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Eccellenza femminile

L'ex Atalanta e Sampdoria torna in campo dopo due anni e firma con la realtà giallorossa

Clara Villa vestirà la maglia del Cavenago: era nell'aria, ora è ufficiale il passaggio alla corte di Danilo Brambilla

Clara Villa, ex Atalanta ora al Cavenago

Cavenago Femminile, Eccellenza: Clara Villa

Ripartire. Prima, una parola silente, timida. Scritta a matita, su bianche bellezze. Poi, un grido. Forte, come l’ambizione che arde e divampa. Incidendo sul foglio la sete di traguardi, con l’inchiostro delle grandi penne. Nasce da qui il desiderio di osare, di guardare oltre, di correre senza remore verso il domani. Piacevole discesa in cui è dolce perdersi. Questa volta, senza più voltarsi indietro.

Chissà quali pensieri albergano nella mente di Clara Villa, in questi giorni frenetici. L’estate si consuma, ma una nuova storia fiorisce nel segno della perseveranza. Battendo forte, a ritmo di imprese: è ufficiale il suo passaggio al Cavenago. Piazza calda e sana che le regalerà una seconda chance nel mondo tanto amato: quello del calcio. Dopo due anni di stop, dopo aver tastato ambienti importanti, dopo aver conquistato e disperso, vinto e sofferto. Ma è il bello della vita: un percorso che disegniamo noi. Arresti, scali, ripartenze. Piacevole discesa in cui è dolce perdersi… 

BERGAMO E GENOVA: GIOIE E RIMPIANTI

 

Le misure standard di un campo da gioco sono 105 metri in lunghezza e 68 in larghezza. Ce lo insegnano fin da bambini, variabili comprese. Ma per innamorarsene, si sa, basta solo una piccola zolla, una piccola porzione. La stessa che poi, un passo dopo l’altro, diventa casa. O meglio, porto sicuro. E ancora, fortino. Su cui innaffiare sogni, costruire direzioni, perseguire obiettivi. Aspirare ad orizzonti. Lontani, ma mai troppo, per chi fa del gioco la sua missione. Clara lo sa: dentro di lei scorre un dono. Conservato con cura tra le dita del cuore, quello che insegue il pallone sulla fascia destra e non si stanca, mai. Partendo dalle retrovie (terzino o centrale, poco cambia), per arrivare fino in cima. Al fianco, sempre al fianco, di persone fidate, strette, complici: i suoi fratelli. Sono loro a ispirarne i passi, poi le scelte, come ama ricordare: «La mia passione per il calcio è nata principalmente da loro, nel senso che guardando le partite sono rimasta colpita e successivamente ho deciso di iniziare a giocare». Idee chiare, testa sulle spalle e quella consapevolezza che genera risultati e indirizza destini, forti come chi li affronta di petto. Tutto torna. Prima mossa?

Agire. Remando nelle difficoltà, arrancando in bagni di fatica, se necessario. Così accade, agli inizi. Che si concentrano a Bellusco, piccolo comune dove la giovane sperimenta più gusti e abitua al diverso il suo palato sportivo: «la mia prima esperienza è stata abbastanza complessa. Ho iniziato a giocare con i maschi della mia età e per me è stato complicato, non mi sono mai sentita parte della squadra». Ma il plot twist è dietro l’angolo: la trama evolve energica, e non dà nell’occhio. Proprio come un bisbiglio che concretizza i suoi fonemi con la delicatezza e l’intensità delle migliori sinfonie. L’Atalanta chiama. E imbastisce più di una semplice chiacchierata: la sintonia è profonda. Parola alla Villa: «premetto che anche in questa società inizialmente è stato difficile integrarsi, sia perché le mie compagne si conoscevano già da molto tempo sia perché hanno iniziato a giocare a calcio molto prima rispetto a me. Mi sentivo inferiore ma, piano piano, sono riuscita ad integrarmi grazie anche ai miglioramenti che stavo ottenendo dal punto di vista tecnico. Ho giocato tre anni all’Atalanta e lì mi sono sentita davvero parte di una squadra». Quest’ultima, la frase che racchiude tanto e racconta tutto. Non vi basta? Ci pensa la stessa diretta interessata a ribadire il concetto, trasudando orgoglio e appartenenza verso una causa difesa allo strenuo: «Mi sento molto legata alla Dea, sono stati gli anni più felici quelli passati lì; ho instaurato molti legami e sono cresciuta moltissimo. Ricorderò sempre gli anni trascorsi a Bergamo come gli anni più sereni dal punto di vista calcistico». Ora sì: può bastare.

Ma Clara non prende pause. Pensa già a quello che verrà, nonostante il passato avvolga e travolga. Lo ha detto anche lei: è stato bellissimo, indimenticabile. Acuti di gioia che intelano cartoline eteree. Le stesse che ripone nel suo album di attimi, le stesse che la accompagnano nella prossima tappa. Arriva il passaggio alla Sampdoria. Un’altra società prestigiosa: i presupposti per un’avventura da film sembrano esserci e sembrano anche corposi. L’occasione è di quelle ghiotte. Ghiotto, però, sarà anche il rimpianto: perché la tappa ligure non gratifica. Al contrario, destruttura certezze, lasciandole vacillare in complessi di vuoto. A raccontarlo, proprio la classe 2006: «Ricordo in modo più negativo l’esperienza blucerchiata. Quello trascorso a Genova è stato un anno davvero difficile sia perché ero lontana da casa e dalla mia famiglia, sia perché non mi sono trovata molto bene con la società». Non basta il buon feeling instaurato con le compagne: la calciatrice conta i rimpianti. Uno ad uno. Infastidisce restare a guardare, tormenta il progressivo restringimento delle prospettive. Colpisce e affonda, in seguito, il mancato passaggio al Parma, che salta a causa di alcune problematiche sorte tra le due realtà. La ruota gira verso sorti avverse, appare chiaro. E Clara, mai così sfiduciata, ferma la sua corsa: appende le scarpette al chiodo. Tasto ‘’stop’’ sul sogno: magia esaurita. «Non potevo fare diversamente»: aggiungere altro sarebbe superfluo. Perché, probabilmente, non esiste scenario più drastico di questo: mollare la presa con i propri obiettivi, vedersi e sentirsi traditi da essi, vagare senza appigli e senza meta alla ricerca di qualcuno o qualcosa.

