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Primavera 4

È l'unica donna ad allenare una squadra maschile in Italia: «Io un caso isolato, non siamo ancora pronti»

Sandy Iannella sta guidando con ottimi risultati la Primavera del Pontedera, andando contro i pregiudizi

Sandy Iannella

PRIMAVERA 4, PONTEDERA • Sandy Iannella, l'unica donna ad allenare una squadra professionistica italiana

Sandy Iannella è partita da lontano e di strada ne ha fatta, eccome. Dai primi calci alle lattine di Coca Cola agli Scudetti in Serie A e la Nazionale da calciatrice, fino a diventare allenatrice. Tutti passi fatti consequenzialmente, senza sosta. Ma con un unico denominatore: la passione sfrenata per il calcio. Quella che oggi l’ha portata a guidare dalla panchina la Primavera del Pontedera, società che le ha permesso di essere l’unica donna ad allenare una squadra maschile di un club professionistico in Italia. Quella che non l’abbandonerà mai, con l’obiettivo di combattere i pregiudizi e sdoganare finalmente la figura femminile in un mondo, come quello del calcio e degli allenatori, ancora troppo legato al genere unico.  

PASSIONE

Profondamente legata al territorio in cui è nata e cresciuta, Sandy inizia a giocare a calcio nel cortile di casa come tutti i bambini. Esatto, bambini: perché siamo ad inizi anni novanta ed è difficile per lei trovare qualche fiocco rosa con cui condividere il pallone. A venirle in soccorso è la nonna, che la porta per la prima volta a scuola calcio (maschile) al Livorno. Sandy ha solo 6 anni ma ha passione e talento da vendere. Dopo averne compiuti 11 inizia la sua storia nel calcio femminile, iniziata a Firenze, passando per Lucca per poi tornare a Livorno, perché nessun posto è come casa. Il Livorno in quegli anni (2004), non se la passa benissimo a livello economico e Iannella è costretta a partire dalla Serie C, dove esordisce a soli 17 anni. Il purgatorio dura poco: arriva subito la promozione in B e l'anno dopo sfiora la Serie A, arrivando dietro solo alle rivali del Pisa. Lei non ha neanche 20 anni ma segna 48 gol in 44 partite e si afferma come una delle calciatrici più interessanti dell'intero panorama italiano e, per il salto di categoria deve aspettare qualche mese, quando firmerà con la Torres, senza sapere che da lì a poco avrebbe riscritto la storia del calcio femminile. 

STORIA

L'anno è il 2006, indimenticabile per il calcio italiano, in positivo (Berlino) e in negativo (Calciopoli). Sandy ha 19 anni e viene chiamata dalla Sassari Torres, una delle squadre più importanti del calcio femminile italiano e il matrimonio tra Sardegna e Toscana dà i suoi frutti: nel 2007/08 arrivano i primi trofei, la Coppa Italia e la Italy Women's Cup. Poi il dominio: la Iannella porta in Sardegna 4 Scudetti consecutivi, conditi da 5 Supercoppe Italiane e un'altra Coppa Italia e, contestualmente, si merita la Nazionale Italiana, dove vanta ben 39 presenze. In pochi anni è passata da palleggiare con le bibite ad essere donna simbolo del calcio femminile italiano, contribuendo ad aumentarne la popolarità di cui tutt'ora gode: «In Sardegna mi sono consacrata come calciatrice, riuscendo a raggiungere la Champions League e conquistandomi la maglia della Nazionale. Sono molto soddisfatta del percorso fatto, ho avuto la fortuna di partecipare a due Europei (2013 e 2017), non nascondo un po' di rammarico per non aver fatto parte del Mondiale di Francia 2019. Sono soprattutto contenta del percorso fatto dal movimento calcistico femminile italiano, abbiamo fatto passi da gigante. Per noi è stato fondamentale l'avvento del professionismo: siamo ad un buon punto, ma credo che rispetto all'Europa e al mondo siamo ancora parecchio indietro…».

ALLENATRICE

Finisce la sua carriera da calciatrice laddove inizia quella da allenatrice: al Pontedera. Sandy ha 36 anni e, dopo 25, torna a masticare calcio maschile, togliendo gli scarpini e munendosi di taccuino. Nell'estate 2023 il direttore Emiliano Branca le affida coraggiosamente la panchina della Primavera 4, reduce da un nono posto e in cerca di aria fresca per riemergere. Parliamo di coraggio perché la Iannella è giovane e donna: un unicum in tutto il panorama calcistico italiano che è al 99,9% composto da uomini: «Spero che tra qualche anno non faccia più notizia il fatto che una donna alleni una squadra maschile. E che un caso come il mio possa aprire la mente degli addetti ai lavori: quello dell'allenatore è un ruolo difficile a prescindere dal genere, che tu sia uomo o donna, al primo posto dev'esserci la competenza e non il sesso». I risultati sono tutti dalla sua parte: il Pontedera è ad un passo dalla zona playoff e, diversamente dall'anno prima, se la gioca con tutte le squadre, sempre. «Ho pochi principi di gioco ma mirati. Voglio che le mie squadre vadano sempre a mille all'ora, cercando di arrivare il prima possibile in porta. Quest'estate non vedevo l'ora che iniziasse la stagione per poter lavorare sulla squadra partita per partita. Il campionato è duro, bisogna saper adattarsi ad ogni avversario e credo che stiamo riuscendo a fare un percorso positivo».

UNICA

Come detto, in Italia non c'è un'altra donna che alleni qualsiasi squadra maschile professionistica. A qualsiasi livello o latitudine. Anche nel resto del mondo, dove il calcio femminile ha tutta un'altra rilevanza mediatica, è difficile trovare quote rosa in panchina. In questo senso ha fatto molto parlare il caso dell'Union Berlino, che ha ingaggiato Marie Louise Eta come vice-allenatrice. La tedesca è solo la punta dell'iceberg di un movimento femminile, quello tedesco, che funziona, cosa su cui ancora l'Italia, secondo la Iannella, deve ancora lavorare molto: «In Italia non siamo ancora pronti per un passo del genere… c'è bisogno di tempo. Spero che non ce ne voglia ancora molto: possiamo e dobbiamo metterci al passo degli altri paesi in fretta». E sulla figura della donna all'interno dello spogliatoio: «Penso che come un uomo possa dare il suo contributo significativo in uno spogliatoio di sole donne, valga anche il contrario. La figura femminile può dare un plus al calcio maschile, con le peculiarità che sono insite nel suo genere. Credo che soprattutto uno dei fattori principali sia trovare la sinergia con ogni membro dello staff, sempre con passione e mettendo la competenza al primo posto».

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