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Under 17 Élite

«Mamma, papà: vado in Italia!»: a 15 anni saluta la famiglia e lascia il Senegal per fare il calciatore

Prende un volo di 5000 chilometri per fare del calcio la sua professione e aiutare i suoi cari

UNDER 17 CIMIANO

UNDER 17 CIMIANO: Latif Abou Diene, classe 2006 del Cimiano

Sono settimane che a Milano e dintorni non si parla d'altro. «Avete sentito del nuovo fenomeno che ha preso il Cimiano?» si sente sulle tribune dei campi giovanili milanesi. O ancora: «Ma lo conoscevate? È una roba impressionante». Altri - non proprio ultimi arrivati - giurano addirittura di «non aver mai visto un giocatore del genere in un campionato Regionale», e c'è da credergli eccome. Il suo arrivo a Milano ha portato con sé un silenzio totale, quasi assordante, ma gli sono bastati un campo di calcio, un pallone e un paio di scarpini per scatenare un rumore che da queste parti non si sentiva da tempo. L'argomento all'ordine del giorno è Latif Abou Diene, per gli amici Abou: è nato a Dakar - capitale del Senegal - il 9 novembre 2006, è innamorato perso del calcio e sette mesi fa ha preso un volo che gli ha cambiato completamente la vita.

DISTANZA

A detta di Google, la distanza che separa Dakar e Milano dovrebbe essere di poco superiore a 5000 chilometri. Per capire tale ordine di grandezza, paragonabile a quello che è il raggio della terra, ovvero 6371 chilometri, immaginate di partire da Piazza Duomo e guidare fino a Piazza San Pietro. Una volta arrivati, poi, dovete ripercorrere lo stesso tragitto in senso opposto. Ritornati all'ombra della Madonnina, ripetete tale viaggio per cinque volte. Sì, viaggiare da Dakar a Milano non è proprio come fare una gita fuori porta la domenica pomeriggio. Bisogna attraversare 5 paesi: Mauritania, Sahara occidentale, Marocco, Spagna e Francia. Il discorso cambia parlando in linea d'aria, difatti un volo - sempre secondo Google - ci impiega all'incirca 5 ore ore per partire dall'aeroporto di Dakar-Blaise Diagne e atterrare in quello di Milano-Malpensa. Sette mesi fa Abou è salito proprio su questo volo. Nella valigia tutto l'occorrente per passare dal caldo torrido del Senegal a quello dell'Italia, immancabili gli scarpini da calcio ma soprattutto tanta, tantissima speranza. La stessa che lo ha spinto, appena quindicenne, a lasciare la vita di sempre - famiglia compresa - per inseguire il proprio sogno: fare il calciatore. A Dakar lascia mamma e papà, i fratelli e gli amici. L'obiettivo? Fare del calcio il proprio lavoro, riuscire a vivere con il pallone tra i piedi per poi, un giorno, ritornare dove tutto è cominciato e aiutare la famiglia.

RACCONTO

In meno di un anno Abou si è già integrato perfettamente: parla bene l'italiano, frequenta la scuola superiore a Lecco - il paese dove vive - e gioca a calcio da mattina a sera. Da febbraio a questa parte lo fa con la maglia del Cimiano, ma l'avventura tra i biancorossi sembrerebbe già agli sgoccioli visto che su di lui ci sarebbe l'interesse di diversi club professionistici, dalla Serie C fino alla Serie A. L'unica certezza, almeno per ora, è che rimarrà in via Don Calabria almeno fino a luglio. La stessa dove, sabato 4 febbraio, si è presentato alla Milano del pallone con un gol da applausi contro il Crema: pallone raccolto al limite dell'area, controllo orientato a saltare un avversario e destro sotto l'incrocio dei pali. Un po' come a dire: «Eccomi qui, sono Abou». Da quel sabato Gazzola non ha più potuto farne a meno: nella trasferta di Treviglio ha giocato 90 minuti guadagnandosi la palma di migliore in campo, poi nel derby contro l'Enotria, pur senza brillare, si è confermato ad alti livelli. Nel mezzo un'amichevole giocata giovedì 9 febbraio contro una squadra del Trentino Alto Adige, nella quale ha mostrato una facilità disarmante nel fare magie: provando - e trovando - giocate difficili anche solo da immaginare e trasformando l'acqua in vino con la sua straordinaria eleganza, il tutto con il suo stile già inconfondibile.

CARATTERISTICHE

Abou è così: se lo vedi giocare non puoi più farne a meno. È come godersi Ayrton Senna sulla McLaren MP4/4 in qualifica a Monaco nel 1988, come saltare sul divano per il sorpasso al "cavatappi" di Valentino Rossi su Casey Stoner a Laguna Seca nel 2008, come emozionarsi sul centrale di Wimbledon per "La Finale" dei Championships del 1980 tra Björn Borg e John McEnroe. Quando scende in campo è un leone, ma fuori dal rettangolo verde è un ragazzo vero e genuino. Molti lo definirebbero il classico "bravo ragazzo", ma lui è molto di più. Un giovane innamorato del calcio che, per questo sport, ha cambiato completamente vita lasciandosi alle spalle - almeno per ora - famiglia e amici. Un baby talento da crescere, accudire e preservare. Un sedicenne diverso dagli altri a cui il fato è stato benevolo, avendogli donato due piedi come Dio comanda. Un po' come accaduto a Marco Verratti, cresciuto nel Pescara e passato al Paris Saint Germain senza aver mai esordito in Serie A. È lui il suo calciatore italiano preferito, e in un certo senso gli assomiglia parecchio, se non altro per la duttilità e la raffinatezza dei piedi. Abou può giocare praticamente in qualsiasi ruolo dal centrocampo in su: sa fare il regista, sa fare la mezzala - sia destra che sinistra - e sa fare anche il trequartista. Il suo ruolo prediletto è l'interno di centrocampo e dà il meglio di sé quando prende palla tra le linee e, forte anche di una strutta fisica da fare invidia, può attaccare lo spazio. I gol li fa e li fa fare, inoltre ha una capacità non comune di essere continuo per l'intera durata della partita, rappresentando dunque un punto di riferimento importante per la squadra. Oggi per il Cimiano - che se lo coccola tenendoselo stretto - e domani per la Rappresentativa Regionale, visto che dovrebbe essere convocato da Daniele Tacchini per la sfida del 7 marzo contro l'Inter. E dopodomani? Chissà...

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