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Under 15

Viene dal Sud America e ha segnato più di tutti: ecco il bomber per cui il calcio è libertà

L'attaccante del Bonola che a quattordici anni dribbla e fa gol a palate, sognando in grande

Aaron Michael Jara Gonzales • Bonola

BONOLA UNDER 15 • Aaron Michael Jara Gonzales

Avete presente una scintilla? Quell'intuizione estemporanea che appare in un'epifania lucente a folgorare la vista? Ecco, a Nord Ovest di Milano c'è un ragazzo di quattordici anni che nelle sue corde ha il potenziale, ancora in parte da scoprire, per far divertire chiunque lo guardi e, perché no, per fa ballare tutti i difensori che tentano, molto spesso invano, di marcarlo. Il suo nome? Aaron Michael Jara GonzalesDribbling, giocata, libertà, prototipo di calciatore che si diverte e fa innamorare gli amanti del calcio bailado, è bellezza estemporanea, il fulmine che squarcia il cielo grigio con la sua velocità e la sua imprevedibilità (già, perché in questo caso non c'è il tuono ad annunciarne la venuta) al servizio del Bonola. Calcio bailado, come detto, sudamericano, si potrebbe dire, esattamente come le origini del ragazzo, Ecuador da parte di padre e Perù da quella di madre. Ed è infatti il Perù, con la sua cultura, così diversa dall'Italia, e con i suoi campetti di periferia ad aver trasmesso la gioia e la libertà che Aaron trasmette quando gioca a calcio.

«IL CALCIO PER ME È LIBERTÀ»

E allora ecco che a parlare è lo stesso bomber «Il calcio per me è quel "luogo" in cui posso fare tutto quello che voglio, dove mi sento davvero libero di poter esprimere la mia individualità e ed essere me stesso. Quando segno, quando riesco a dribblare un avversario, sento dentro una gioia immensa che mi fa capire di essere nel mio posto. La prossima stagione ho degli obiettivi molto chiari: voglio rimanere nel Bonola, continuando così anche a giocare con mio fratello (Victor Normando, ndr), vincere il Titolo Provinciale e poi andare nei Regionali sempre con i miei compagni. Le mie caratteristiche derivano probabilmente dalle mie origini: ho imparato a giocare in Perù, tutto quello che so sul calcio l'ho imparato lì dove giochiamo per divertirci, molto spesso in strada con delle palle fatte di carta arrotolata o delle bottiglie di plastica, per il puro piacere di stare assieme. Forse è anche per questo che mi diverto così tanto a dribblare, a tirare in porta, perchè lì non c'è tutta la tattica che abbiamo qui in Italia. Per fortuna il mister mi sta dando tanti consigli per farmi migliorare anche sotto quel punto di vista. Io mi applico molto perché voglio diventare un attaccante completo anche se vedo che in alcuni fondamentali sono ancora un passo indietro rispetto ai miei compagni che hanno una scuola calcio alle spalle a differenza mia. Ho cominciato d'altra parte a giocare a calcio solo due anni e mezzo fa. Nei prossimi anni vorrei migliorarmi anche nelle conclusioni, mettere su un po' di massa per poter essere più forte nei corpo a corpo con i difensori e essere più cinico: devo capire che devo tirare prima, senza magari perdermi in dribbling eccessivi che mi fanno perdere il tempo».

Si sofferma molto sulle differenze che esistono tra il calcio sudamericano e quello europeo: «In Perù tutti giocano per diventare una persona migliore, per far vedere che valgono più di quello che hanno in banca o della considerazione che alcuni hanno di loro: è una forma di riscatto sociale per molti. In Italia diciamo che tutto è più semplice perché ci sono le accademie fin da piccoli e il posto è quasi garantito: non devi sgomitare più di tanto per poter emergere o semplicemente giocare a calcio. Abbiamo tutte le possibilità e le opportunità di questo mondo qui nel nostro paese: sta a noi riuscire a distinguersi, mentre in Perù è difficile anche solo trovare una squadra che ti prenda. Vedo anche altre differenze tra calcio europeo e sudamericano: noi sudamericani ci andiamo giù più pesanti nei contrasti, e tutto questo lo dobbiamo al fatto che fin da piccoli giochiamo scalzi per le strade: per noi il calcio è passione, libertà».

