadra della provincia di Bergamo, dai colori gialloverdi e dall’ambizione forte, quantomeno sulla carta. Perché il mercato estivo ha apportato alla piazza due rincalzi dal vissuto calcistico elaborato, per questo entusiasmante, ma persistentemente aperto agli epiloghi più disparati. Il primo, Adriano Ferreira Pinto: 45 anni, consolidato ex Serie A e da poco calatosi nel calcio di provincia. Il secondo, proprio il nostro protagonista: Fallou Diagne. 36 anni l’ultimo 14 agosto, sempre a caccia di materiale per il suo film. Il cui sequel è appena iniziato: due le partite già disputate in salsa tricolore, nella società che gli ha regalato una seconda giovinezza sportiva.

A convincerlo, come confessato dal diretto interessato, è stato direttamente il team manager dell’Almé, Davide Locatelli: «Ho parlato con lui, e mi ha spiegato il progetto del club. Ho accettato di venire per far parte di questa famiglia e realizzare insieme questo progetto. Quando sono arrivato qui, ho visto che ci sono persone come lui, gentili, serie, determinate a portare avanti questo progetto». Un inno al calcio e ai suoi valori. Gli stessi che Fallou, nel frattempo, cercherà di impartire ai più giovani: «Ho già un’accademia insieme a un amico. Lavoriamo insieme per far emergere talenti in Africa e portarli a giocare in Europa. Abbiamo già trasferito diversi ragazzi in club europei. In futuro, mi piacerebbe continuare come allenatore». Tra passato e futuro, un presente che ha tanto da dirci e darci. Perché Diagne è così: in viaggio da una vita. Da sempre, per sempre. Finché calcio non ci separi.

 

 

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