Under 17 A-B
20 Giugno 2025
Milan e Torino
Sono passati 45 anni dall'ultima volta. Quel giorno di giugno del lontano 1980 in campo c'erano un certo D'Antonio e un certo Ezio Rossi (poi allenatore, proprio di quel Torino che allora portò allo scudetto). Quel giorno l’Under 17 granata entrava nella storia e vinceva l’ultimo scudetto della categoria.
Canc, invio, riga bianca: adesso c'è un nuovo titolo di cui parlare. 45 anni fa c'erano D'Antonio e Rossi, adesso ci sono i vari Ballanti, Gori, Cereser e Luongo. Sorpattutto Luongo. Nomi che sanno di futuro per questo Torino redivivo, nomi che ricordano il passato ma che ora campeggiano nel presente come fossero statue di bronzo. È tutto vero, dopo 120 minuti estenuanti e senza gol, dopo i calci di rigore contro un Milan solidissimo: è finalmente tutto vero. Diciamolo semplicemente, di quella semplicità poco poetica eppure così incantevolmente incisiva: 45 anni dopo, il Torino è di nuovo Campione d’Italia.
Batte. Forte (fortissimo). Sempre. E soprattutto subito. Il soggetto? Il cuore rossonero. Nella testa la consapevolezza di essere potenzialmente i più forti d'Italia, nell'anima la voglia irrefrenabile di dimostrare a tutti che la convinzione è fondata. E allora, maniche rimboccate, l'obbiettivo è la porta: al 2' ci va giù pesante Pandolfi (murato), all'8' Cereser deve inventarsi un miracolo sulla testata di Lontani, al 12' la traiettoria di un gran cross del solito Pandolfi è interrotta sul più bello dall'altrettanto solito Cereser.
Tanto Milan nei primi minuti dunque, eppure il Torino non dorme. Quella giravoltola in mezzo al campo di Reynheim al 28'? Il centravanti delle Isole Faroe custodisce il pallone come una cassaforte e lo scarica alla velocità della luce verso la porta. Risultato? Guantoni di Pittarella. Inesorabili e fermissimi. E poi quel tiro in area di Cantarella al 29'? Vechiu ci mette il piedino fatato e neutralizza il pericolo, ma al diavolo tocca rabbrividire di nuovo. Certo, se il colpo di testa di La Mantia su cross di Tartaglia al 31' non si fosse schiantato contro il palo... sì, si sarebbe già parlato di una partita diversa. Ma tra punti di domanda e puntini di sospensione si regge ancora tutto sulle sabbie mobili del condizionale: nessuna punteggiatura definitiva ancora. Canc, invio, nuova riga da riempire: si decide tutto nel secondo tempo.
Millimetri. A volte sono tutto quello che toglie il tuo nome dalla leggenda. Maledetti qui due millimetri: per Lontani e per il Milan sono una sentenza asprissima. Benedetti quei due millimetri: per Cekrezi e per Cereser sono il filo su cui si appendono tutte le speranze. Il tiro del capitano rossonero al secondo della ripresa - dopo uno scarico perfetto di Pandolfi - meritava sicuramente sorte migliore, ma si infrange prima contro la traversa e poi si schianta sull'erba appena davanti alla linea di porta. Quei due millimetri, quei maledetti due millimetri...
Secondi. Questione di secondi. Quella manciata terribile che separa il momento in cui Polizzotto mette la mano nel teschino da quello in cui estrae il cartellino. Probabilmente Christian Vechiu immaginava che la sua serata si sarebbe tinta di un rosso tutto diverso. Chissà, magari di un rosso sfumato di nero tatuato sullo scudetto. Invece, al 19' del secondo tempo, il rosso che gli si para davanti ha un significato tutto diverso: «fine della tua partita». Un secondo giallo severo, ma onesto: il Milan, in 10 uomini, adesso deve togliersi il coltello dalla bocca e indossare l'armatura. E come picchia questo Torino adesso! Il cross di Lebrino è un montante puro, la testata di Falasca promette di essere il colpo di grazia che però si alza di un soffio sopra la traversa (36'). Ancora questione di millimetri, sempre quei maledetti millimetri... gli stessi che, dall'altra parte del campo, tolgono a Zaramella il gusto dell'impresa: il passaggio di Borsani è velocissimo, il numero 11 si allunga ma non ci arriva. Millimetri e secondi che si trasformano in altri due tempi da 15: et supplementari (e rigori) sic, come dicevano i latini.
Sì, tocca andare avanti veloci. Non gli inserimenti di Falasca, non i cross di Borsani, non la velocità di Zammarella, né lo scatto di Pisati: nulla può far cambiare idea a un destino che non sa scegliere tra la qualità del Milan e la testa dura del Toro. E dunque, tocca ai rigori. Alla fine su quella mattonella ci va Andrea Luogno, per far fruttare la parata di Ceraser su Borsani. Esattamente come in semifinale: Andrea Lungo, l'uomo più atteso, dagli 11 metri, per la storia. È fatta, è gol, è leggenda. Torino questa notte non dormirà.