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Coesione, visione e sviluppo: li club passato da realtà cittadina a riferimento regionale

Da missioni impossibili a polo formativo: Gini trasforma la Cittadella in un progetto in crescita

Coesione, visione e sviluppo: come il direttore ha trasformato una storica realtà cittadina in un riferimento regionale

ARDITA CITTADELLA • Alessandro Gini, responsabile attività agonistica

Ha iniziato ad allenare nel 2003 e la sua storia nelle categorie dilettantistiche lombarde, costruita tra prima categoria, promozione ed eccellenza, inizia una volta appesi gli scarpini al chiodo. Spesso chiamato ad imprese dentro realtà medio-piccole, dove la differenza la facevano le idee, non i budget e ha potuto scrivere tante belle pagine, Gini, alla soglia dei 50 anni scelse di dedicarsi ai giovani. Oggi è il responsabile del settore giovanile dell’Ardita Cittadella che insieme alla “sorella” Cittadella è un polo di riferimento nel panorama comasco. Con un duro lavoro, in pochi anni, il club ha creato una struttura forte, con identità, metodo e una chiara prospettiva futura. Nel ripercorrere il suo cammino ci tiene a dire una cosa: «Devo moltissimo ai mister e ai direttori che ho avuto. Mi hanno formato come uomo e mi hanno fatto capire cosa avrei potuto evolvere il mio ruolo. Ora ho la fortuna di avere mister validissimi intorno a me che mi aiutano e condividono queste ambizioni».

GLI INIZI E L'ARRIVO AL CITTADELLA

«Ho allenato per diciassette anni prime squadre, quasi sempre in contesti dove bisognava sudarsi la salvezza o provare a stupire con gruppi costruiti con attenzione e coraggio più che con risorse economiche. Mi consideravano un po’ l’uomo delle missioni impossibili, ma mi son tolto tante soddisfazioni». Arrivato ai cinquant’anni, però, sente che è il momento di cambiare direzione: «Volevo tornare a lavorare sui giovani. Ero stanco di non trovare un percorso di continuità alle spalle delle prime squadre». Negli anni del Covid entra in contatto con Nazzareno Tosetti, figura di riferimento per gli allenatori comaschi e molto compianto nella città. «Mi ha voluto nel progetto. Il Cittadella, all’epoca, aveva una sola categoria agonistica nei regionali: l’Under 15 e si fermava agli Allievi». La prima necessità era evidente: «I ragazzi crescevano, ma non avevano una strada definita sopra. Venivano indirizzati altrove». Da qui è nata la collaborazione con una realtà altrettanto storica della città, il Cittadella. «Loro avevano solo la prima squadra, noi un settore giovanile in espansione. Insieme all’amico e direttore Tony Campeglia abbiamo unito le forze e costruito un vero percorso di crescita, dando una continuità interna che prima non esisteva».

LA STRUTTURA ATTUALE E L’EVOLUZIONE DEL PROGETTO

Oggi il settore giovanile della Cittadella è profondamente variegato. Negli anni del Covid entra in contatto con Nazzareno Tosetti, figura di riferimento per gli allenatori comaschi e molto compianto nella cittàe diverso dal punto di partenza del 2019. Sotto la guida del tecnico Bandirali l’attività di base forma i ragazzi che poi entrano nelle annate agonistiche che comprendono Under 14, Under 15, Under 16, Under 17 e Under 18, tutte regionali. Ora l’obiettivo dichiarato è provare ad aggiungere anche la stessa categoria in Juniores, completando così un tracciato formativo che possa portare i ragazzi dalla scuola calcio fino all’ingresso nel mondo adulto. «Qui si deve lavorare forte sui giovani a prescindere che si giochi nei regionali o provinciali. Ogni anno, è vero, inseriamo qualcosa, sia dal punto di vista tecnico sia societario. E magari aggiungiamo un titolo regionale in più». Il risultato più evidente oggi è in prima squadra: «Il 40% dei giocatori arriva dal nostro settore giovanile ed è una cifra che puntiamo ad aumentare se possibile. I 2005 e 2006 sono già inseriti, i 2007 stanno salendo e qualche 2008 sicuramente inizierà ad allenarsi con i grandi nel girone di ritorno». Una crescita supportata anche dalle strutture: «Finalmente abbiamo un campo a undici, una palestra, una sala video per l’analisi delle partite, un’area fisioterapica, un bravo preparatore atletico e la registrazione sistematica degli incontri. Un passo alla volta, senza forzare nulla, siamo diventati una realtà che si fa rispettare». E sui grandi invece: «La nostra prima squadra è prima in classifica dalla settima giornata, ed è un grande orgoglio. La retrocessione dell'anno scorso non ci ha spaventato, sapevamo che la Promozione era una categoria difficile e che forse non eravamo ancora pronti, ma l'abbiamo affrontata a testa alta e nelle difficoltà si impara tanto».

