L'intervento
07 Maggio 2025
Una trasferta di 400 chilometri per l'ultima partita del campionato. I verdetti sono già scritti, il destino della retrocessione segnato. Ma lo fai, almeno finché non viene comunicato che la tua partita si giocherà, come tutto il girone, il 25 aprile. E allora rinunci: il Femminile Tabiago ha fatto così. Ha avvisato il Mantova Women ed è rimasto a casa, e al diavolo multa e penalità.
La lettera pubblicata la scorsa settimana parlava di: «Una decisione incomprensibile, irrispettosa», quella di spostare l'ultima di Eccellenza all’anniversario della Liberazione. Un problema, quello dei calendari, particolarmente acuito proprio nel massimo campionato lombardo ma che, secondo il responsabile del settore agonistico femminile del Città di Brugherio, Davide Del Giudice, coinvolge tutto il dilettantismo senza differenze, e merita una riflessione profonda.
La costruzione dei campionati è complessa: le parti da tenere insieme sono molteplici, ma non si può, secondo Del Giudice, prescindere dalle esigenze umane e familiari che ruotano intorno allo sport non professionistico: «Le festività, quelle segnate in rosso sul calendario, non si dovrebbero toccare mai: la gente durante l'anno fa dei sacrifici per partecipare alle attività, gli apparati organizzativi hanno tempo da settembre per fare i calendari e devono tenerne conto». Un discorso che si applica primariamente al dilettantismo, dove «non c'è un sostegno economico che possa compensare il fatto che chi va in campo si privi di giornate di festa come l'8 dicembre, la Pasqua, il 25 Aprile o il primo maggio. Anche noi in coppa con la Doverese non ci siamo presentati».
Problemi che minano non soltanto il presente, ma soprattutto il calcio che sarà. Perché «giocare durante i giorni di festa allontana le famiglie e i giovani dallo sport». Problematiche organizzative che rischiano, secondo il dirigente biancazzurro, di sfiancare la passione che fonda e accompagna il nostro calcio. «Dobbiamo fare in modo che le attività siano compatibili anche con gli altri impegni che un giocatore, sia questo un giovane o un titolare in prima squadra, può avere. Maschile o femminile non importa: ci sono le famiglie e gli affetti, ci sono degli impegni da preservare a ogni costo. A maggior ragione se, come si riscontra, i numeri sono in calo. La responsabilità sociale sta in questo. Avvicinare allo sport, e non il contrario». Necessario allora alzare la soglia di attenzione e di consapevolezza. È ciò che auspica lo stesso Del Giudice: «Non è una questione "politica", non si tratta di capire se le responsabilità siano del governo calcistico precedente, o di quello appena subentrato. Un'altra stagione è già alle porte, facciamo tesoro degli errori e programmiamola tenendo a mente le necessità di chi vive e anima questo mondo tutti giorni dall'interno, senza chiedere nulla in cambio se non il rispetto da parte delle proprie istituzioni».