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Lascia la Juventus e diventa l'eroe Scudetto dell'Inter: a 14 anni si prende il trono d'Italia

Suo il rigore decisivo nella finalissima contro l'Empoli

Lascia la Juventus e vince lo Scudetto con l'Inter:

È successo tutto in un attimo. Lorenzo Massari di Torino fischia, Giovanni D'Agostino parte con la rincorsa: è il quinto rigore, quello decisivo, quello che può valere lo Scudetto. Le sensazioni che hanno caratterizzato quell'istante, in quell'attimo, saranno sicuramente molto simili a quelle provate da Andriy Shevchenko nel 2003 a Manchester, oppure quelle di Fabio Grosso nel 2006 a Berlino. Roba che ti porti dentro per tutta la vita, sia nel bene che nel male. Dal centro si sposta leggermente verso sinistra, giusto un sospiro e poi via verso il dischetto: pallone a destra, portiere a sinistra, Inter campione d'Italia

I momenti immediatamente successivi sono quanto di più bello si possa vivere in un campo di calcio. In un attimo si toglie la maglia e corre veloce verso la tribuna: nel mezzo le urla, le lacrime, tutto giusto un istante dopo aver dato un senso alla propria ambizione di fare il calciatore. Quindi i cori, i salti. E poco dopo Leonardo Bovio, tra un convenevole e l'altro, prende in mano il trofeo e lo mostra con orgoglio al cielo di Fermo: perché l'Inter batte l'Empoli in una finale Scudetto per il secondo anno consecutivo, perché l'Inter è campione d'Italia.

MA QUALE LOTTERIA

Non se lo dimenticherà mai. Quella manciata di attimi, da quando Bagordo ha tenuto in vita l'Empoli a quando si è avvicinato al dischetto per portare i nerazzurri sul trono d'Italia, se li ricorderà per tanto, tantissimo tempo: con il sorriso di chi ha scritto una pagina indelebile della storia dell'Inter, con la consapevolezza di aver segnato il rigore più importante della vita, con la voglia di tornare presto a vivere emozioni di questo tipo. Alcuni parlano dei rigori come una lotteria, ma probabilmente non hanno mai calcato un campo di calcio. Quando ti ritrovi lì, a undici metri dalla gloria, quindi vicino al successo ma altrettanto vicino alla sconfitta, non c'è destino che tenga. E non c'è neanche il caso, la fortuna: il rigore, che sia da parare o da tirare, è un gesto tecnico. La finale di Fermo non è stata decisa né dal caso e né tantomeno dal fato, bensì da due supereroi che hanno nomi e cognomi precisi: Leonardo Mortarino e Giovanni D'Agostino. Il primo ha ipnotizzato Verdone con un gran tuffo alla sua sinistra, il secondo ha spiazzato con freddezza Lastoria.

ISTANTANEA

L'istantanea della corsa sotto la tribuna di Fermo come quella di Tardelli al Santiago Bernabeu nel 1982. Braccia aperte e urlo liberatorio: se in viale Liberazione dovessero decidere di appenderla in sede non ci sarebbe da stupirsi. Dopotutto il rigore decisivo lo ha firmato uno che fino allo scorso anno giocava con la maglia dei rivali di sempre, quella della Juventus, vestita dopo diversi anni in Campania tra Casertata prima e Napoli poi. È un dettaglio impossibile da trascurare: in primo luogo perché i trasferimenti sull'asse Torino-Milano, soprattutto a livello di settore giovanile, storicamente non sono proprio all'ordine del giorno, poi perché significa averci visto lungo nell'averlo voluto a tutti i costi sulla sponda nerazzurra del Naviglio. Se mai ci fosse qualche dubbio sulla bontà dell'operazione D'Agostino, la notte del Bruno Recchioni ha spazzato via ogni minimo dubbio. Perché in fondo non ha semplicemente segnato un rigore, bensì è riuscito a cambiare la storia, addirittura svoltarla. Quella dell'Inter, che si porta a casa lo Scudetto numero 36 a livello giovanile, il primo e unico di questa stagione dopo due finali perse. E soprattutto la sua, tenendo conto che serate come queste possono svoltare completamente carriere, quindi anche vite.

FINALE

La sua finale è iniziata a metà del secondo tempo quando Fautario lo ha inserito al posto di Grisoni Fasana, l'eroe della finalissima di Senigallia del 29 maggio 2022. Di fronte si ritrova semplicemente il centrocampo più forte d'Italia, ma il suo ingresso non sembra risentire né della forza dell'Empoli, tantissima, né tantomeno della pressione, sulla carta altrettanta. La differenza l'ha fatta la personalità, essendo già abituato a certe tipologie di palcoscenici e potendo pure contare, dettaglio non trascurabile, su una forza mentale importante nonostante la giovane età. Il resto è storia: Carrara porta clamorosamente avanti i nerazzurri, poi Bagordo la riprende all'ultimo minuto dei tempi supplementari, quindi Mortarino fa il miracolo e infine lui, Giovanni D'Agostino, segna il rigore della vita. Il gol della vita. Tutto in un attimo.

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