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Intervista

Al Milan, al Napoli e ora al Valencia: è un "fedelissimo" di Gennaro Gattuso

Dalla Valsassina ai più importanti palcoscenici europei. Il racconto e la storia del preparatore atletico Dino Tenderini

Tenderini

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Il premanese Dino Tenderini si sta dedicando alla preparazione del Valencia e poco prima di Ferragosto esordirà nella Liga contro il Girona: il classe 1969 fa parte dello staff di Gennaro Gattuso, con cui ha iniziato a collaborare in rossonero nel 2017.

Quando inizia la tua storia col pallone?
«Come tanti ragazzi amavo giocare a calcio, ma la mia esperienza è rimasta confinata ai Dilettanti, realtà in cui insegui solo il divertimento: a 23 anni ho smesso, consapevole di dover mettere in pratica gli studi di Scienze Motorie. Dopo aver allenato le Giovanili a Sondrio e Colico e la Prima Squadra a Cortenova, mi sono specializzato nel ruolo di preparatore atletico: risale ai tempi del Settore Giovanile del Lecco la svolta, capii che poteva essere il mio mestiere».


Coverciano è la tappa del 1998.
«Il corso vale l'abilitazione a preparatore in Serie A: è già un successo parteciparvi, perché ogni anno gli ammessi sono una cinquantina. Acquisisci la formazione necessaria, hai modo di conoscere colleghi e il confronto diretto è prezioso: migliori con lo scambio di conoscenze, non se tieni segreto il tuo ingrediente! Sono stato per un decennio docente di calcio in Cattolica sulla preparazione atletica: è auto-formazione che mi ha arricchito alla pari della collaborazione che ho da 15 anni con lo Sci Club Lecco. È una disciplina da cui rubo qualcosa: un altro periodo di preparazione, altri carichi di lavoro… E c'è la soddisfazione di vedere atleti crescere e magari esordire in Coppa del Mondo».



Quando hai debuttato da preparatore?
«Alba del Duemila, al seguito di Carlo Garavaglia, allenatore di Saronno e Novara: Serie C. Già collaboravo con le Scuole Calcio Milan, quando una “sliding door” aprì le porte di Milanello: era il Settore Giovanile di Baresi e Galli, ho svolto la trafila sino alla Primavera di Gattuso e, dopo la parentesi di Napoli, eccomi qua».


La metodologia di lavoro.
«Non amo le mode, ma da ogni corrente di pensiero hai aspetti da usare in funzione dei tuoi obiettivi: una volta si puntava sulla corsa e quindi via a dieci ripetute da mille metri, poi si cercava la forza, un altro periodo invece il lavoro con la palla…»

Scalando i gradini della professione sei cambiato?
«La persona Dino no, mette lo stesso impegno: formazione e maturazione si sono adattate all'asticella che si è alzata. Ti faccio un esempio: nei Dilettanti c'è un margine di errore, se sbagli probabilmente lo capisci solo tu; la preparazione che seguo invece a questo livello mi tiene impegnato dalle 8 alle 23, tra programmazione, allenamento e analisi dei dati».

Cos'è il calciatore per il preparatore atletico?
«Una persona in tutte le sue sfaccettature, un ragazzo del quale sei a disposizione in funzione della prestazione sotto il profilo emotivo, fisico e tecnico».

È mestiere in cui conta più l'aggiornamento o il quotidiano?
«Entrambi sono importanti, perché il lavoro di ogni giorno si compone di ciò che fai nel tempo: l'aggiornamento è fondamentale, ma quando sei con la squadra lo spazio da dedicarvi è ridotto».

I risultati non arrivano: hai vinto lo stesso se…
«I risultati tendono a permeare i giudizi: occorre equilibrio, fare mente locale sul tuo lavoro in modo sereno… Nei momenti difficili hai la possibilità di proporre soluzioni, in quelli positivi devi avere curiosità di aggiornarti, senza adattarsi sui facili entusiasmi».

Come vivi dalla panchina la gara?
«Il primo preparatore Dominici è a stretto contatto col Mister, io mi occupo dell'attivazione e del riscaldamento dei ragazzi: ci sono fasi di gioco che mi perdo, ma in quel momento è il mio obiettivo…»

Il tuo lavoro cambia in base a come gioca la squadra?
«Incidono i giocatori che trovi, sì: pensa solo a come evolve il calcio, per esempio la velocità della palla e degli atleti». Cosa porti con te dalla Valsassina? «Gli affetti familiari mi mancano, ma non mi sono mai allontanato dalle radici: porto con me la testardaggine e la voglia di migliorare, andando avanti in mezzo alle difficoltà senza abbattersi!»

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