Jara Gonzales si esprime anche su quanto sia bello giocare con suo fratello e su cosa possa migliorare ancora dal punto di vista caratteriale: «Mi piace tanto giocare con mio fratello, ci conosciamo perfettamente, mi fido assolutamente di lui, so che se qualcuno mi scappa lui sarà dietro a proteggere la squadra: ha una bella garra, non si arrende mai, è un ottimo difensore. Purtroppo a livello caratteriale tendo sempre a prendermi troppe responsabilità e quando magari sbaglio un gol ci rimango male, non tanto per me, quanto perché con quel gol avrei potuto aiutare la squadra a vincere. I miei compagni contano tanto per me così come il calcio: è libertà e divertimento, per me è tutto. Purtroppo ora sono infortunato, ho la frattura di Jones (rotto un ossicino del piede) e sono fuori da un po'... sono un po' preoccupato perché non so come potrò tornare in campo, ma ho grande fiducia nei miei mezzi. Sono triste perché non posso giocare... ma questo infortunio mi aiuterà ad usare meglio il piede destro, non il mio preferito, anche se già calcio bene anche con questo.  

I miei idoli calcistici sono Cristiano Ronaldo per la fame di gol, Neymar per il suo modo di dribblare, Gonzalo Plata perché mi avvicino alle sue caratteristiche di velocità e dribbling, anche se lui gioca un po' più arretrato, ma anche mio padre: pur non essendo mai stato un calciatore professionista, era un ottimo giocatore e mi ha insegnato bene come muovermi. Sono italiano, ma nelle vene ho sangue sudamericano: adoro la musica latina, soprattutto Myke Towers, mi aiuta tanto a concentrarmi prima delle partite, a darmi la giusta carica, ma anche a rilassarmi. Ho il sogno di sfondare, fra cinque-sei anni mi vedo in una squadra più forte.». 

NUMERI IMPRESSIONANTI

Attaccante da quarantasei gol - due su rigore - in ventiquattro presenze, che ha trascinato il suo Bonola (Under 15) al terzo posto nel girone B fatturando praticamente da solo la metà delle reti della squadra che in totale ne ha realizzate cento e otto. Ma al di là del nome sul tabellino, i numeri non devono ingannare: giustamente la freccia di via Armando Picchi è stato il capocannoniere, dopo una spelndida lotta a suon di reti con il Bomber dell'Opera Lorenzo Oddo, ma non avrebbe mai potuto raggiungere questo prestigioso risultato senza il fondamentale apporto di Pittelli e compagni. D'altra parte lo stesso attaccante non è uno di quei giocatori che non passa mai la palla, il cosiddetto "veneziano": in stagione è stato in grado di fornire anche diversi assist per i gialloverdi, oltre a guadagnarsi un grande quantitativo di rigori per i propri colori soprattutto grazie alle grandi doti di dribbling e velocità. 

LE PAROLE DELL'ALLENATORE

Si esprime in questo modo l'allenatore del Bonola Francesco Parisi su Aaron: «Stiamo parlando di un ragazzo che, a differenza delle stagioni passate, quest'anno è riuscito ad esprimersi al meglio: i numeri parlano da soli, ma il rendimento di Aaron è stato davvero importante al di là dei gol realizzati. I suoi compagni lo sostengono molto, lo hanno aiutato tanto e sono stati fondamentali per lui nel raggiungimento del titolo di capocannoniere. Aveva il compito di fare gol essendo il bomber: i ragazzi sono stati bravi a procurargli tante occasioni, lui è stato fenomenale nello sfruttarle e nel realizzare così tante volte, anche se devo dire, e sono consapevole che anche lui la pensi così, ne avrebbe potuti fare tanti altri, anche perché ha un potenziale molto alto. Ancora non ha fatto vedere tutte le qualità che ha a disposizione. Questo deve essere per lui un ulteriore stimolo perché deve capire che non deve mai arrendersi e soprattutto mai accontentare. Deve continuare ad allenarsi bene, ad impegnarsi, perchè ha nelle corde la potenzialità per avere numeri ancora più impressionanti».

«Quando siamo partiti quest'anno il suo ruolo era quello della classica punta centrale nel quale è comunque partito subito forte. Poi, ovviamente, anche le altre squadre si sono attrezzate per affrontarci, magari mettendogli più di un marcatore ad uomo. Per dargli più spazio per la giocata e cercare il modo di sfruttare al meglio le caratteristiche di esplosività e dribbling che si ritrova, l'ho spostato esterno nel trio d'attacco perché è un ruolo che lo fa rendere molto meglio essendo meno statico e dando meno punti di riferimento al proprio marcatore: lo lascio libero di spaziare perché sarebbe ingiusto ingabbiare in una posizione fissa un ragazzo di questo livello. Sente spesso il peso della responsabilità durante le partite, è consapevole che i compagni si fidano e si affidano a lui: è il leader tecnico riconosciuto da tutti. Se posso dargli un ulteriore consiglio gli dico di non pensare troppo, di essere ancora più cinico sotto porta e di non sobbarcarsi da solo tutto il peso delle partite. Migliorato anche in questo, sarà davvero un attaccante completo e devastante». 

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