Under 18
13 Giugno 2025
«Sei arrivato a stagione in corsa, ti aspettavi che sarebbe andata a finire così?»
silenzio e alzata di spalle, con il sorriso che si allarga.
«No, in effetti no».
Intervista a bordo campo, occhi di chi ancora non ci crede del tutto. Parla Michele Vegliato, l'allenatore dell'impresa del Torino. Ma occhio a credere che questa vittoria, questo scudetto, sia semplicemente un regalo del destino. Arrivato sulla panchina dell'Under 18 due mesi fa (la prima gara fu quella di 27esima giornata contro il Monza), promosso dall'Under 16, il tecnico ha dato il meglio di sé con due partite di Fasi Finali semplicemente perfette, dopo un campionato chiuso in leggera flessione. Niente di donato, nulla che Michele Vegliato e i suoi 20 eroi non abbiano guadagnato passo dopo passo, con sofferenza, stringendo il coltello tra i denti e facendo del sudore il proprio mantra fondamentale. Dunque no, non si tratta di un caso. D'altronde, non poteva esserci finale più giusta, statistiche alla mano: il 18 maggio la Roma sorpassa il Torino all'ultima giornata e si prende la vittoria del campionato (e il Toro dietro, al secondo posto). Il 12 giugno il Torino vince contro i pronostici e - proprio con in campo i prodigiosi giallorossi classe 2007 - alza al cielo la coppa. sulla targa una scritta incisa: Campioni d'Italia. Un sassolino che si toglie dalla scarpa? «Ma no, ma no, è parte del gioco. sono contento per questi ragazzi perché se lo meritano». Però che soddisfazione essere i migliori del Paese...
«Faccio fatica a trovare le parole giuste per descrivere quello che è successo. Ci sono davvero mesi di lavoro, continuo impegno, mille momenti con i ragazzi, mille emozioni. Quando poi arrivi in fondo a un percorso così quello che provi è davvero indescrivibile». Il segreto di questi 120 minuti «indescrivibili» sta tutto nella costanza, nella lotta infinita, nel cuore che ci hanno messo e in quel quid che ha hanno inciso nel DNA: «Questo Torino non muore mai». Parlano i numeri, senza dover inventarsi nulla: delle macchine da gol, di quelle che non si accontentano nemmeno quando si rendono conto di essere già largamente il miglior attacco nella storia della categoria. La cifra - o meglio, le tre cifre - fa impressione: quota 100 raggiunta proprio in finale. Se non è frutto di costanza questo...
E la dedica? Al figlio di 8 anni e alla moglie, che lo hanno seguito attentamente da casa. Alla famiglia, insomma, quella a cui va inevitabilmente il primo pensiero dopo l'impresa. Un pezzetto di famiglia tra l'altro l'impresa l'ha pure condivisa sul campo di battaglia, con elmetto e armatura, con la tensione che saliva ogni secondo di più e con la pressione a mille. Flavio Vegliato, fedele dirigente del Toro, era lì in panchina quando Ambrosino di Torre del Greco ha fischiato il triplice: è l'atto che incorona il figlio come Campione d'Italia, è l'atto di nascita di una nuova stella dell'area tecnica (giovanissima tra l'altro, appena 33 anni). Dove le interviste non riescono ad arrivare ci pensano le immagini: padre e figlio, sul tetto del Paese.