Under 17
30 Giugno 2024
UNDER 17 AFFRICO: capitan Guidorizzi
La prima cosa che fa è sistemarsi i capelli. A pochi metri di distanza, lassù in tribuna, in piedi e con due occhi a forma di cuoricino, c'è la fidanzata, Caterina. «Ah ma telefono?» chiede. Tradotto: «Niente intervista video?». E telefono sia. Una raccomandazione ai compagni di squadra («Oh raga, fatemi fare il serio»), poi si ferma e si sistema ancora i capelli. Sarà l'abitudine. Sembra pronto. Pancia in dentro e petto in fuori, quasi a voler mostrare la medaglia che porta al collo. Tutta d'oro, bellissima. Per qualche settimana sarà il suo "totem". Il compito? Ricordargli cos'è reale e cosa no. Si alzerà la mattina, aprirà le finestre, guarderà il panorama di San Vincenzo a Torri, andrà verso il comodino e la prenderà in mano. È tutto vero, sarà tutto vero. Per sempre.
«Ancora non ci credo», sorride. «Devo ancora realizzare», sorride ancora. La guarda, se la studia minuziosamente. Sembra non volersela togliere. Non se la toglierà. Un istante di lucidità, un attimo in cui sembra capire. «Essere Campioni d'Italia non è da tutti». Fattuale. «Questa notte me la porterò dentro per sempre». Sarà così. Poi un botta e risposta semplice. «Com'è alzarla al cielo?». Si agita, non vede l'ora di rispondere. «Un'emozione unica, davvero». Non lo ferma più nessuno.
E chissà cosa sarà successo all'hotel La Ginestra. Una testimonianza arriva direttamente dal suo profilo Instagram, il classico "indizio social". In primo piano la coppa, poco dietro un'immagine che resterà. Coppa, medaglia e Riccardo Guidorizzi. 17 anni da due settimane esatte (15 giugno), Campione d'Italia da meno di 24 ore. Viene da San Vincenzo a Torri, terra di mezzo tra Empoli e Firenze. A pochi chilometri Ginestra Fiorentina, ridente frazione del comune Lastra. Ginestra come l'hotel, coincidenze? «Lo sai che ha alloggiato lì anche la Pro Sesto?». Attonito, confuso. «Allora ha portato bene». Assolutamente sì.
Gioca all'Affrico, una delle scuole calcio più importanti della Toscana. Praticamente l'Alcione di Firenze. Il campo è a un passo dall'Artemio Franchi, per una bella passeggiata sulle rive dell'Arno è invece sufficiente percorrere una manciata di chilometri. Una storia diversa in ogni metro quadrato. Il capitolo più bello a Recanati, la città di Giacomo Leopardi. Suo ("_ricca.guido_") e dell'Affrico, salito per la prima volta sul tetto d'Italia. È storia.
Una finale tutt'altro che rose e fiori. Lucido come non mai nella disamina: «Siamo scesi in campo un po' tesi, non abbiamo mai giocato una finale e credo sia normale». Causa, effetto. E cosa succede dopo otto minuti? Edoardo Fracchiolla suona la campana, si mette in proprio e fa tremare la parte di tribuna occupata dal Levante Azzurro, tantissimi e rumorosissimi. E dopo? «Non ci siamo mai arresi». Detto, fatto. Morelli, Shehade, Donigaglia, Vaggioli e ciao ciao. Rimonta furiosa, ultima ora di partita strepitosa.
E lui era lì, nel cuore del centrocampo. Fascia al braccio, testa alta e due piedi come Dio comanda. Venti minuti per entrare in partita, poi il devasto. Jorginho dei tempi d'oro. Perfetto nel breve, sublime nel lungo. Corre, imposta e rompe. Centrocampista totale. A San Vincenzo a Torri c'è un nuovo eroe. Tre anni lì, poi Sporting, Fiorentina e Affrico. Questo ieri e oggi, ma domani? «Ci sarà tempo per capire dove andrò». Intanto c'è uno Scudetto da festeggiare, dopotutto «il giorno dopo è anche più bello». Altro? Tanto, troppo. Il titolo Regionale (ovviamente), Rappresentativa Nazionale (inamovibile) e quel pomeriggio da fenomeno a Milano, all'ombra di San Siro, sul verde di via Olivieri. Inizia in panchina, poi entra, segna due rigori e si presenta: «Piacere, Riccardo». L'Alcione lo ha conosciuto, da lì a poco tutta Italia.