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Calcio internazionale

Dietro il successo francese: come le academy transalpine producono valore

Scouting capillare, infrastrutture diffuse e cessioni intelligenti: dentro il meccanismo che alimenta il primato

Dietro il successo francese: come le academy transalpine producono valore

Riyad Karim Mahrez è un calciatore algerino con cittadinanza francese, attaccante dell'Al-Ahli e della nazionale algerina

Una mattina d’autunno, alla periferia sud-ovest di Parigi, il vento taglia i campi di Clairefontaine. Sui 56 ettari del centro federale, ragazzini di 13-15 anni si allenano fra lezioni di tecnica, test cognitivi e compiti scolastici. A poche ore di auto, nel centro formazione del Le Havre, sulle pareti spiccano i volti di Paul Pogba, Riyad Mahrez, Steve Mandanda. È qui, tra una rete di pôles espoirs nazionali, 33 centri di formazione professionali e club che puntano senza timori sui giovani, che si spiega il dato che ha sorpreso l’Europa: negli ultimi dieci anni, i club francesi hanno incassato 3,98 miliardi di euro dai trasferimenti internazionali di calciatori formati localmente. In media, quasi 400 milioni l’anno. Un primato netto, certificato dalla CIES Football Observatory.

La fotografia che conta: ricavi, definizioni e confronto internazionale

La classifica della CIES analizza le 50 nazioni con i maggiori ricavi da trasferimenti internazionali di calciatori “formati localmente” negli ultimi dieci anni, includendo sia i bonus sia le percentuali su rivendita. La Francia guida a distanza: dietro, Brasile (2,60 miliardi) e Spagna (2,24 miliardi), quindi un blocco europeo (Portogallo, Paesi Bassi, Inghilterra, Germania, Italia) e l’Argentina sopra quota miliardo. Non è solo un titolo onorifico: indica la capacità di creare, valorizzare e vendere talento in modo sistemico.

La dinamica è confermata dai flussi più recenti: secondo il Global Transfer Report 2024 della FIFA, nel solo 2024 i club francesi sono stati il secondo sistema al mondo per incassi da trasferimenti internazionali con circa 868,4 milioni di dollari, dietro all’Inghilterra (1,34 miliardi di dollari). E il flusso di spesa più oneroso tra due Paesi è stato proprio dalla Francia all’Inghilterra, con 46 trasferimenti per un totale di circa 305 milioni di dollari: il segno di una catena del valore in cui la Ligue 1 fornisce, la Premier League acquista.

Fabbrica Francia: la rete che forma e seleziona

Alla base, c’è una infrastruttura federale che investe e coordina. La FFF destina circa 12,2 milioni di euro l’anno (stagione 2023-24) a scouting e formazione, mentre i club di Ligue 1 e Ligue 2 sommano circa 133 milioni per i propri centri. La rete comprende 26 pôles espoirs (16 maschili, 8 femminili, 1 futsal e un centro in Guadalupa, con un secondo polo futsal avviato nel 2024-25), e 33 centri di formazione professionali. Il primo? Sochaux, 1974, per impulso di Georges Boulogne. Ogni “coorte” forma circa 980 giovani, tra cui in media 130 diventeranno professionisti (18%).

Il cuore simbolico è l’INF Clairefontaine (aperto nel 1988, intitolato a Fernand Sastre), che seleziona i migliori dell’Île-de-France fra i 13 e i 15 anni, con un modello che integra istruzione, sviluppo motorio e accompagnamento psicosociale. Da qui sono passati, tra gli altri, Thierry Henry, Kylian Mbappé, Nicolas Anelka, Blaise Matuidi.

Non è un’eccezione isolata: secondo la FFF, 7 centri francesi figurano tra i 20 migliori “fornitori” di giocatori al Big 5, con Lyon secondo, PSG quinto e Rennes sesto; e 8 centri transalpini risultano tra i 50 più “profittevoli” al mondo. Una filiera che combina numeri, continuità e qualità di output.

Scouting: dalla banlieue al mercato globale

Il vantaggio competitivo francese nasce anche dalla capillarità della scoperta: la densità demografica dell’Île-de-France e di bacini come la Normandia, la Bretagna o l’Hauts-de-France alimenta un circuito ricchissimo. Emblematico il Le Havre: la “Cavée” ha lanciato generazioni su generazioni, da Pogba e Mahrez a Ferland Mendy e Mandanda, costruendo reputazione e sostenibilità. Il club ha formato 46 internazionali A (15 con la Francia), con una media storica di 3,6 professionisti “sfornati” l’anno; il suo processo è cristallino: “detettare, formare, esporre, vendere”.

