Era un appuntamento con il destino segnato sul calendario fin dal 7 marzo, da quando per la prima volta quest’anno la maglie nerazzurre di Sala sono scese sull’erba del centrale di via Cazzaniga. «Ci aspettiamo lì, sull’angolino sinistro della porta» - aveva detto il destino. «Ci troverai lì, proprio a quell’angolino» - aveva risposto via Cilea. E si sa, al destino non si può dare buca. Dunque l’Inter si presenta puntualissima: da sud a nord, la parte sinistra della rete ha mantenuto tutte le promesse che aveva stretto. Prima Poltronieri, nell’angolino basso, poi Ferri, dalla panchina direttamente nell’angolino alto. E anche la Juventus è pratica archiviata, e anche il Torneo Annovazzi è un nuovo trofeo da mettere in bacheca.
PERCORSO
Sarà finalmente finita quella quest cavalleresca per la parola adatta a definirli? Tutto era partito dal 3-1 contro la Pro Sesto, nella semifinale. Fuori i dizionari e Crusca allertata: per un gioco del genere, mancano definizioni calzanti. La finale con i bianconeri doveva forse dare qualche spunto in più per certi inediti neologismi, o magari semplicemente riportare i nerazzurri sul pianeta terra affinché fossero descrivibili con parole nostrane, ma di fatto ha solo complicato di più la faccenda. In via Cazzaniga, l’Inter fa tutto giusto: soffre quando c’è da soffrire, difende se c’è da difendere, colpisce perché c’è da colpire e portarsela a casa. Il risultato? 2-1 contro la Juventus, certo, ma anche e soprattutto un calcio che no, ancora non ha trovato definizioni. L’amministrazione di Marchesi, gli scatti di Foroni - quanta qualità in quella fascia destra… - le stoccate che arrivano da dove non te le aspetti, dalla difesa di Poltronieri e dalla panchina con Ferri. «Ingiocabili», «inossidabili», «inarrivabili»: in attesa di parole migliori, per il momento ci accontentiamo di queste.
LE PAGELLE DELLA FINALE
Costante 7.5 È l’ultima carta da giocare quando nient’altro funziona, l’asso nella manica che trasforma gol quasi fatti in tanti sospironi sulla tribuna bianconera. Fin dai primi minuti scalda i guantoni con qualche uscita interessante per dare fiducia alla squadra e risponde presente soprattutto durante l’ultimo assalto juventino, quando Tufaro torna ad essere pericoloso con un calcio di punizione magistrale.
Foroni 8 Un’esclamazione che viene dalle tribune dice più di mille parole: «ma quanto è forte!». Se lo merita tutto, il numero 2 di Sala: sulla sua fascia destra sembra Max Verstappen, mentre prende le parti di un direttore d’orchestra in fase di costruzione. E dunque, eccolo lì mentre dà il la ai baritoni Marchesi e Ariu, con passaggi chirurgici che fanno partire sinfonie meravigliose.
Tondini 7 Se Foroni è Max Verstappen, lui è Charles Leclerc. Il predestinato dunque? Probabilmente sì. Lo fanno intuire i suoi interventi contro Tufaro, i suoi corpo a corpo con Vidzivashets, la sua velocità senza paragoni, i suoi scarpini sempre coinvolti nell’azione.
Forlani 7 Ci sono poche cose certe a questo mondo. Una di queste è che Forlani si fa trovare dove serve, quando serve. Tutte le mani presenti al centrale di via Cazzaniga non sarebbero bastate a tenere il conto delle azioni pericolose che disinnesca ed è sempre sulla palla quando gli attaccanti bianconeri si avvicinano.
Poltronieri 8 Poche ciance e ancora meno dubbi: il suo gol risolve la partita. L’Inter era sotto di una rete, bisognava riequilibrare e bisognava farlo in fretta. Detto fatto: una manciata di secondi dopo il vantaggio bianconero, Poltronieri si prende la scena sul palco costruito da Pietro Omini con un calcio d’angolo da maestro. È 1-1.
Omini G. 7 Il contrasto vinto su Scarnato (il numero 9 bianconero era vicinissimo alla porta, occorreva intervenire in fretta), cancella la piccola sbavatura su Vidzivashets. Le tribune prendono appunti sul sombrero che fa partire dalla distanza e che costringe Brostic a sporcarsi i guantoni.
Marchesi 7.5 Lo abbiamo detto: ci sono poche certezze nella vita. Una è Forlani, l’altra è sicuramente Marchesi. Si fa sentire subito con un lavoro di fino su Samà ed è tra i protagonisti della carica nerazzurra grazie all’intesa, praticamente uno sposalizio, con Serantoni ed Ariu.
Penta 7 E se su quel capolavoro da Serie A dopo il colpo di testa di Serantoni non ci fossero stati i guantoni di Cerboneschi? Sicuramente l’Inter avrebbe sorriso prima, anche se, con il senno di poi, non meno. Al di là della giocata da maestro, il numero 8 si conferma la spalla sinistra del centrocampo su cui può poggiare l’architrave dell'intero gioco nerazzurro.
Serantoni 7 Veloce lì davanti, sempre utile in fase di impostazione, si mette a disposizione del reparto offensivo senza disdegnare qualche inserimento di spessore in area.
Omini P. 7 Intelligente, cinico al punto giusto, tempestivo nel prendere decisioni. Il suo intervento su Cotrone è la definizione (questa volta ce l’abbiamo) di «giallo speso bene». Tattica e tecnica raggiungono il loro riassunto perfetto in un nome e un cognome: Pietro Omini.
Ariu 7 14 come, su per giù, le occasioni pericolose che crea. 14, su per giù, come i minuti che ci mette a realizzare che sì, l’Inter delle meraviglie ce l’ha fatta anche 'sta volta. 14, questa volta tondi tondi, come gli anni che ha compiuto qualche giorno fa: fresco di compleanno, si regala una prestazione sontuosa in via Cazzaniga, scartandola minuto per minuto.
Ferri 8 Cercavate parole giuste? Forse con Ferri, in via eccezionale, possiamo proporne una: provvidenziale. Entra dalla panchina e decide la partita: quando tutto era ancora nell’equilibrio pericoloso di un 1-1, il numero 16 trova la soluzione a tutti i problemi e imbuca una cannonata dalla distanza che va ad incassarsi sull’angolino alto a sinistra. Quindi sì: in una parola, «
provvidenziale».
Seghezzi 7 Dà il cambio a Penta e fa spostare Ariu a sinistra. Sulla sua fascia destra si dimostra un mattone solidissimo, di quelli che ancorano l’intero palazzo e che lo fanno reggere in piedi anche davanti ai peggiori terremoti.
Pappalardo 7 Poco tempo per incidere, tantissima voglia di lasciare un segno nella partita più importante di tutte. Ci riesce con un passaggio magistralmente apparecchiato dall’angolino destro del campo, da una posizione da cui i più avrebbero semplicemente lasciato uscire il pallone: peccato per l’intervento tempestivo con cui gli risponde Brostic, che gli nega la gioia di un probabile assist.
All. Sala 8 Cosa rimane da dire che già non dicano i fatti? Davvero pochissimo: tutte le cose al loro posto, ogni azione è un concerto che si dirige quasi da solo. È un calcio di relazione, uno di quelli che tiene conto dell'avversario e si plasma sulle sue caratteristiche, per poi tirar fuori la sua vera natura - inossidabile, intoccabile - quando la partita lo permette: in attesa di definizioni migliori, si potrebbe dire che è un'Inter che rasenta la perfezione.