Nazionali
02 Agosto 2024
PRIMAVERA INTER: Matteo Lavelli, talento nerazzurro
A giugno il primo contratto da professionista. Nell'aria dal cuore dell'inverno, nero su bianco in una calda mattinata di inizio estate. A luglio la prima da capitano con la maglia dell'Inter. Ce l'ha cucita addosso da una vita, se fosse per lui non se la toglierebbe più. Ad agosto la prima convocazione in Nazionale. Una versione internazionale del "pocho" da gustarsi il 6 e l'8 agosto contro la Slovenia: Manzano prima e Ajdovscina poi, tutto in 72 ore. La nuova Italia Under 19 targata Alberto Bollini riparte anche da Matteo Lavelli. Con lui altri tre interisti: Giacomo De Pieri (l'illusionista), Matteo Cocchi (il mancino d'oro) e Mattia Mosconi (figlio della val Grosina). L'ultimo, pupillo di Andrea Zanchetta, fresco di titolo europeo Under 17 conquistato da capitano neanche due mesi fa.
Dopo Istanbul c'è sempre Atene. La sua "Istanbul" va oltre qualsiasi psicodramma sportivo. Un'estate, quella del 2023, che non dimenticherà. Mai. La sua "Atene" è racchiusa in poco più di due mesi. Un'estate, quella del 2024, che… non dimenticherà. Mai. Contratto da professionista, fascia da capitano e convocazione in Nazionale. E chissà, magari la tanto agognata numero 9 dell'Inter? Una maglia, milioni di storie, miliardi di sogni. Il messaggio a Zanchetta l'ha scritto come fa un bimbo con la letterina di Natale, impacchettato minuziosamente e spedito. Quell'altro, quello che Alberto Bollini si è ritrovato sotto l'ombrellone, ha già ricevuto risposta. Il resto è storia.
È l'estate delle prime volte. Se dovesse continuare di questo passo, Donald Trump dovrebbe guardarsi le spalle in vista delle elezioni presidenziali del prossimo novembre. "Wake me up when september ends". E potrebbe essere un dolce risveglio. A 18 anni ancora da compiere (ne ha 17, la maggiore età la raggiungerà solamente l'8 dicembre) sta vivendo quello che, probabilmente, rappresenta il punto più alto della sua giovane carriera. Alle spalle una stagione, l'ennesima, da totem indiscusso: 21 gol con l'Under 18 (uno in semifinale contro il Genoa) e 2 con la Primavera. Di fronte una stagione… da totem indiscusso? Più sì che no. Tira aria di consacrazione, intanto qualcuno da Appiano Gentile guarda in basso e osserva.
Il pallone come pane quotidiano. Lo condivide da sempre con Nico, il fratello minore: 15 anni il prossimo 13 dicembre, centrocampista moderno e fresco Campione d'Italia con la Pro Sesto. «Ho portato finalmente uno Scudetto a casa» aveva dichiarato Lavelli jr dopo la finale di Recanati vinta contro l'Arezzo. A casa papà Diego e Teo, lassù nonno Aldo. Tutti a godersi le gesta del "pochino", culminate con quel rigore sotto l'incrocio dei pali. «Ammazza…» il coro dal divano di Bernareggio, il posto "x". Poco più di 10 mila abitanti, terra di mezzo tra Monza e Lecco. Dove tutto ebbe inizio.
Il gol come stile di vita. Un po' tratto distintivo, un po' superpotere. Necessaria la DeLorean per risalire al morso del ragno. Una dozzina d'anni fa, oratorio di Bernareggio. I primi passi sul cemento rovente, i primi palleggi con lo “Jabulani" di Sud Africa 2010. Quando Vittek e Kopunek fecero piangere l'Italia Campione del Mondo in carica era un pupo di neanche quattro anni. Poi un'Odissea fino allo sbarco in via Camillo Sbarbaro, la sua Itaca. Punto d'arrivo no, tappa sì. Se il suo viaggio verso Appiano Gentile fosse un elastico, le due estremità non sarebbero mai state così vicine. Tira e molla, molla e tira. Ieri ghiaccio, oggi scintilla, domani… fuoco? Più sì che no, parte due. Il suo posto felice? Gli ultimi sedici metri. Il momento più bello? «Il prossimo». Direbbe così. Semplicemente Matteo Lavelli, semplicemente il “pocho".