Under 17 A-B
22 Giugno 2025
MILAN-TORINO UNDER 17 A-B • Lo sguardo di Andrea Luongo che punta dritto dritto verso lo Scudetto
«Mo je faccio er cucchiaio». Una frase che ha fatto la storia del calcio, una frase alla quale tutto l'immaginario pallonaro italiano è indissolubilmente legato: a pronunciarla fu Francesco Totti, l'evento era la semifinale degli Europei del 2000, l'avversario del numero 10 della Roma e dell'Italia era l'Olanda e in porta c'era Edwin Van der Sar. «Mo l’aggia ‘ngannà cu 'o cucchiaio». La ricostruzione semi-seria di quello che avrebbe detto, forse pensato, Andrea Luongo all'ultimo rigore dell'ultima partita di una finale - e di una stagione - infinita. Un rigore che più decisivo di così non si poteva, visto che con un gol il suo Torino sarebbe diventato Campione d'Italia con l'Under 17. L'ultima volta che era successo? Bisogna andare indietro di 25 anni, arrivando al celebre "scavetto" di Totti, e poi di altri 25. Com'è andata a finire lo sanno tutti. Tocco sotto, palla in rete, via la maglia e corsa irrefrenabile verso la tribuna per festeggiare uno Scudetto indimenticabile.
Personalità, talento infinito, tecnica sopraffina e pure un pizzico di sfrontatezza e di follia. Ingredienti necessari per andare dagli undici metri e calciare in quel modo, ingredienti che fanno parte - tutti, dal primo all'ultimo - del profilo tecnico e caratteriale di un giocatore che quest'anno ha raggiunto la sua consacrazione a livello giovanile. Fa l'attaccante esterno, il fantasista, può giocare pure mezzala all'occorrenza e il suo giocatore di riferimento è Neymar. Con 7 gol in 21 presenze si è messo in luce nella regular season, con una fase finale da urlo ha indirizzato e chiuso il cammino del suo Torino: gol nell'andata dei quarti all'Inter, gol in semifinale all'Udinese, gol nella finalissima col Milan. Tutto su rigore. Ma se i primi due sono arrivati all'interno della partita, l'ultimo - quello più importante - è arrivato quando c'era uno Scudetto da conquistare. Ovviamente l'ultimo tiro, quello del "se segna è finita": «Il cucchiaio? Ci avevo già pensato - le parole di Andrea al termine del match - e l’avevo deciso prima della partita». Idee chiare, consapevolezza nei propri mezzi e - come dicevamo all'inizio - tanta personalità. E chissenefrega se nella trasformazione precedente Samuele Pisati per tenere in partita il Milan aveva scelto lo stesso tipo di trasformazione. Scavetto, gol, Scudetto.
MILAN-TORINO UNDER 17 A-B • Andrea Luongo con la coppa dello Scudetto al Benito Stirpe di Frosinone
Per Luongo, nato e cresciuto nella Gioventù Partenope - a due passi da Scampia, noto quartiere di Napoli - prima di passare alle pendici del Vesuvio nella Peluso Academy, questo è senza ombra di dubbio il momento migliore della sua ancor breve carriera. E chissà cosa avrebbe potuto combinare il talento 17enne (che il prossimo 16 febbraio sarà maggiorenne) se fosse stato al massimo della sua forma fisica: «All’andata con l’Inter - racconta Andrea - ho avuto un problema al polpaccio e mi sono portato dietro questo infortunio fino a oggi. È stata dura, ho stretto i denti per la squadra e adesso è fantastico essere qui a festeggiare». Eh sì, tutto quello che fatto Luongo in queste ultime partite lo ha fatto praticamente da infortunato: e non è un caso che Rebuffi, l'allenatore dell'impresa granata, lo abbia sempre impiegato inserendolo a gara in corso. Nel ritorno con l'Inter è entrato negli ultimi dieci minuti, in semifinale con l'Udinese ha fatto il suo ingresso in campo dopo l'intervallo e ha spaccato la partita segnando il gol della vittoria, anche nella finale di Frosinone ha giocato solo il secondo tempo (più i supplementari) prendendosi però la copertina della serata e di tutta la stagione con quel cucchiaio che rimarrà nella mente, nella testa e nel cuore di tutti. Guardando quel tiro con il fiato sospeso, seguendo con lo sguardo quella traiettoria morbida che sale dolcemente e poi scende adagiandosi in fondo alla rete, urlando di gioia per uno Scudetto che al Torino mancava da 45 anni.
E chissà cosa è passato nella testa di papà Leo e mamma Marianna mentre Andrea si incamminava verso il dischetto. Chissà se tra fratelli e sorelle (Nadia e Emanuele i più grandi, Francesco il più piccolo) qualcuno già sapeva o magari qualcuno ha sospettato quel tipo di conclusione: «La dedica è tutta per la mia famiglia, e ovviamente per i miei compagni» le parole decise e fiere di Luongo. Che forse non ha ancora ben realizzato quello che combinato, ma che sa benissimo di aver firmato con il suo scavetto un momento storico per sé ma anche per il club: «Emozioni uniche, soprattutto se ripenso al 28 luglio quando abbiamo cominciato questa stagione: essere qui adesso con in mano la coppa dello Scudetto è qualcosa di inimmaginabile. Il Milan è una grandissima squadra. Ci hanno messo in difficoltà anche quando sono rimasti in dieci, noi però avevamo troppa voglia di portare a casa questo titolo e ci siamo riusciti». Come? Con quattro rigori perfetti (di Ballanti, Falasca, Bonacina e Bianchi) e con quello leggero, quasi sussurrato, di Luongo. Un rigore nel quale c'era c’era tutto: il peso di una stagione, il coraggio di osare, la gioia di un sogno che si avvera. Che sia solo il primo.