IL METODO: CONTINUITÀ, MIGLIORAMENTO, RESPONSABILITÀ


L’approccio è chiaro e coerente: valorizzare i ragazzi senza creare illusioni. «Non diamo peso alla categoria: regionale o provinciale non cambia. Conta quanto migliorano e come si allenano». Il lavoro è quotidiano e personalizzato. «Ho il dovere di conoscere tutto dei ragazzi: qualità tecniche, caratteristiche caratteriali, comportamenti dentro e fuori dal campo. Solo così possiamo costruire gruppi competitivi e ragazzi pronti e con un futuro davanti». Porta un esempio che sintetizza tutto: «La scorsa settimana ha esordito in prima squadra un 2006. Ha segnato al debutto. In Under 15 era indietro nelle gerarchie. Con pazienza e lavoro è diventato anche lui un giocatore di prospettiva». Poi una frase che riassume l’essenza del progetto: «Non dobbiamo illudere i ragazzi. Dobbiamo migliorarli. E quando si migliorano e stanno bene, restano». Le esperienze nei professionisti esistono, ma non sono il centro del percorso. «Ogni anno uno o due ragazzi vengono chiamati, ma il nostro obiettivo è formare tutti i giocatori, renderli completi, riconoscibili per ciò che sanno fare tecnicamente e per come si comportano in campo».

GENITORI, ASPETTATIVE E COLLABORAZIONE


«Ogni famiglia è un mondo a sé. Non puoi avere un protocollo uguale per tutti». Il punto di forza è la collaborazione costante. «Noi vediamo i ragazzi anche nove, dieci ore a settimana. Per lavorare bene dobbiamo sapere anche cosa accade fuori dal campo. Per fortuna abbiamo due presidenti bravi ed attenti anche a queste sfumature. Siamo tutti allineati». Le difficoltà emergono quando prevale la pressione del risultato. «Ci sono genitori che vivono col cronometro in mano: un minuto in più o in meno sembra determinante. Non capiscono che nessun allenatore toglie spazio a un ragazzo se pensa che sia pronto a farne di più. Ogni ragazzo ha i suoi tempi e vanno rispettati, accompagnati». L’approccio della Cittadella è costruito sul lungo periodo: «Il nostro progetto non dura una stagione, dura anni. E quando i genitori capiscono questa logica, il ragazzo cresce molto meglio, perché ci si pongono degli obiettivi insieme».

LE RIFORME: VINCOLO E CAMPIONATI

Sulle due riforme degli ultimi anni, Gini è realista. La prima, la riforma del vincolo, ha avuto un impatto immediato. «Ha creato difficoltà a società come le nostre che lavorano davvero sulla formazione. Ma era inevitabile per l’Italia: eravamo gli ultimi in Europa ad avere quel sistema. Il problema è che tutto è arrivato insieme alle novità sui contratti e molte società non sono riuscite a strutturarsi per reggere il carico extra di lavoro burocratico». La seconda, la riforma dei campionati, apre interrogativi più tecnici: «Abbiamo presentato le nostre proposte e attendiamo di scoprire presto quale sarà il nuovo indirizzo del Comitato regionale. Non sono contro a priori. Personalmente però ritengo che la federazione dovrebbe concentrarsi più sul miglioramento delle società, e non sul premiare le singole squadre. Una squadra forte può nascondere una struttura debole e può non spronare al miglioramento di tutto il resto del settore giovanile. Sono comunque aperto al cambiamento e curioso di capire come verranno gestite le categorie Under 14 e Under 17, perché lì è il vero nodo»

IL CONTESTO COMASCO E LE PROSPETTIVE FUTURE


Il confronto con province come Monza o Varese è quasi automatico, ma Gini offre una lettura più profonda. «Como è una provincia piccolissima, con una natalità in calo drammatico dal 2012. Ci sono troppe società per pochi ragazzi, pochi tecnici, pochi dirigenti. Non ci sono numeri sufficienti per avere continuità e qualità ovunque». L’effetto è evidente: difficoltà per tutti nel mantenere le categorie d’élite, squadre incomplete, concorrenza esasperata tra realtà vicine. «Non è un problema della singola società, è un problema generale. E sarà ancora più evidente nei prossimi cinque anni». Il polo Cittadella vuole essere parte della soluzione: «Vogliamo essere una realtà credibile, solida, coerente. Continuare a crescere, passo dopo passo, mettendo i ragazzi e la loro crescita tecnica al centro del progetto».

 

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