Non credo sia troppo presto per chiedersi cosa sta succedendo a Paul Pogba, mister 105 milioni, il terzo calciatore meglio retribuito d’Europa. Prima di passare dalla Juventus al Manchester United è stato attore non protagonista di un campionato europeo che la Francia è riuscita a perdere in finale contro un Portogallo di quasi ineguagliabile modestia. Poi, forse inciucchito dalle chiacchiere del suo procuratore, Pogba si è fatto inghiottire da numeri iperbolici perdendo il contatto con la realtà. Da calciatore si è trasformato in oggetto o forse in feticcio, trascurando che cambiare città, vita, lingua, abitudini rappresenta già un salto quantico, figurarsi quando da te il mondo si aspetta la luna e tu puoi solo rimirarla.
Pogba è arrivato a Manchester dopo una vacanza lunga e una preparazione breve. Mourinho lo ha messo in mezzo al campo, ma non esattamente dove Paul si aspettava. Infatti, i suoi estimatori che in Italia sono in diminuzione vistosa, dicono che nei due giocatori davanti alla difesa lui non rende come potrebbe (e dovrebbe).
In realtà Pogba non è più Pogba nemmeno se Mourinho lo schiera nei tre di centrocampo del 4-3-3 e neppure, secondo me, se lo spostasse nella linea dei trequarti nel 4-2-3-1. Contro il City, nel derby perso dallo United per 1-2, l’allenatore portoghese lo ha dirottato, nella ripresa, a mezzo sinistro nel centrocampo a tre. Tuttavia il rendimento del francese non solo non è migliorato. Ma, se possibile, è addirittura peggiorato. Il problema è che il ragazzo sta implodendo tra quello che è e quello che vorrebbe essere. Quello che è: un calciatore in difficoltà anche nelle giocate più semplici, lento nei movimenti e nell’esecuzione. Quello che vorrebbe essere: un virtuoso della tecnica capace di giocare tanti palloni depurandoli dalle scorie della mediocrità.
Purtroppo per lui, invece, il calcio è più prosaico di quanto si creda. Le giocate, tutte, debbono essere funzionali al gioco, non un cesello da modiste. Giocare semplice non è una diminutio, ma il presupposto per far fluire la manovra senza intoppi ed esitazioni.
Non so chi abbia messo nella testa di Pogba la convinzione di essere già un fuoriclasse (un sospetto ce l’ho), ma so con certezza che non lo è ancora diventato e che continuando così potrebbe non diventarlo mai. Manchester è la sua Rodi e lì - come dice il proverbio latino - deve saltare. Tutto il resto appartiene al romanzesco mondo di Mino Raiola. Con tutto il rispetto un sensale, non un educatore. Come dimostra anche la vicenda-Balotelli. Calciatore ricco e famoso, ma per trovargli squadra è stato necessario farlo svernare a Nizza.
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