Intervista
04 Agosto 2022
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Il premanese Dino Tenderini si sta dedicando alla preparazione del Valencia e poco prima di Ferragosto esordirà nella Liga contro il Girona: il classe 1969 fa parte dello staff di Gennaro Gattuso, con cui ha iniziato a collaborare in rossonero nel 2017.
Quando inizia la tua storia col pallone?
«Come tanti ragazzi amavo giocare a calcio, ma la mia esperienza è rimasta confinata ai Dilettanti, realtà in cui insegui solo il divertimento: a 23 anni ho smesso, consapevole di dover mettere in pratica gli studi di Scienze Motorie. Dopo aver allenato le Giovanili a Sondrio e Colico e la Prima Squadra a Cortenova, mi sono specializzato nel ruolo di preparatore atletico: risale ai tempi del Settore Giovanile del Lecco la svolta, capii che poteva essere il mio mestiere».
Quando hai debuttato da preparatore?
«Alba del Duemila, al seguito di Carlo Garavaglia, allenatore di Saronno e Novara: Serie C. Già collaboravo con le Scuole Calcio Milan, quando una “sliding door” aprì le porte di Milanello: era il Settore Giovanile di Baresi e Galli, ho svolto la trafila sino alla Primavera di Gattuso e, dopo la parentesi di Napoli, eccomi qua».
Cos'è il calciatore per il preparatore atletico?
«Una persona in tutte le sue sfaccettature, un ragazzo del quale sei a disposizione in funzione della prestazione sotto il profilo emotivo, fisico e tecnico».
È mestiere in cui conta più l'aggiornamento o il quotidiano?
«Entrambi sono importanti, perché il lavoro di ogni giorno si compone di ciò che fai nel tempo: l'aggiornamento è fondamentale, ma quando sei con la squadra lo spazio da dedicarvi è ridotto».
I risultati non arrivano: hai vinto lo stesso se…
«I risultati tendono a permeare i giudizi: occorre equilibrio, fare mente locale sul tuo lavoro in modo sereno… Nei momenti difficili hai la possibilità di proporre soluzioni, in quelli positivi devi avere curiosità di aggiornarti, senza adattarsi sui facili entusiasmi».
Come vivi dalla panchina la gara?
«Il primo preparatore Dominici è a stretto contatto col Mister, io mi occupo dell'attivazione e del riscaldamento dei ragazzi: ci sono fasi di gioco che mi perdo, ma in quel momento è il mio obiettivo…»
Il tuo lavoro cambia in base a come gioca la squadra?
«Incidono i giocatori che trovi, sì: pensa solo a come evolve il calcio, per esempio la velocità della palla e degli atleti». Cosa porti con te dalla Valsassina? «Gli affetti familiari mi mancano, ma non mi sono mai allontanato dalle radici: porto con me la testardaggine e la voglia di migliorare, andando avanti in mezzo alle difficoltà senza abbattersi!»