Il Lutto
08 Marzo 2023
Ha legato il suo nome a livello dilettantistico al Cimiano, società nella quale è stato un vero e proprio punto di riferimento per quanto riguarda il settore giovanile. Italo Galbiati, storico vice-allenatore di Fabio Capello in ogni esperienza dell'allenatore di Milan, Real Madrid, Roma e Juventus, è scomparso all'età di 85 anni.
Dopo gli inizi da calciatore - la cui carriera è legata perlopiù al Como dopo l'esordio con l'Inter - è partito il sodalizio con Fabio Capello appunto, con il quale ha condiviso tutti i più grandi successi del tecnico, tra Scudetti, Champions League e campionati spagnoli. Senza dimenticare, ovviamente, la storia più interessante legata al nome di Italo Galbiati, ossia quella di essere l'uomo che ha - sostanzialmente - creato Zlatan Ibrahimovic.
I funerali si terranno sabato 11 alle 11 del mattino presso la Parrocchia di San Pio V e Santa Maria di Calvairate in via Lattanzio 60, a Milano.
Come detto, a livello di settore giovanile, Italo Galbiati era un vero e proprio punto di riferimento per il mondo Cimiano e tutto quello legato alla società. Braccio destro di Agostino Malavasi, ai tempi presidente della società biancorossa, con lui e anche con Tiziano Crudeli il trittico rappresentava un po' la voglia e l'ambizione della società di via Don Calabria di aspirare a qualcosa in più e di voler offrire ai propri ragazzi la possibilità di vivere un percorso che potesse poi sfociare in qualcosa di importante.
Per questo motivo e per la sua esperienza pluridecennale nell'élite del calcio europeo e mondiale, Galbiati al Cimiano, con le sue opinioni, con le sue idee e con i suoi consigli è sempre stato preso in grandissima considerazione dall'ambiente biancorosso, che appunto su Milano rappresenta una delle eccellenze del calcio giovanile.
E proprio da Agostino Malavasi arriva un ultimo pensiero e saluto nei confronti di Galbiati, in virtù degli anni passati insieme al Cimiano:
Ciao Italo,
anche tu mi hai lasciato dopo tanti anni trascorsi insieme al Cimiano, dove tutti i pomeriggi allenavi i ragazzi che stravedevano per te, che li inondavi di consigli e cercavi di insegnare loro come calciare di destro e di sinistro, colpire di testa, marcature a uomo, movimenti in campo per i centrocampisti e per le punte durante le partite ma, soprattutto, insegnavi come comportarsi, l’educazione sportiva, il rispetto dei compagni e degli avversari. Oltre che un grande insegnante del giuoco più bello sei stato un maestro di vita. Certi valori rimangono dentro e per questo te ne sarò sempre grato. Poi ci sono le giornate goliardiche passate insieme con altri amici intorno a una tavola imbandita dove tu ci sciorinavi aneddoti della tua vita calcistica trascorsa in giro per il mondo dal Milan al Real Madrid, Roma, Nazionale Inglese e Russa sempre con il Tuo grande mister, Fabio Capello. Ci siamo salutati la scorsa settimana, sempre al Cimiano, con l’amico fraterno Gigi Balestra e Fabio: ci siamo abbracciati e nessuno pensava che sarebbe stato il nostro ultimo incontro. Hai dedicato la tua vita al calcio e per questo molte decine di ragazzi diventati poi campioni te ne saranno grati per sempre.
Ciao Italo, che la terra ti sia lieve.
La storia, per sommi capi, la conoscono tutti: Zlatan Ibrahimovic si trasferisce dall'Ajax alla Juventus ma il suo primo impatto con il calcio italiano e - soprattutto - con Fabio Capello non è dei migliori. Per questo motivo, il tecnico convince Ibra a migliorare nella finalizzazione dedicando del tempo dopo le sessioni di allenamento, come raccontato a più riprese da Capello e Ibrahimovic stessi.
Quello che non tutti sanno, però, è che in quei momenti post-allenamento, in cui Zlatan calciava in porta e cerca di perfezionare lo stacco di testa, le cure del giocatore erano state affidate proprio a Italo Galbiati, uomo scelto e incaricato da Capello per far migliorare Ibrahimovic e di fatto renderlo il giocatore che è stato per tutta la sua carriera. In diverse occasioni Galbiati ha parlato del suo rapporto con Ibra, dicendo: «Lo facevo allenare sui suoi punti deboli e lo provocavo dicendo che non avrebbe mai raggiunto Marco Van Basten. Lui si arrabbiava ma io gli ricordavo di aver allenato proprio Van Basten e gli assicuravo che sarebbe diventato un campione. È sempre stato un talento naturale: appena lo vidi in Svezia dissi subito che era da prendere. Ma ancor di più, è un grande uomo».