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Under 16 Élite

Perde il nonno e torna al gol 308 giorni dopo l'ultima volta: «Non si perdeva una mia partita»

Jacopo Rossomanno, abbracciato dal Club Milano, punta le dita al cielo in ricordo di Ignazio Rossomanno

Jacopo Rossomanno

UNDER 16 ÉLITE CLUB MILANO • Jacopo Rossomanno

«Questo l’ho fatto per te». Per lui, riflesso di un amore d’altri tempi. Per lui, porto sicuro dove attraccare lo sguardo nei momenti più difficili. Che fosse una gara casalinga o una trasferta, lui c’era. Non ne perdeva una. Jacopo Rossomanno vince la sfida più difficile di tutte: affronta il lutto per la scomparsa del nonno Ignazio e, a pochi giorni dal funerale, scende in campo fra l’abbraccio dei compagni, ritrovando il sapore del gol a distanza di 308 giorni dall’ultima volta. La corsa non può che essere in direzione della famiglia. E poi le dita, puntate verso il cielo a indicare il suo più grande tifoso.

VOLEVA VEDERLO SEGNARE

«Mio nonno era sempre in tribuna. Ho il ricordo di lui sugli spalti fin da quando sono piccolino. Non si perdeva una mia partita, che fosse in casa o in trasferta». Parte da qui il racconto di Jacopo. «Mi accompagnava sempre agli allenamenti perché molto spesso i miei genitori lavoravano e non riuscivano a esserci. Con lui ho sempre avuto un rapporto simile a quello tra padre e figlio. Mi sosteneva sempre». E il sostegno non è mancato neanche nel momento più difficile. «Il gol non è arrivato per caso. Penso ci sia un filo conduttore e sono convinto che il nonno stesse guardando la partita da lassù: voleva vedermi segnare e io non aspettavo altro che dedicarglielo».

Rossomanno non trova una rete banale. Mette a segno il gol del 3-1 che chiude definitivamente i giochi in una sfida con il Rozzano in cui i biancoverdi non mancano di mettere in campo tutta la propria garra. «Ho proprio voluto farlo per lui. Sono subito corso verso mio padre. Anche lui era convinto che avrei segnato. Mamma si è messa a correre per venire ad abbracciarmi. Me li sono ritrovati lì ancor prima di averlo realizzato. Ho fatto il segno della croce e ho indicato il cielo pensando: “Nonno, questo è per te”».

L'AFFETTO DEL CLUB

C’è quindi un aspetto spesso sottovalutato: il club come estensione dello spazio familiare. Una società sportiva non è soltanto il luogo in cui si forma la cultura di un atleta. È un connubio di rapporti umani che spesso incidono nella vita personale di ognuno: «I compagni sapevano tutto. Durante la settimana D’Angelo, Candiani, Magni e Riva mi hanno confortato. Cecconi mi ha accompagnato durante la cerimonia d’addio. Tutti — la squadra, i genitori, lo staff del Club Milano e il tecnico Luigi Bove — mi hanno fatto da guscio. Durante la settimana mi sono stati molto vicini. Durante la partita, poi, D’Angelo mi ha detto che il gol sarebbe arrivato e così è stato».

Bove si sposta su un 4-5-1 e chiede a Rossomanno di alzarsi. Non fa più il terzino e deve andare a occupare il vertice alto di destra. Il punteggio è di 2-1. Candiani imbuca per Manni e, mentre Jacopo segue l’azione, percepisce il momento. Quando si presentano davanti al portiere, Manni gli passa la palla e a Rossomanno non resta che spingere in porta il ricordo più agrodolce del 2025. Per lui, che non segnava da 308 giorni, nulla è casuale e sì, nel calcio nulla è casuale.

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