L’attesa può distruggere, certo. Ma nell’attesa si può rinascere. Viverla al massimo significa giocare d’anticipo sulla concorrenza. Per riordinare le idee, maturare e crescere. Per ritornare, come si suol dire…più forti di prima. Non è un caso che, adesso, la ruota sia tornata a girare in senso orario. Orientata su un futuro che, da oggi, indossa i colori del Cavenago. Una nuova isola felice. Riparte il viaggio. 

CAVENAGO PER RINASCERE

 

Inizia un capitolo aperto alle possibilità narrative tra le più disparate. Sarebbe sorprendente il contrario: questo viaggio porta al domani. Lì dove il Cavenago stipa e conserva propositi, visioni, mire: la prima di tante promesse proibite, issarsi a modello nel calcio femminile. Movimento fulgido, ancora arrancante, ma sicuramente evolutosi nel tempo. Clara, sotto questo aspetto, ha parole pronte all’uso: «attualmente il movimento femminile ad alto livello, seppur cresciuto rispetto al passato, non nutre di una grande considerazione, forse per la mentalità di molte persone che considerano ancora le donne inferiori rispetto agli uomini». A prescindere da reputazioni contrastanti, per la calciatrice si respira tutt’altra aria: «penso che l’ambiente presente nel calcio a livello femminile sia diverso rispetto a quello maschile, lo considero migliore sotto certi aspetti. Sicuramente a livello economico non può essere paragonato al contesto maschile però, proprio per tale motivo, può essere ritenuto più sano. Attualmente molti giocatori giocano a calcio con il solo fine di guadagnare. Così si perde la passione». Tenere bene a mente questa parola: passione. Motore delle imprese più ricche, sale del nostro quotidiano, pane per insaziabili. Sì: con otto parole può davvero nascere una storia bellissima. Quella che unisce il giallorosso ad una ragazza affamata di sogni. Scorrere per credere. 

Gli stessi che Clara ha lasciato a riposare sul campo. Due anni dopo, danzano ancora sui fili d’erba, in cerca di coltura e affetto. Due anni dopo, vengono ripresi al volo, come lo scatto di un tramonto. Ma è l’alba di un nuovo giorno. Ed è un dipinto che nasce così, quasi per caso. Non è un caso: «ho deciso di iniziare a giocare al Cavenago per il semplice fatto che mi mancava il calcio. Sono stata contattata da un mio amico che mi ha proposto di ricominciare a giocare in questa società e, dopo alcune incertezze, ho deciso di discutere con il dirigente per prendere in considerazione la proposta. Dopo averci pensato a lungo, ho deciso di accettare». Una scelta coraggiosa, maturata al termine di faccia a faccia, colloqui e continui scambi di vedute, che denota volontà di ripartire con serenità, spensieratezza e determinazione. Le stesse prerogative che Clara, quando perfettamente rodata nelle gambe e nello spirito, propone sul terreno di battaglia: «parlando con dirigenti e allenatori ho capito che Cavenago è un’ambiente completamente diverso rispetto agli altri. Qui si privilegia il benessere delle giocatrici e io, in questo momento, ne ho davvero bisogno. Sono stata accolta a braccia aperte, da tutti». Parole che cancellano un recente passato fatto di pressioni e tensioni. Smacco al percorso ma, al contempo, una chance per crescere: «adesso vorrei solo giocare a calcio spensierata e tranquilla, senza dovermi preoccupare del giudizio altrui. Dalle mie esperienze calcistiche ho imparato molto, perché ho imparato a conoscere nuove persone, ho compreso il valore della lealtà e della fiducia, ma soprattutto ho capito cosa significa condividere il campo con le proprie compagne. Ma giocare a livello agonistico può avere aspetti negativi e tra questi vi è sicuramente il fatto che alla fine ne esci sfinito a causa di tutta la pressione a cui vieni sottoposto».

Il Cavenaghello, dunque, accoglie nella sua famiglia una ragazza che, su resilienza, etica e solarità, ha costruito e ricamato certezze. Inquadrando sé stessa, nella sua unicità, ancor prima di omologarsi ad uno stile di gioco, nella univocità. Differenza sostanziale. Forse, l’aspetto più importante, postilla finale su un identikit limpido, senza maschere né filtri, adornato da tratti genuini, consapevolezza in purezza, desideri ingenui ma dannatamente vivi: «non so che tipo di giocatrice sia, però posso dire che sono molto ambiziosa quindi mi impegno, mi metto in gioco, sono costante e cerco di migliorare sempre di più. Quando gioco a calcio penso solo a dare il meglio di me e a fare le scelte giuste». Senza troppi giri di metafore: Clara Villa ha davvero tutto quello che serve per splendere.

 

 

 

 

 

 

 

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