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Commemorazione di Franco Ferrari, aveva per motore la passione e lo studio del calcio

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Uno dedica tutta la sua vita al calcio e quando muore gli riservano meno di dieci righe in cronaca. Questo pezzo è la riparazione di un’ingiustizia e la commemorazione di un uomo buono, serio appassionato, colto. Si chiamava Franco Ferrari, aveva appena 70 anni, ed era stato docente di tattica e tecnica al Centro Tecnico di Coverciano. Le sue esperienze e le sue capacità erano riconosciute anche da Uefa e Fifa per le quali ha girato il mondo. Affabulatore eccezionale, aveva per motore la passione e lo studio per il gioco più bello del mondo. Ma oltre che affascinare nelle sue lezioni oceaniche, era bravo anche a scrivere (due libri sulle fasi di gioco) e a lavorare sul campo. Malato di calcio, come si definiva, era capace di osservare e raccontare criticamente migliaia di partite senza stancarsi mai. Di lui ricordo non solo le prolusioni ai corsi di aggiornamento, ma anche la voracità con cui sviscerava le varie situazioni di gioco. In questo era inesauribile. Pensate che una volta - me lo raccontò lui stesso con malcelata soddisfazione - restò in piedi a discutere con gli allievi di un corso dalla mezzanotte fino alla mattina successiva, quando era ora di riprendere le lezioni. Il calcio era la sua vita, ma la vita gli ha dato meno di quanto meritasse. Ex calciatore di Genoa e Parma aveva poi studiato per la docenza a Coverciano, ricevendo l’incarico da giovane e mantenendolo per moltissimi anni, con la soddisfazione, spesso con l’entusiasmo, di tutti. Tuttavia, da quando Renzo Ulivieri era salito alla presidenza della scuola allenatori, per Franco era cominciato un periodo difficile, culminato con il suo abbandono. I contrasti con Ulivieri c’erano stati, ma non è escluso che si trattasse anche di una fase di rinnovamento alla quale difficilmente ci si adatta. Uscire da una casa che ti ha ospitato per oltre vent’anni è certamente duro, ma la situazione non aveva fiaccato né la tempra, né la combattività. Aveva cercato anche un confronto elettorale, pensando di proporsi come alternativa a Ulivieri a capo dell’Associazione Allenatori, strada che gli avrebbe consentito di tornare a Coverciano, ma non andò come lui aveva sperato e non se ne fece nulla. Non so di che cosa sia morto Franco e, in fondo, non ha neppure troppa importanza, dovendone ricordare la vita e l’energia, non la rovina di una patologia letale. So che a ricordarlo, anziché essere tutto il calcio italiano, è stato solo il Genoa, che ha giocato con il lutto al braccio. Eppure gli allenatori li formava lui, con cura, attenzione, dedizione e competenza. Se oggi sono riconosciuti tra i migliori del mondo è anche per merito di Franco, anche se qualcuno fa finta di dimenticarsene.
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