Riceviamo e pubblichiamo
28 Aprile 2025
La stagione di Eccellenza Femminile è terminata lo scorso 25 aprile con il successo della Pro Palazzolo sul Como, al termine di una stagione che ha offerto un'appassionante battaglia. Se infatti nel rush finale la sfida si è risolta nel duello tra bresciane e lariane, squadre come Doverese, Erbusco e Mantova Women hanno tenuto a lungo ritmi altissimi offrendo una competizione che raramente si è vista in passato. La partecipazione del Como, in particolare, ha portato a eventi di grande portata come la partite giocate allo Stadio Sinigaglia; tante ragazze militanti in categoria hanno brillato al Torneo delle Regioni in Sicilia; eppure, accanto alle luci - incoraggianti - c'è chi dall'interno ravvisa ombre e dubbi sulla corretta gestione, e anche sulla piena regolarità del campionato. Proprio questo è il tema della lettera (firmata) arrivata in redazione da parte di una giocatrice che vive in prima persona la realtà del dilettantismo femminile, e che riporta d'attualità una domanda che non ha mai trovato soddisfacenti risposte: il calcio femminile è davvero incoraggiato, tutelato e supportato nel suo sviluppo?
Caro Direttore,
Nell'ultimo mese ho compreso una verità amara: il nostro sport, quello che amiamo con tutto il cuore, può far male. Fa male quando è trattato con superficialità e indifferenza da chi dovrebbe tutelarlo. Fa male quando, nel campionato di Eccellenza femminile lombarda, il senso di giustizia viene tradito.
Nel mondo dei Dilettanti, il calcio è fatto di persone che ci mettono anima, tempo, energia, denaro. Famiglie che ci sostengono, notti insonni per un rigore sbagliato o un infortunio, sacrifici economici per arrivare a fine stagione. Eppure, ogni anno torniamo in campo, spinti solo dall'amore puro per questo sport. Il nostro guadagno? Emozioni vere, ricordi, crescita. Nessun compenso, solo passione.
E poi, arrivano stagioni come questa. Stagioni che cancellano tutto il bello. Quest'anno il campionato sarebbe dovuto concludersi sabato 19 aprile, come indicato nei comunicati ufficiali di inizio stagione. Le ultime due giornate, era scritto, si sarebbero giocate in contemporanea per le squadre in lotta per la classifica. Ma già a gennaio col calendario delle Rappresentative, era evidente il conflitto: la penultima giornata coincideva con il Torneo delle Regioni in Sicilia, e molte giocatrici selezionate non sarebbero state disponibili.
Nonostante le richieste di chiarimento da parte di società, allenatori e atlete, tutto è rimasto in silenzio fino al 1 Aprile. All'improvviso, il Comitato Regionale Lombardo ha deciso: la penultima giornata viene annullata, la fine del campionato slitta di una settimana, con le ultime due gare fissate per il 19 e il 25 aprile.
Una decisione tardiva, incomprensibile, irrispettosa. Come si può modificare il calendario a due settimane dalle partite, ignorando le difficoltà logistiche e organizzative del mondo dilettantistico? Campi prenotati, strutture condivise, allenamenti pianificati, tornei giovanili già programmati: tutto spazzato via con leggerezza. E la scelta del 25 aprile, giorno di festa e ponte per molte famiglie? Prenotazioni annullate, vacanze perse, tensioni inutili.
Alcune giocatrici sono partite lo stesso, rinunciando all'ultima gara. Altre sono rimaste, rinunciando alle ferie. E intanto, il 19 aprile, le atlete rientrate dalla Sicilia si sono alzate alle 4:30, hanno preso un volo con scalo, e hanno giocato poche ore dopo. A rischio infortunio, a rischio risultato. È giusto mettere gli allenatori davanti alla scelta di schierare le loro migliori giocatrici stremate o rinunciare alla possibilità di vincere una gara decisiva?
E l'ingiustizia si è allargata. Ricordate la famosa contemporaneità delle ultime due giornate? Disattesa. Alcune partite si sono giocate in anticipo, anche in zona salvezza. Alcune squadre hanno affrontato avversarie indebolite, altre hanno beneficiato di squalifiche non ancora comunicate. Dov'è l'equità? Perché fissare regole se poi le si ignora deliberatamente?
Non è giusto. Non è giusto che allenatori e atlete perdano fiducia, si sentano presi in giro, svuotati. Abbiamo lottato un anno intero per giocarcela sul campo, e invece tutto è stato deciso altrove, in stanze lontane, da chi non conosce – o non rispetta – la nostra realtà.
Il calcio non è questo. Il calcio è impegno, sudore, emozione. È amare, cadere, rialzarsi. È sapere che, qualunque sia il risultato, abbiamo dato tutto. Ma quest'anno, no. Quest'anno il calcio è stato ucciso. Non da noi, che continuiamo a crederci. Ma da chi avrebbe dovuto proteggerlo. E proteggerci.
Questo, semplicemente, non è giusto.