Il pungiglione
17 Marzo 2024
SERIE B LECCO • Luciano Foschi, tecnico della storica promozione del Lecco in cadetteria
«Ho visto lei che bacia lui, che bacia lei, che bacia me, mon amour, amour ma chi baci tu?»
Con questa canzone di Annalisa come colonna sonora, cantata da tutti i giocatori e lo staff abbracciati in cerchio al termine delle partite per tutto il campionato, il Lecco è approdato in Serie B all’inizio della scorsa estate. Questo “segreto” è stato rivelato dal suo bravo allenatore Luciano Foschi, ex calciatore e tecnico esperto e navigato - numerose le squadre che ha allenato dalle Serie minori alla B, ottenendo sempre buoni risultati. Sentendo questa sua confessione in diretta televisiva, durante la quale il cronista chiedeva al tecnico: «Ma cosa vi dite dentro a quel cerchio alla fine delle partite, si può sapere?», lui ha sorriso divertito, e senza vergognarsi ha canticchiato il tormentone di Annalisa che da oltre un anno spopola su tutte le piattaforme e tra la gente.
Ecco, per me, che volevo argomentare su quella farsa che rappresenta il “cerchio della speranza” messo in scena dalle squadre all’inizio o alla fine delle partite, è stato come realizzare un gol all'incrocio dei pali. Sì, a questo punto lo posso dire ai presunti grandi motivatori e agli psicologi, quali vogliono far diventare più importante la cura della psiche dei giocatori prima di una partita invece che dare il merito alla bravura tecnica e alla condizione atletica di tutti i componenti di una squadra: il Lecco di Foschi e i suoi calciatori hanno impartito una sonora lezione agli studiosi della “terapia dell'abbraccio”, e degli effetti motivazionali. La maglia, la bandiera, il cuore, i tifosi, il “guai a chi molla”, il “siamo pronti alla morte” di Gigi Buffon (nel cerchio della Nazionale)… ebbene, tutto ciò è stato messo in discussione da una bella canzoncina di successo cantata in cerchio da un gruppo di giocatori saltanti e festanti e dal loro mister, i quali guardandosi negli occhi si promettevano come regalo, divertendosi, i tre punti.
Fantastico: far ritornare il calcio ad un gioco, la sua vera essenza, facendo capire che sul campo non ci sono tattiche sicure per vincere, né trattamenti psicologici miracolosi fuori dal rettangolo verde. Giro nei weekend parecchi campi e noto che ormai, dai Pulcini alla Serie A, non c'è squadra che non si raggruppi in cerchio, tutti a testa in giù abbracciati prima della partita. Questo rito consigliato dai vari mental coach o neo laureati in Scienze della comunicazione, serve, secondo loro, a creare una comunione d'intenti nel gruppo, per il quale la vittoria è l'unico vero obbiettivo finale. Si è arrivati a pensare che gli aspetti psicologici abbiano un’importanza tale che, se non si praticano certe “terapie di gruppo”, viene pregiudicato direttamente il risultato sul campo. Per smentire tutto ciò basta attendere la fine di una gara, quando una squadra vince e l'altra perde. Chi esce sconfitto, sarà perché avrà gridato meno forte nel cerchio? Le promesse fatte lì dentro non sono state mantenute? Tutto ciò che è stato urlato è andato a farsi benedire? Qualcuno ha tradito? No signori, la maggior parte delle partite la si vince per la bravura tecnica, qualcuna per vantaggi fisici, poi per caso, e in fine per fortuna.
Veniamo adesso alle motivazioni. 1) Lottare per la maglia o per la bandiera? Di maglie ce ne sono tre, le bandiere si abbassano se perdi. 2) Il cuore? I calciatori, quasi tutti stranieri, lo vendono al miglior offerente. 3) I tifosi? Ti vogliono fare il processo in diretta sotto la curva ad ogni sconfitta. 4) Il “guai a chi molla”? Va a chi non commette almeno venti falli in una partita. 5) “Siamo pronti alla morte”? Lasciamo perdere il grande portiere Buffon, vista la non partecipazione a due mondiali ci sarebbero adesso pochi italiani da scegliere. Per concludere, visti i risultati dei grandi, lasciamo almeno che i bambini, se vogliono possano imitare i ragazzi di Foschi cantando in cerchio una loro canzone preferita, ma soprattutto giochino in libertà senza sentirsi a fine partita traditori di qualcosa o di qualcuno.