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Under 18

Perde la mamma a 18 anni, segna il gol dell'impresa più incredibile e ora sogna lo Scudetto

È il capitano del Genoa e all'ultimo secondo dei tempi supplementari ha deciso la semifinale contro l'Inter: e la dedica è speciale…

Stefano Arata

INTER-GENOA UNDER 18 • Stefano Arata, capitano e match winner dell'incredibile semifinale di Ancona

Pollice in su, sorriso sulle labbra e fascia da capitano mostrata orgogliosamente sul braccio sinistro. Un click semplice da inquadrare, al termine di una partita vinta in maniera assurda all'ultimo minuto del secondo tempo supplementare grazie a un gol ormai insperato. Quello che c'è dietro a quel click, però, è molto più profondo. È il classico lieto fine di una storia incredibile, sia nei 120 minuti passati in campo che nei giorni precedenti alla sfida più importante dell'anno (almeno fino a quel momento…), la semifinale per lo Scudetto Under 18. Un click che racchiude tanti stati d'animo diversi, che racconta due settimane sulle montagne russe della vita, che sintetizza il percorso di un ragazzo che è riuscito a superare sé stesso con forza di volontà, determinazione, cuore. Tanto cuore. Lui è Stefano Arata, è il capitano dei classe 2006 del Genoa e martedì ha segnato all'ultimo tentativo il gol del pazzesco 5-4 con cui i rossoblù hanno battuto l'Inter conquistando una finale Scudetto che sembrava scivolata via pochi minuti prima al gol del 4-4 di Spinaccè. Il gol probabilmente più importante della sua vita, un gol sicuramente speciale: Stefano, infatti, ha perso mamma Elisa solamente due settimane fa. E questo gol, ovviamente, è tutto per lei.

IL GOL DELLA VITA

Un attimo prima di quel famoso click, la situazione era ben diversa. Contestualizziamo: siamo sul 4-4, frutto di una trama che nemmeno ad Hollywood. L'Inter che a fine primo tempo è già sul 3-1, il Genoa che rimonta fino al 3-3 con un secondo tempo da grande squadra, il gol di Lattari che fa sognare il Grifone (3-4) e quello di Spinaccè - un mancino clamoroso all'incrocio dei pali a 7 minuti dalla fine - che rimette le cose a posto per i nerazzurri. Il pareggio parziale promuoverebbe l'Inter, forte del miglior piazzamento ottenuto in regular season; il Genoa, per conquistare la finalissima, deve per forza segnare un altro gol. L'assalto dei ragazzi di Gennaro Ruotolo - già Campione d'Italia tre anni fa con i classe 2003 - è disperato, le speranze di piazzare un altro scatto sono quasi esaurite. Un "quasi" che, però, fa tutta la differenza del mondo. Un "quasi" che diventa eterno quando Mavraj lancia nell'area di rigore avversaria l'ultimo pallone disperato. Un "quasi" che diventa gloria quando quel pallone disperato scende sul secondo palo dove c'è proprio lui, il capitano, Arata. Che ruba il tempo a Venturini, colpisce di testa indirizzando il pallone sul secondo palo e segna il gol del clamoroso 5-4 portando il Genoa a un passo dal Tricolore. Una palla telecomandata quella di Mavraj, un'inzuccata perfetta quella di Stefano. Come se da lassù qualcuno ci avesse messo del suo…

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MONTAGNE RUSSE

Il resto è storia. Il resto è pollice in su, sorriso sulle labbra e fascia da capitano mostrata orgogliosamente sul braccio sinistro. Il resto è quel famoso click, che arriva però al termine di una partita non certamente facile: i primi due gol dell'Inter sui quali non riesce a porre rimedio (il salto in alto di Venturini, il piattone al volo di Lavelli), il 4-4 di Spinaccè che getta nello sconforto non solo lui ma tutta la squadra. Quando solo pochi minuti prima il gol di Venturino aveva invece riacceso i sogni Tricolore. Una partita vissuta totalmente sulle montagne russe: una piccola botta al ginocchio che lo porta anche a un attimo dalla sostituzione, il dolore che passa e il destino che gli regala l'ultima occasione all'ultimo secondo. E chissà cosa avrà pensato in quel momento papà Emiliano, appiccicato allo schermo della televisione a tifare per il suo ragazzo. Tensione? Sicuramente. Urlo di gioia? Ci scommettiamo. Lacrime? Chi lo sa.

PER MAMMA ELISA

Stefano - 18 anni compiuti lo scorso 3 febbraio - è il terzo figlio di una famiglia di calciatori, visto che anche i due fratelli più grandi (Giacomo, 21 anni, e Lorenzo, 23 anni) vestono la maglia della Calvarese, formazione che milita nel campionato di Prima categoria in Liguria. E proprio nella Calvarese ha mosso i primi passi anche Stefano, che nasce come mezzala di centrocampo prima di trasformarsi in difensore centrale puro. Nato e cresciuto a Orero, un paesino di 500 abitanti (vicino a Chiavari) in provincia di Genova, entra a far parte del Settore Giovanile del Genoa all'età di 10 anni. Da lì tutta la trafila fino all'Under 18, la stagione del rilancio dopo un'annata complicata in Under 17 a causa di un infortunio che lo ha tenuto lontano dal campo per un anno intero (da marzo 2022 e marzo 2023). Quelle 5 presenze condite da 2 gol (di cui uno al Benevento nei playoff), stavano però lì a dimostrare che il feeling con la porta avversaria non è una cosa che si è inventato in questi giorni. Oggi, però il passato non conta più. Pollice in su, sorriso sulle labbra e fascia da capitano mostrata orgogliosamente sul braccio sinistro. Sperando, sognando, puntando ad alzare al cielo di Ancona la coppa dello Scudetto. Di alzarla in alto tanto da farla accarezzare a mamma Elisa. Che proprio da quel cielo farà il tifo per lui.

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