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Riforma campionati, ci scrivono Matteo Russo e Antonio Aprea

Under 15 e 14 riportiamoli nella Scuola calcio e poi creiamo delle categorie di merito

Riforma campionati, si entra nel vivo: ecco la proposta rivoluzionaria delle due società lecchesi

Periodo di riforme, cambiamenti, dibattiti. Da qualche a mese a questa parte, ormai, non si parla d'altro. Ancora tanti i dubbi da sciogliere, ancora incerto il futuro dei settori giovanili dilettantistici della Lombardia. E c'è anche chi propone una propria ricetta per far sì che ogni società possa crescere e formare al meglio i ragazzi. Nella circostanza ci scrivono Matteo Russo e Antonio Aprea, responsabili rispettivamente dei settori giovanili di San Giorgio Molteno e Sala Galbiate

«Gentile redazione di Sprint e Sport,

siamo Matteo Russo, responsabile del settore giovanile del San Giorgio Molteno Brongio, e Antonio Aprea, responsabile del settore giovanile del Sala Galbiate 1974, due dirigenti di due realtà del lecchese. Vi scriviamo perché riteniamo che la riforma del calcio giovanile, oggi al centro del dibattito, rappresenti un’occasione importante ma anche un passaggio delicato. Se non affrontata con coraggio e coerenza, rischia di trasformarsi nell’ennesimo intervento che uniforma senza davvero migliorare.

Il cuore della questione riguarda, a nostro avviso, le categorie Under 14 e Under 15, che dovrebbero essere considerate a pieno titolo anni formativi, non competitivi. In queste fasce d’età si costruiscono le basi tecniche, cognitive e relazionali del giovane calciatore: parlare di retrocessioni, promozioni o classifiche esasperate significa tradire lo spirito educativo del gioco. È in questa fase che l’allenatore deve poter lavorare in serenità, senza la pressione del risultato, accompagnando i ragazzi nella crescita e nella scoperta del calcio vero.

Proprio per questo proponiamo un sistema più chiaro e coerente, basato su tre livelli definiti dal manuale di riconoscimento dei livelli del SSG della federazione :

le società riconosciute di primo livello dovrebbero rimanere nel provinciale, dove l’obiettivo di base è garantire inclusione, partecipazione e formazione dei valori fondamentali del gioco.

le società riconosciute di secondo livello dovrebbero partecipare ai campionati regionali Giovanissimi, senza retrocessione, proprio per permettere loro di programmare e crescere nel tempo, senza l’ansia del risultato.

le società che si collocano dal terzo livello a salire dovrebbero partecipare al campionato Élite, dove si confrontano le società più strutturate, con una dimensione tecnica e organizzativa più avanzata.

In sintesi: chi più fa formazione, in più ambiti e con qualità, ha il diritto di giocare a livelli più alti.

Il vantaggio a livello globale sarebbe doppio: da un lato non si giocherebbe più per il risultato nelle categorie di formazione, avvantaggiando i giocatori più precoci a discapito dei tecnici tardivi. Inoltre stimolerebbe le società a strutturarsi e arricchirsi per poter partecipare ai campionati regionali e Élite, così da aumentare la qualità generale delle proposte tecniche sui territori.
Le società verrebbero riconosciute per l’attenzione fornita alle famiglie e ai ragazzi e non per i risultati.

All’interno di questo quadro, pensiamo che per le categorie Giovanissimi sarebbe magari utile introdurre tre tempi da 30 minuti, con un tempo obbligatorio per ciascun giocatore e l’obbligo di presentarsi in almeno 16 convocati. Sarebbe un passo concreto per rendere le partite realmente formative e per garantire spazio a tutti i ragazzi che si allenano durante la settimana. Non si tratta di un dettaglio: partecipare significa sentirsi parte del gruppo, e solo così si costruisce la motivazione e il senso di appartenenza che servono per crescere.

