Torneo delle Regioni Under 17
01 Aprile 2024
UNDER 17, RAPPRESENTATIVA: Il tecnico Daniele Tacchini porta i classe 2007 sul tetto d'Italia
Partiamo da una posa, iconica, inimitabile (no, nessuno riuscirebbe a mantenere quella posizione per il lasso di tempo per cui la tiene lui), indimenticabile: talloni fissi sul suolo, ginocchia piegate, braccia in avanti a sorreggere un viso sempre pensieroso. Perché quando sei l’allenatore dei Campioni d’Italia, di quelli che vincono tutte le partite sul filo del rasoio, con rimonte da brivido e salvataggi sulla linea di porta, non ti puoi permettere troppi momenti di tranquillità. Questa è la posa a bordo campo, sempre rigorosamente dentro l’area tecnica, di Daniele Tacchini, quello dello scudetto 9 anni dopo il trionfo a San Siro, quello - per intenderci - che ha riportato gli Under 17 sul tetto d’Italia.
Chissà se la stessa posa, che tanto dice sulla serietà e la concentrazione che lo contraddistingue, caratterizzava il suo stare in panchina anche nel lontano 2015, quando sul tetto d’Italia ci aveva portato i classe 1998. Era il 7 giugno, era a San Siro: Signorelli e Lizzola, con un gol a testa contro il Piemonte, portavano la consacrazione definitiva dei lombardi a Campioni del Torneo delle Regioni. Era una vittoria in casa, era una vittoria in uno stadio che ha fatto la storia del calcio mondiale, era una vittoria da leggenda. Nove anni dopo, le emozioni sono le stesse? Probabilmente sì, forse ancora più dolci: perché se cambia la cornice - con buona pace dello Sciorba - non cambia lo spessore dell’impresa, perché se sono passati ben nove anni dall’ultimo Scudetto della Rapp Under 17, la soddisfazione non può che essere ancora più cristallina.
Dunque eccoci qui, eccoci all’impresa più recente, quella del 29 marzo. Caccia e Gondor come Signorelli e Lizzola (più o meno, a dire la verità, perché quel gol da centrocampo non si vede che una volta in un secolo). Infine, Platto arriva a mettere la ciliegina sulla torta, quella che, con il senno di poi e dopo il mezzo recupero della Campania, ha salvato tutta la partita. A dirla tutta, ci sarebbe anche il salvataggio sempre di Gondor proprio ad un centimetro - ma forse anche meno - dal gol degli avversari: gamba aperta in una mezza sforbiciata disperata, scivolata sull’erba, impatto con la palla un secondo prima che sorpassasse quella maledetta riga. Insomma sì, dati alla mano e immagini ancora tatuate negli occhi, si può dire senza ombra di dubbio: la finale del TDR 2024 è la vittoria definitiva, è il momento che riscrive la storia.
«Il gruppo era un mix tra ragazzi studiosi e disciplinati e alcuni elementi più fuori dalle righe» - commenta il tecnico fresco di titolo, e spetta ora ai suoi Campioni la fatica di dividersi nell’uno e l’altro gruppo. «L’amalgama è stato vincente: una pietanza che non era né troppo liscia e né troppo esplosiva»: anche se, va detto, chi le partite le ha viste dagli spalti giura che il rischio di esplodere dalla tensione era all’ordine del giorno. In ogni caso, resta un dato di fatto: il giusto mezzo tra fantasia e concretezza ha funzionato, eccome se ha funzionato.
Serietà, dunque. Concentrazione, pure. Ma anche tanto, tanto contatto con i ragazzi. I suoi giochi alla fine delle riunioni tecniche hanno fatto scuola. Lo raccontano gli aneddoti del mitico Caccia, il terzino dal piede fatato e il vizio per il gol: «Alla fine di ogni riunione, ci ritagliavamo un momento per giocare tra di noi. Ma erano sempre giochi con un significato, con una lezione per la prossima partita». Come quella volta prima della finale contro la Campania, quando l’allenatore serio e concentrato diventa amico e dà alla squadra tre parole da comporre. Scudetto, Campania, Everest: queste le tre definizioni che ne sono uscite. Perché vincere lo scudetto contro la Campania per Tacchini era come scalare l’Everest, perché i ragazzi dovevano entrare subito nell’ottica che la vittoria era un’impresa da record del mondo. Risultato ottenuto? Le foto di festa con capitan Sic che alza la coppa parlano chiaro: Tacchini ha «piantato la bandiera» sulla vetta più alta del globo e si gode ora la vista incontaminata e l’aria buona - qualcuno dirà che a 8849 metri c’è poco ossigeno, ma non credetegli - che si respira lassù.