Under 18
12 Giugno 2024
Se Netflix si fosse effettivamente presentato allo stadio Del Conero, avrebbe subito creato scompiglio con una domanda: «Chi si occupa della posizione delle telecamere?». E via con il panico generale. Quindi la seconda parte, quella principe: «Qualcuno si è preoccupato di posizionare una Ruotolo-cam?». E via con il panico generale al quadrato.
Avrebbe meritato una serie tv. Tocca ribadirlo ancora, ancora e ancora. Magari, perché no, 120 volte, come i minuti di una delle partite più assurde di sempre. 90 regolamentari, senza senso. 30 supplementari, mai visti. E alla fine, probabilmente, ha ragione Gennaro Ruotolo quando dice che «il calcio è straordinario». Breve e conciso. Limpido e inequivocabile. Fattuale.
Subito al sodo perché no, la Ruotolo-cam non esiste. Quindi sotto con le immagini. Ce ne sono almeno un paio iconiche, entrambe concluse così, con una corsa matta e disperatissima sotto la tribuna. Nella prima Cristian Lattari, per gli amici "Lattinho": il bomberissimo, il ragazzo d'oro, l'uomo in più. Entra dalla panchina e cosa fa? Ringrazia Carbone, si mette in proprio e segna il gol più importante della sua vita. A cinque minuti dall'eliminazione, in quella porzione di spazio-tempo dove accadono le magie. E Gennaro Ruotolo? Braccia in aria e occhi lucidi. Nient'altro. E se solo fosse esistita quella maledetta cam...
Nella seconda Stefano Arata, per gli amici... «Hey Siri, mi cerchi tre sinonimi di guerriero?». Altra storia. Altra splendida, commovente storia. E il capitano cosa fa? Ringrazia Mavraj, si mette in proprio e segna il gol più importante della sua vita. A un minuto dall'eliminazione, in quella porzione di spazio-tempo dove accadono le magie. Difficile, quasi impossibile non gridare al miracolo. Intanto Gennaro Ruotolo sempre così, a braccia aperte e con gli occhi lucidi. Da fuori nient'altro, ma da dentro... «Hey Siri, mi cerchi tre sinonimi di estasi?». Sì, tocca tirare nuovamente in mezzo quella dannata cam.
Di immagini ce ne sarebbero tante altre. Quella di Gracien Deseri, il gol del pareggio. Quella di Osayuki Ekhator, il gol della speranza. Quella di Lorenzo Venturino, il gol del primo vantaggio. E poi l'ultima, quella di Gianluca Guitaldi. Il fischietto di Rimini, anche lui non se la dimenticherà mai. Tre fischi, uno in fila all'altro dopo 120 minuti... «Hey Siri, mi cerchi tre sinonimi di straordinario?».
E alla fine è finita con le lacrime. Sponda Inter sanno di psicodramma, l'ennesimo per i classe 2006 e l'ennesimo per Andrea Zanchetta. Sponda Genoa sanno di finale Scudetto, la prima per i classe 2006 e la seconda per Gennaro Ruotolo. Un sapore dolce, squisito. E un sapore che domani, giovedì 13 giugno, potrebbe raggiungere il suo apice. L'asticella è posta in alto, ma chissà se Stefano Arata non possa raggiungerla con la coppa. Dall'altra parte la Roma, quanto di più simile ci possa essere a una corazzata. Mancheranno Lattari e Carbone (squalificati), ci saranno tutti gli altri. Da Venturino a Romano, da Arata e Ekhator.
E poi lui, Gennaro Ruotolo. È bene che per qualche mese stia alla larga da Milano. «Hey Siri, definizione di bestia nera?». All'ingresso della sede di viale Liberazione la sua faccia, poco sotto la scritta "wanted". Ha l'Inter nel destino. Il toro vede rosso e si scatena, lui vede nerazzurro... e vince. In campionato due successi in altrettante partite, ma il capolavoro risale a due anni fa. Era Cesena, precisamente l'Orogel Stadium. Era l'Inter dei fenomeni, quella di Cesare Casadei, Giovanni Fabbian e Franco Carboni. Era la semifinale, vinta con Fossati (apertura) e Giacchino (chiusura). Allora fu Scudetto, ironia della sorte proprio contro la Roma che a sua volta, due giorni prima... batté l'Atalanta. Serve altro?