Il Pungiglione
24 Marzo 2025
Da Jorge Valdano a Pirlo e Baggio, passando per Furino, Platini e Rivaldo: certe giocate e certi aneddoti non torneranno più
Jorge Valdano, campione del mondo con la Nazionale Argentina nel 1986 racconta: «In uno dei miei primi allenamenti con la prima squadra del Newell's Old Boys diedi la palla al mio idolo di allora Mono Oberti, il passaggio non fu preciso, Oberti non fece il minimo sforzo per raggiungere la palla, mi guardò e disse: "Ragazzino, sul piede, altrimenti cercati un altro lavoro”».
Beppe Furino, amico fraterno, capitano della Juventus, vincitore di otto scudetti, 2 Coppe Italia, Coppa UEFA, e Coppa delle Coppe mi racconta: «In partita mi viene incontro Michel Platini e a muso duro mi dice: "Beppe, perché non mi dai mai il pallone”. Risposta: "perché non ti smarchi". Controrisposta: “Guarda che la Juventus non mi ha comprato perché mi smarchi, ma perché mi diano la palla sui piedi, anzi quando ti vengo incontro lasciala, te la porto via e poi ci penso io”». Chiarito tutto. Quanti punti, quante vittorie, e quanti premi di partita…
Rivaldo, calciatore brasiliano con un passato anche al Milan nel 2002/2003. proveniente dal Barcellona: di lui si racconta che non sono mai stati i suoi compagni di squadra a colpire la palla di testa e fare gol, ma che è sempre stato Rivaldo a centrare con i suoi lanci lunghi e sapienti le teste dei compagni. Questa sua qualità gli garantiva di non essere mai rimproverato da parte della squadra in caso di prestazioni mediocri.
Andrea Pirlo è il calciatore nominato da Roberto Baggio in risposta ad un cronista che chiedeva quale fosse stato il gol più bello della sua carriera. Risposta: «Quello fatto in uno Juventus-Brescia del 2001. Da una verticalizzazione millimetrica dalla linea di centrocampo - dice - un promettente ragazzino di 22 anni supera la mia corsa in avanti con una verticalizzazione lunga facendo girare nel tragitto il pallone al contrario, lo deposita sul mio piede, ed io con un tocco delicato aggiro Van Der Sar e gonfio la rete».
Sergio Baldini, giornalista di Tuttosport, sulla prima pagina del 19 marzo di quest’anno scrive: “È” morto il dribbling”. Pezzo interessante e veritiero, a cui personalmente aggiungerei che, se con i nostri giovanì continuiamo così, a fare compagnia al dribbling nella cripta presto ci andranno anche i lanci lunghi, le grandi aperture sui lati opposti del campo, le verticalizzazioni improvvise di chi si smarca in profondità alla Baggio-Pirlo. Tecniche troppo difficili, con le quali si rischierebbe di consegnare il pallone all'avversario. Non ci sono più i Rivera, i De Sisti, i Capello, i Bulgarelli, gli Antognoni, i Di Bartolomei, i Corso, i Pirlo: tutti italiani con grande capacità di effettuare lanci lunghi, dosati col contagiri, accompagnati dagli spettatori con un “oh! oh! oh! oh! oh!”. Che tempi…
A differenza della old era durante la quale i calciatori in campo si arrabbiavano (alla Furino-Platini) tra di loro per errori tecnici, e le liti erano frequenti ma costruttive, adesso, nella new era, fateci caso, a passaggi rasoterra lunghi sbagliati, aperture laterali alte (cambi di gioco) imprecise, lanci in profondità errati, cross in corsa da dimenticare e chi più ne ha più ne metta, gli stessi calciatori che hanno vistosamente sbagliato, ricevono applausi di solidarietà dai propri compagni i quali, pur sapendo di rincorrere palloni persi, lo fanno per ricevere applausi dagli spettatori per dimostrare impegno e temperamento.
I colpevoli chi sono? Semplice: il risultato cercato a tutti i costi fin da piccoli nei campionati e tornei, il gioco dal basso (puro autolesionismo), far girare la palla a tergicristallo a metà campo (torello, palleggio, ragnatela, gioco corto, chiamatelo come volete), in attacco il “no dribbling no rischio”, i rimproveri per ogni tentativo di giocata estrosa, la paura di sbagliare. Questi sono i virus più pericolosi che minacciano il percorso di chi nutre ambizioni nel calcio.
Anche l'ossessione del possesso palla in tutte le categorie giovanili, frutto sempre di un gioco corto, di scarichi facili, di passaggi scolastici, tranquillizzano i giovani e accontentano i mister, ma ciò é gravemente nocivo per il futuro del nostro calcio. Rischiare un lancio lungo da una posizione arretrata su un attaccante in movimento è una scelta errata per molti mister, meglio darla al portiere che la la fa girare dall'altra parte, dove il più delle volte viene ripetuta la stessa strategia poco coraggiosa pensando di dimostrare calma e personalità nel mantenere la padronanza della sfera. A centrocampo il “falla girare” è la parola d'ordine pronunciata già da coloro che, appena freschi freschi di patentino, si siedono per la prima volta in panchina. E di lanci alle punte con palla attiva, manco a parlarne, troppo rischio. In attacco poi è sempre “dalla, scarica dietro, non perdere la palla, non rischiare, mettila in mezzo, vai sul fondo e crossa”.
Sì, è vero signor Sergio Baldini, non si sente più incoraggiare con un “vai e dribbla”. Anche ai bambini hanno detto che il dribbling è morto. Povero dribbling, eri una garanzia per la sopravvivenza del calcio. Riposa in pace.