Questo approccio si riflette nelle scelte tecniche dei club di élite. Nel 2024-25, la CIES ha rilevato che RC Strasbourg — club con proprietà BlueCo — è stato fra i primi al mondo per minuti concessi agli U21 (59,4%), e ha stabilito un “record” di gioventù con il 98,8% dei minuti assegnati a calciatori ≤25 anni. Una politica che massimizza la valorizzazione e riduce il rischio svalutazione.

L’architettura economica: regole, tutele e incentivi alla formazione

La capacità di “trasformare” formazione in valore passa anche da regole chiare e da meccanismi di remunerazione. A livello FIFA, dal 2001 il Regolamento sullo status e trasferimento dei calciatori riconosce due pilastri: l’indennità di formazione (art. 20 e Allegato 4) e il meccanismo di solidarietà (art. 21 e Allegato 5), che distribuisce fino al 5% del prezzo di ogni trasferimento internazionale ai club che hanno contribuito alla crescita del calciatore tra i 12 e i 23 anni. Dal 2022, la Clearing House rafforza tracciabilità e pagamenti.

In Francia, i Regolamenti FFF aggiungono strumenti nazionali: indennità di preformazione (categorie U10-U13), indennità compensativa di mutazione (quando due giocatori di uno stesso club dilettantistico passano in una stessa stagione a un club professionistico) e indennità di formazione alla fine dei contratti aspirant o stagiaire in caso di cambio club. È una microingegneria che tutela i piccoli e incentiva l’investimento iniziale.

Il meccanismo di solidarietà non è teoria: in assenza di sell-on contrattuale, la sua quota può comunque generare entrate corpose per il club formatore. Nel passaggio di Ousmane Dembélé dal Borussia Dortmund al Barcellona (2017), il Rennes stimò un introito complessivo fra 30 e 40 milioni di euro, somma che includeva i 15 milioni del primo trasferimento e bonus, oltre a indennità di formazione e solidarietà. Un “paracadute” che fa la differenza.

Il modello di vendita: quando (e come) cedere

La Francia ha affinato un timing: cedere quando la curva di valorizzazione è prossima al picco, evitando di congelare il capitale sportivo in attesa di un rendimento incerto. Alcuni esempi aiutano a capire la grammatica di questa strategia:

  1. Eduardo Camavinga: cresciuto nel Rennes, ceduto al Real Madrid nel 2021 per circa 31 milioni di euro più bonus. Un’uscita “protetta” dalla scadenza contrattuale imminente, ma che ha comunque monetizzato formazione e primo lancio.
  2. Castello Lukeba: Lyon ha venduto il centrale al RB Leipzig nell’agosto 2023 per una cifra intorno ai 34 milioni di euro: tempismo e destinazione funzionali alla crescita del giocatore e alla finanza del club.

Se si guarda ai flussi macro, nel 2024 il canale Francia→Inghilterra è stato il più ricco al mondo per spesa, a testimonianza di una specializzazione: la Ligue 1 rifinisce profili pronti per i contesti ad alta disponibilità finanziaria.

Perché i giovani giocano (e fruttano) più che altrove

La propensione all’impiego degli U21 è un moltiplicatore di valore. Le analisi CIES mostrano che diverse squadre francesi, anche nel Big 5, figurano sistematicamente ai vertici per minutaggio ai giovani — segnale di fiducia strutturale. Nella stagione 2024-25, oltre al già citato Strasbourg, la graduatoria europea ha visto Barcellona e Reims tra i più “giovani” dei top campionati, con il club alsaziano al vertice nel Big 5 per quota U21.

La filiera è supportata da numeri di base robusti: nel 2023-24 la FFF ha registrato oltre 2,3 milioni di licenze (record), con il femminile in crescita a oltre 240.000 tesserate, poi salite a circa 251.000 entro il 30 giugno 2024. Base larga significa scala di selezione ampia, competizione interna e margine per scovare profili atipici.

Il ruolo del “gendarme” DNCG: disciplina finanziaria e dipendenza da plusvalenze

Il sistema è vigilato dalla DNCG (1984), organismo che controlla i conti dei club e può imporre embargo sul mercato, limiti alla rosa, fino alla retrocessione. Questa cultura del controllo ha spinto molte società a fare del player trading un pilastro del modello. Nel 2025, però, lo stesso regolatore ha lanciato un allarme: deficit cumulati stimati intorno a 1,2 miliardi di euro e invito a “cambiare modello”, riducendo la dipendenza da plusvalenze e riportando i salari — oggi al 67% dei ricavi, contro il 53% medio europeo — su livelli sostenibili.

Le decisioni periodiche della DNCG — che spesso impongono encadrement de la masse salariale o monitoraggi stringenti — sono parte del quotidiano dei club francesi: un vincolo che incentiva a investire in formazione (costo certo, rendimento potenzialmente alto) e a vendere al momento giusto.

