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Il Pungiglione

Addestramento tecnico? No, falli correre che dobbiamo mantenere la categoria

La sindrome da "teorismo calcistico": quando la tecnica viene ignorata per puntare soltanto ai risultati

Addestramento tecnico? No, falli correre che dobbiamo mantenere la categoria

IL PUNGIGLIONE • Molti responsabili di settore giovanile e certi allenatori vorrebbero in campo 11 centometristi come Pietro Mennea

Mi raggiunge una telefonata di un amico, allenatore in una società dilettantistica, la cui squadra partecipa al campionato Regionale Under 17. Mi racconta che durante un allenamento settimanale aveva programmato in fase di riscaldamento esercitazioni tecniche con il pallone. «Ho sistemato con ordine - mi dice - i giocatori su tre file, dando a loro lo spazio necessario per poter fare un qualsiasi esercizio che richiedesse anche lo spostamento della palla in una qualsiasi direzione del campo». I ragazzi si auto-allenavano a ricevere la sfera proveniente dall'alto - da loro stessi lanciata con le mani - facendola morire sulla loro testa con un movimento di stacco in alto anticipato, per poi atterrare insieme ad essa accompagnato da un cedimento delle ginocchia, e una totale decontrazione del collo tanto da rendere innocua la palla nel depositarla sui piedi.



Durante l'addestramento, l'amico allenatore riceve una telefonata dal proprio responsabile dell'area tecnica, il quale, seduto in tribuna ben visibile e senza girarci troppo intorno sentenzia: «Mister, la tecnica analitica, si faceva 30 anni fa. Falli correre che dobbiamo mantenere la categoria nei Regionali!». Fine della chiamata. L'amico, per rispetto nei confronti dei giovani non ha reagito, ha incassato e poi si è dimesso (la squadra si è comunque salvata a fine stagione) facendo valere le sue buone ragioni a quattr'occhi con chi nel settore giovanile, con quelle idee, a mio avviso è colui che incide maggiormente a far appendere le scarpe al chiodo, visto che a quell'età sono stufi di correre soltanto e commettere falli senza toccare quasi mai palla.
Ho descritto l'esercizio che l'amico stava facendo fare ai ragazzi per evidenziare un gesto tecnico difficoltoso che non si vede più sui nostri campi dilettantistici. Quella situazione viene risolta con un semplice rinvio di testa, ricevendo così anche un "bravo" dai propri trainer. Se leggendo questo pezzo, il direttore sportivo chiamato in causa si riconoscesse, vorrei sottolinearle che l'allenamento analitico è l'unica medicina da prendere tutti i giorni per correggere tutto ciò che di sbagliato è stato fatto durante il vero, unico e insostituibile test situazionale che è solo ed unicamente la partita. Il correttore dei gesti tecnici è l'allenatore, il quale deve saper utilizzare il miglior metodo che esista al mondo, l'esempio. È proprio per questo che il calcio necessita di bravi giovani dimostratori, specialmente in quelle società che sono molto vicine al poter essere considerate professioniste, le quali, quando trovati, dovrebbero soddisfarli economicamente con contratti più duraturi.
Nel calcio il muscolo più importante da allenare partendo fin da piccoli è il cervello, il quale si collega con i piedi, sente la palla, e se è allenato ti aiuta a trattarla bene, dà la possibilità al bambino di spostarla quando vuole, dove vuole, come farebbe con le mani, dando così al giovane allievo dopo anni di esercitazioni la padronanza totale della sfera così da poter affrontare la seconda tappa: l'eleganza nelle movenze nella gestualità che insieme alla velocità contraddistingue nel calcio un giocatore dall'altro.
Ed è per questo che far saltare l'allenamento analitico e non confrontarsi tutti i giorni con il pallone - sole, pioggia, vento - nell'età più importante dagli 8 ai 14 anni, vuol dire conoscere poco il calcio pratico, e cambiare lavoro sarebbe la cosa più logica, si farebbero meno danni. Il metodo analitico è fondamentale per poi sviluppare una tecnica solida e precisa, immergere i baby calciatori direttamente in test situazionali senza aver messo prima in cascina una buona padronanza della sfera è controproducente, si troverebbero in difficoltà ad eseguire azioni di gioco simili alla gara dove la pressione e la velocità sono elevate. Gli esercizi analitici sono i "mattoni" che costituiscono le azioni situazionali, se i mattoni non sono solidi, l'edificio non sarà stabile.

Devo purtroppo constatare che sta dilagando un virus epidemico che crea ondate di contagi difficili da combattere e che personalmente chiamo sindrome da "teorismo calcistico", un fenomeno che si diffonde rapidamente, aggredisce un gran numero di persone nel mondo del football dilettantistico e colpisce chi pensa di poter arrivare ad occupare ruoli strategici nel calcio. Questa epidemia aggredisce chi, con l'avvento di internet, ha fatto indigestione di informazioni date a pioggia su tutti i canali sportivi: dai moduli di gioco alle strategie tattiche e le loro varianti. E così gli opinionisti crescono come funghi e con loro gli inviati su tutti i campi che si dimostrano sicuri di quello che sostengono, tutti indottrinati da qualche corso a pagamento, e da una grande lettura disperata di tutti i quotidiani sportivi italiani ed esteri. Tutto ciò per la gran parte di loro può dare l'illusione che sia possibile diventare un allenatore competente, un mental coach, un match-analyst, un osservatore di prim'ordine, un direttore sportivo, insomma trovarsi un mestiere nel calcio senza aver mai messo un paio di parastinchi ed essere uscito da un tunnel di un qualsiasi stadio. Buona fortuna.
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