Allo stesso tempo, riteniamo necessario porre un tetto massimo di tesserati per annata, per evitare di avere gruppi eccessivamente numerosi che finiscono per escludere molti giovani dal gioco attivo, e rivedere la possibilità per una stessa società di schierare più squadre nei campionati regionali o provinciali, perché questo spesso finisce per impoverire le realtà più piccole del territorio.

Il calcio dilettantistico gestisce la quasi totalità dei giovani calciatori italiani: abbiamo quindi il dovere di formare, non di vincere.
Chiediamo che la riforma parta davvero da questo principio, ascoltando le società che ogni settimana vivono il campo e ne conoscono i bisogni reali.

Sprint e Sport è da sempre la voce di chi il calcio giovanile lo vive e lo costruisce dal basso. Ci piacerebbe che attraverso le vostre pagine si potesse aprire un confronto serio su questa proposta, nella speranza che serva da spunto per costruire un sistema più giusto, più coerente e, soprattutto, più formativo per i nostri ragazzi.

Con stima,
Matteo Russo – Responsabile Settore Giovanile San Giorgio Molteno Brongio
Antonio Aprea – Responsabile Settore Giovanile A.S.D. Sala Galbiate 1974».

Gentilissimi, grazie per averci scritto
Credo, rispondendo, vi darò una delusione, ma la vostra lettera ha un grande merito e cioè quello di aprire un confronto. Siamo d'accordo praticamente su tutto, nel senso che i principi devono essere esattamente questi. Parola per parola, virgola per virgola. Questi però non possono essere i principi delle categorie agonistiche, bensì della Scuola calcio. Solo due settimane fa abbiamo pubblicato in prima pagina una lettera a firma Giuliano Rusca, che non penso vi debba dire chi è, il quale spiegava gli stessi vostri concetti. Ma quello, come diceva Rusca, è il calcio dei bambini, il calcio cioè dove si deve fare formazione e per farlo servono istruttori (badate bene, non allenatori) che devono trasmettere dei concetti precisi.

Attenzione, non sto dicendo che nei Giovanissimi il risultato deve essere l'unica cosa conta. Mai e poi mai, ma a farlo contare sono proprio gli allenatori per i quali conta solamente vincere, vincere, vincere. Vincere fa parte del gioco, ma la cosa più importante è come si vince e soprattutto cosa si vince. E qui torna in ballo la vostra lettera. Sono le società che devono stabilire cosa conta all'interno della loro struttura, quali sono gli obiettivi che si devono perseguire.

Perché nel corso dei miei quarant'anni di carriera ho conosciuto molti presidenti che predicavano crescita, formazione, valori partecipando a campionati provinciali. Le loro squadre erano sempre nei bassi fondi delle classifiche e malgrado questo avere sempre molti giovani calciatori iscritti. L'asino però cascava non appena avevano un ragazzo sopra la media sul quale si posavano gli occhi di una società importante, una di quelle che voi mettereste nel campionato Élite, perché anziché accompagnarlo e augurargli buona fortuna, facevano di tutto per trattenerlo. E qui i principi vanno a farsi benedire.

Non so quale riforma uscirà dalle "argute" stanze del potere lombardo. Sul metodo vi posso dire che ho molto molto da dire. Ci sono due modi di operare quando si fanno riforme importanti. La prima è copiare quello che hanno fatto gli altri cercando di verificare gli aspetti positivi e negativi e quindi migliorarli. La seconda ascoltando i territori, addetti ai lavori, e perché no, anche un giornale come il nostro che scrive di calcio dal 1957. Non vorrei che qualcuno pensasse che volevamo fare noi la riforma, per carità.

I vostri principi sono sani, mettiamoli in pratica nella Scuola calcio. Nelle categorie agonistiche lavoriamo per costruire partendo dagli allenatori. Se vogliono solo vincere, se urlano a bordo campo come i pazzi, se danno poco minutaggio ai loro ragazzi forse non sono adatti al vostro nobile scopo. E per questo non possiamo rivoluzionare un'intera regione. Spero di essere riuscito a spiegare i miei concetti e soprattutto di aver colto il segno della lettera.

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