Cosa fanno (diversamente) le academy francesi: sei pratiche-chiave

  1. Scouting precoce e multilivello. La rete dei pôles espoirs setaccia il territorio, con staff tecnici che dialogano con scuole e famiglie, alimentando una pipeline che porta i migliori nei centri di élite. L’età 12-15 è cruciale per identificare coordinazione, visione e “apprendibilità”.
  2. Formazione integrata. Dalla tecnica specifica alla preparazione cognitiva, fino al supporto scolastico e all’educazione civica: l’obiettivo dichiarato è formare “giocatori e cittadini”. A Clairefontaine, studio e campo convivono, con la FFF che copre costi e definisce standard.
  3. Transizioni controllate. La presenza di contratti “aspirant” e “stagiaire” e di indennità codificate consente ai club formatori di proteggere il proprio investimento, evitando fughe premature e massimizzando il valore al primo contratto pro o al primo trasferimento.
  4. Esposizione competitiva. Il minutaggio concesso in Ligue 1 è più alto che altrove per i coetanei, accelerando la curva di apprendimento. Club come Strasbourg, Reims, Monaco, Rennes o Nice hanno normalizzato la presenza di U21 in ruoli-chiave.
  5. Ingegneria contrattuale. Oltre a bonus e sell-on, i club capitalizzano su solidarietà FIFA e indennità di formazione, meccanismi che garantiscono ritorni anche anni dopo l’uscita di un talento, come dimostra il caso Dembélé per il Rennes.
  6. Mercati-obiettivo chiari. L’asse con la Premier League è il più remunerativo: profili atleticamente pronti e tatticamente duttili sono appetibili per club inglesi ad alta liquidità. Il dato dei 305 milioni di dollari spesi nel 2024 dal Regno Unito per calciatori provenienti dalla Francia è eloquente.

Le ombre del modello: diritti tv, cicli di mercato e concorrenza globale

Il successo nella formazione non vaccina da shock esterni. La crisi periodica dei diritti tv domestici stringe la liquidità dei club e spinge a vendere in modo più aggressivo, come notato nel mercato estivo 2025: entrate record da cessioni, ma con la necessità di “fiutare i colpi” in entrata all’ultimo. Un equilibrio delicato tra sostenibilità sportiva e urgenze finanziarie.

In parallelo, il ciclo internazionale ha oscillazioni: la FIFA ha rilevato nel 2024 un calo della spesa globale a 8,59 miliardi di dollari (dopo il record 9,66 del 2023), pur su livelli storicamente alti. Tradotto: meno “big deals” strutturali e più attenzione al costo/età, con effetti diretti sulla strategia di vendita dei club francesi.

Femminile e futsal: estensioni che ampliano bacini e competenze

La filiera francese sta estendendo la propria influenza anche nel femminile, con un record di oltre 251.000 licenze al 30 giugno 2024 e un obiettivo federale di 500.000 entro il 2028. Investimenti, staff dedicati e una rete che replica — in scala — le buone pratiche del maschile promettono di generare nuovi asset sportivi ed economici.

Anche discipline “adiacenti” come il futsal dentro i pôles e l’allenamento coordinativo arricchiscono il bagaglio dei giovani calciatori, migliorando tecnica in spazi stretti e rapidità decisionale: un vantaggio formativo che torna utile nella transizione ai contesti d’élite.

Prospettive: come restare in testa alla curva

Per consolidare il primato, tre linee di azione appaiono decisive:

  1. Stabilità finanziaria. La DNCG continuerà a imporre una disciplina che, se accompagnata da riforme su salari e governance, può ridurre la dipendenza da plusvalenze estemporanee. La formazione rimarrà un pilastro, ma dovrà essere un capitale paziente più che una cassaforte d’emergenza.
  2. Valorizzazione domestica. Più minuti ai giovani in Ligue 1 aumentano competitività e quotazioni. L’esempio Strasbourg dimostra che la scelta paga sul campo e sul mercato. Diffondere pratiche e metriche condivise (minuti, età media, progressione) può accelerare l’adozione.
  3. Integrazione femminile e territoriale. Ampliare la base lato femminile e rafforzare la rete periferica dei pôles, specie nei dipartimenti d’oltremare, significa allargare il serbatoio e ridurre la dispersione di talento.

In sintesi: l’“effetto Francia” non è un colpo di fortuna, ma il prodotto di una catena del valore che unisce scoperta precoce, formazione strutturata, esposizione competitiva e ingegneria delle cessioni. Un modello che oggi massimizza ricavi — 3,98 miliardi di euro in dieci anni — e che, se saprà correggere le fragilità finanziarie e cogliere la crescita del femminile, ha le basi per restare in testa alla classifica ancora a lungo.

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