IL PUNGIGLIONE • Renzo Ulivieri, Garrincha e Max Allegri al centro della rubrica a cura di Guido Mattei di questa settimana
È passato tanto tempo, non ricordo chi è l'autore di una verità interessante, la quale è rimasta scolpita nella mia mente. Un allenatore brasiliano doveva giocare con la sua squadra contro il Botafogo, nella riunione pre partita, ad un suo giocatore specializzato in marcature a uomo, infondeva coraggio e fiducia dicendogli: non preoccuparti, stai tranquillo, Garrincha (per molti la più grande ala destra mai esistita) lo do in consegna a te, stai attento, ma niente paura, il suo dribbling è sempre lo stesso, lui finta portando con piccoli tocchi di interno piede destro la palla verso una direzione, ma poi con l'esterno dello stesso piede scappa sempre dalla parte opposta. Il calciatore accettò il consiglio, ma si permise di fare una domanda: “Sì va bene, ma quando scappa?”. Risposta: “Impossibile saperlo, neanche Garrincha lo sa perché è il suo talento e il suo istinto naturale che lo guida“.
Questo preambolo mi permette di argomentare un articolo interessante del giornalista Alberto Polverosi, uomo di punta del Corriere dello Sport, il quale sul Guerin Sportivo ha scritto un interessante editoriale dal titolo “Gesti tecnici meraviglia del calcio”. Nel pezzo Polverosi dialoga con Renzo Ulivieri, direttore della Scuola allenatori del Settore Tecnico Figc il quale sostiene che, da uno studio olandese, i gesti tecnici riconosciuti nel calcio, sono 250. RenzoUlivieri esce poi allo scoperto e come un docente che insegna a Coverciano dice: le abilità tecniche nel rapporto con la palla vanno insegnate subito, appena il bambino inizia la sua avventura nel calcio, e poi, lascia intuire che il patentino non basta più, gli allenatori che non sanno dimostrare devono prima allenarsi intensamente loro. Finalmente direttore! Basta con chi da del voi al pallone e se lo incontra ci inciampa sopra e, essendone al corrente, compensa la sua incapacità nel dimostrare offrendosi ai club a bassi costi, diventando un tecnico molto appetibili per quelle società dilettantistiche in cui gli introiti delle scuole calcio e dei settori giovanili servono, insieme a qualche sponsor, a mantenere le prime squadre. Con il costo annuale di un mister della prima squadra a volte si pagano 10 allenatori i quali dovrebbero essere i più importanti per accompagnare nell'età dell'oro, 8-14 anni, tutti coloro i quali con dei buoni insegnamenti potrebbero migliorare le squadre della società e creare delle plusvalenze economiche per cessioni a società professionistiche.
Alberto Polverosi ha preso la palla al balzo e con coraggio fa notare a Renzo Ulivieri che lui è il capostipite di una schiera di allenatori, parliamo di Zeman, Sacchi, Sarri, i più noti, che mai avrebbero potuto dimostrare ai giovani un repertorio di tecnica estrosa o di tecnica applicata alle difficili e diverse situazioni di gioco, in quanto come calciatori hanno tutti ottenuto scarsissimi risultati. Il direttore Renzo Ulivieri risponde a Polverosi salvandosi in corner: “ma noi abbiamo studiato e ascoltato”. È inutile che Ulivieri nell'intervista, per rimediare, faccia conoscere la sua cultura calcistica indicando a Polverosi che quando si parla del pallone si deve coniugare con esso il verbo giusto: controllare la palla, guidare la palla, colpire la palla, spingere la palla, toccare la palla, sentire la palla, smorzare la palla, calciare la palla, piazzare la palla, sfiorare la palla, (trascrivo tale e quale). Aggiungo personalmente: tagliare la palla, verbo dimenticato ma gesto tra i più difficili. Non si ferma qui Renzo Ulivieri per avvalorare i suoi severi studi sul calcio, continua a sfoggiare la sua cultura utilizzando termini moderni nel confrontare il passato con il presente: Rivera - dice - quando riceveva la palla era in zonasole, aveva il tempo di controllare la sfera, guardare, lanciare Prati in zona gol. Invece attualmente chi riceve palla è sempre in zonaombra dove uno o più avversari ti saltano addosso. Se si pensa di passare per dei fenomeni sostituendo “uomo marcato” o “uomo libero” in “uomo in zona ombra” o “uomo in zona sole”, ci stiamo sbagliando. No, sig. Renzo Ulivieri, lei lo sa che il calcio non si studia, ma si improvvisa, si gioca, e se si è capaci si dimostra. Il gioco è il maestro, non l'allenatore, e l'esempio visivo è il miglior allenamento. Ma poi lei, direttore Ulivieri, che è stato più che un ottimo allenatore, come fa a sostenere che per Rivera era tutto facile perché giocava in zona sole, quando per esempio Furino della Juventus lo braccava per 90 minuti, e così su tutti i campi della Serie A?! I grandi campioni, da quando esiste il calcio, hanno sempre giocato uno contro due.
Confesso, non sono mai stato un allegriano ma, per concludere e rimanere nel tema, leggendo tresueconsiderazioni l'ho personalmente rivalutato. Eccole: 1) I bambini hanno bisogno di meno teoria e più pratica con esempi visivi. 2) Il calcio è semplice, non lo rendete complicato che poi vi intortate con le vostre teorie. Per me il calcio è un'altra roba. La fortuna di una squadra risiede nei piedi dei propri giocatori. 3) Oggi la bellezza del calcio è il eisultato. Allegri ha dimostrato una formazione completa: esempi visivi, pratica e tecnica e non teoria. Nelle prime squadre senza i grandi giocatori non si vince. Poi con sincerità dice: il risultato è l'unica cosa che conta.
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